Angela Merkel, Donald Trump e il G7 anti-Cina

Per Germania, Francia e Italia si porrà un problema di collocazione. L'approccio di Washington, impegnata ormai nella "guerra fredda" con Pechino, punta alla proiezione verso il Pacifico e all'intenzione di riagganciare la Russia.

di Marta Dassù

(WSC) ROMA – Il G7 sopravviverà alla presidenza di Donald Trump? Una domanda del genere non è campata per aria. Sul piano contingente, la distanza personale e politica fra Donald Trump e Angela Merkel crea una fonte di tensione difficile da superare. Al punto da mettere in discussione calendario ed agenda. La proposta recente della Casa Bianca era di tenere il vertice con un incontro “fisico” a Camp David, entro la metà di giugno; con il suo rifiuto di partecipare, Merkel l’ha resa impraticabile.

Merkel, schiaffo a Trump: “Non vengo al G7 alla Casa Bianca”

Per Trump si trattava di affermare, di fronte a un’America ancora in preda alla pandemia e a crescenti conflitti razziali e sociali, il ritorno rapido e pieno alla normalità, con l’avallo dei leader internazionali; Merkel non ha voluto concedere a Trump questo vantaggio di immagine in un anno elettorale. E si è forse presa una vendetta a freddo, visto il modo in cui il presidente americano aveva a suo tempo complicato e intralciato il G20 a presidenza tedesca.

Ma questa è la superficie, appunto. Al di sotto, sul piano strutturale, l’America di Trump, impegnata ormai in una sorta di “guerra fredda” con la Cina, fa dipendere l’utilità del G7 dalla sua proiezione verso il Pacifico: dalla possibilità, cioè, che il vecchio foro dei Paesi industrializzati contribuisca a fare nascere una coalizione internazionale più vasta per contenere Pechino. Annunciando lo slittamento del vertice a settembre, Trump è stato rapido ma esplicito su questo punto.

Da un lato, ha detto chiaramente (come altre volte in passato) che l’attuale struttura del G7 è «alquanto datata» rispetto al mondo di oggi: è una constatazione indubbia per un foro fondato nel 1975 e che ha infatti condotto negli anni alla formazione del G20.

Dall’altro, il presidente americano ha annunciato che intende invitare al vertice, utilizzando in questo le prerogative della presidenza di turno, Corea del Sud, India ed Australia: il tentativo è così di proiettare il G7 verso il sistema “Indo-Pacifico”, termine che racchiude la visione geopolitica americana (bipartisan) degli equilibri necessari nel confronto con la Cina.

E’ una impostazione che troverà certamente l’appoggio di Gran Bretagna e Giappone, che potrà forse essere sostenuta dal Canada e che riflette allineamenti in corso: non è un caso, ad esempio, che la condanna delle forzature cinesi su Hong Kong sia stata molto più dura da parte del gruppo “anglo-sferico” (non solo Gran Bretagna, naturalmente, ma anche Australia, Canada e Usa, co-firmatari di un comunicato congiunto) che non da parte dell’Unione europea.

Per gli altri tre Paesi europei del G7 — Germania, Francia e Italia — si porrà un problema delicato di collocazione. L’approccio di Trump contiene un secondo ingrediente, che il capo della Casa Bianca aveva già annunciato in passato: la sua intenzione di riagganciare la Russia, sospesa dal G7/G8 nel 2014 dopo l’annessione della Crimea, staccandola dalla Cina. Il presidente Usa, a pochi mesi dalle elezioni, sembra quindi voler rilanciare la sua diplomazia personale verso Putin, per quanto non sia così chiaro se davvero gli convenga.

Ammesso e non concesso che il capo del Cremlino accetti l’invito, la prospettiva di un Putin/Trump show al vertice di settembre non può che preoccupare gli europei; ma Francia e Italia, forse più della Germania, potrebbero offrire una sponda, mentre l’apertura alla Russia non piacerà alla Gran Bretagna.

Il G7 di Trump, come si vede, è iscritto nella logica del ritorno alla competizione fra grandi potenze. Per gran parte degli europei, e per la Germania anzitutto, è iscritto invece nella logica della concertazione necessaria fra democrazie occidentali per fare funzionare o in parte riscrivere le regole (economiche, politiche) di un sistema multilaterale sempre più sotto stress e messo a dura prova dal Covid 19. È una differenza importante di prospettiva. Senza trovare un nuovo punto di incontro, il G7, oltre che datato, sarà anche superato nei fatti.

L’autrice, saggista e studiosa di politica internazionale, dirige la rivista “Aspenia”

Fonte: La Repubblica

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