Un altro anno da dimenticare per l’editoria italiana: fanno 10

Ogni giorno chiudono 4 edicole. Copie -10% rispetto al 2018: nel 2019 peggiore risultato degli ultimi 5 anni. Anche sommando il digitale al cartaceo, in 10 anni crollo costante e valori più che dimezzati.

Mentre il governo si appresta a varare una legge di sistema sull’editoria 5.0, che possa affrontare la crisi che si è prodotta negli scorsi anni anche a seguito della trasformazione digitale, bisognerebbe guardare con mente aperta alla realtà di un declino annunciato dell’informazione tradizionale italiana.

Dati alla mano si scopre che nel 2019 è continuato il crollo senza precedenti delle vendite dei giornali. Se nei primi anni dell’ultimo decennio il calo è stato causato dalla televisione, nell’ultimo lustro è stato ovviamente l’avvento prepotente del digitale a sconvolgere lo scenario.

I mezzi di stampa generalisti sempre più chiusi nella loro comunicazione autoreferenziale, anziché offrire quell’approfondimento che il lettore si aspetterebbe – e che renderebbe l’uscita in edicola il giorno successivo degna di essere letta rispetto ai lanci sul web – continuano a proporre, con rare eccezioni, un modello fuori tempo.

Quando invece provano a modernizzarsi, i principali attori storici dell’editoria (Gedi, RCS, Mondadori, ecc.) fanno danni. Abbassandosi a dare la caccia alle visualizzazioni sui social, compromettono irrimediabilmente la propria autorevolezza.

Editoria, il peggiore risultato degli ultimi 5 anni

Oggi per il lettore medio alla ricerca di notizie indipendenti è difficile barcamenarsi nel vasto mondo dell’informazione online. Con web e piattaforme social che sono diventati terreno fertile per fake news e persino truffe. Editori e direttori di giornali dovrebbero puntare a distinguersi dalla fuffa che gira su Internet, puntando sull’autorevolezza e l’indagine, su un’informazione “ragionata”.

E invece una massa di compiacenti editori ha provato a utilizzare i social come fonte di informazione. Creando danni pesanti all’autorevolezza dei loro giornali, che adesso vengono messi sullo stesso piano di blog e siti Internet poco seri che non rispettano le più basilari norme deontologiche.

Non sorprende, dunque, che per la carta stampata quello del 2019 sia il peggiore risultato degli ultimi cinque anni (-10% sul 2018). A coronamento di un decennio di ricavi in picchiata che hanno portato a esuberi, anche per le edicole non solo nelle redazioni, e rivolte interne ai board dell’editore.

Copie vendute: valori più che dimezzati in 10 anni

Come si vede nel grafico elaborato da Data Media Hub sulla base dei dati Ads, anche se si tiene conto dei risultati delle copie vendute in formato digitale, non fermandosi solo al cartaceo, in 10 anni – dal 2008 al 2018 – i valori sono più che dimezzati.

Quest’anno “i ricavi dalla vendita di quotidiani e periodici dovrebbero assestarsi a poco più di 1,9 miliardi, il 10% in meno rispetto al 2018 e il dato peggiore degli ultimi cinque anni”, comunica la Fenagi, la federazione dei giornalai.

Intanto nel solo 2017 sono cessate circa 1.000 edicole e il ritmo di chiusura è tale che si può stimare che ogni giorno chiudano circa 4 punti vendita, con un rischio chiusura nei prossimi anni che riguarda potenzialmente 10.000 esercizi.

Si stima, spiega sempre la Fenagi, “che i ricavi da quotidiani si fermeranno a 855 milioni, il 7,5% in meno sull’anno passato. Per le riviste e le altre pubblicazioni periodiche, invece, si prevedono vendite per 1,076 miliardi, con un calo vicino al 12%. Una riduzione marcata, con conseguenze su tutta la filiera dell’informazione, dalle redazioni alla rete di vendita, ormai in una situazione di crisi strutturale”.

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