Eurogruppo: faticoso mezzo accordo senz’anima dalla Ue dei contabili

Una pagella vecchio stile avrebbe dato all’Ue 3 in tempismo e 4 in sensibilità politica, e 7 e mezzo in risposta economico-finanziaria.

(WSC) Roma – L’accordo raggiunto all’Eurogruppo è un successo a metà per l’Italia. Lo sostiene sulla Stampa Stefano Stefanini spiegando che “è meno di quanto l’Italia chiedeva ma più di quanto l’Olanda e la Germania erano disposte a concedere. Il bilancio è faticosamente positivo. Sapevamo che l’Ue dispiegherà gli strumenti ordinari di cui dispone e li potenzierà. Che utilizzerà fondi già in bilancio per sostenere le casse integrazione nazionali. Adesso apre senza condizionalità le linee di credito del Mes per categorie essenziali di spesa. Del colpo di reni che rappresentasse l’impegno a uscire insieme dalla crisi rimane solo la decisione di creare un ‘Recovery Fund’ che dovrebbe emettere obbligazioni ‘europee’ anziché nazionali. Il vero progresso si misurerà soprattutto dal seguito che avrà quest’impegno. La necessità di una formula di mutualizzazione del debito che sia contratto per finanziare gli investimenti destinati all’uscita dalla recessione era alla radice delle posizioni italiane e francesi.

Il messaggio era inequivocabile: lasciare interamente su spalle (e debito) nazionali il peso del rilancio sarebbe stato incompatibile con l’idea di “Unione”. Ed è arrivato a destinazione, anche se non ha fatto completamente breccia. Una pagella vecchio stile avrebbe dato all’Ue 3 in tempismo e 4 in sensibilità politica, ma un buon 7 e mezzo in risposta economico-finanziaria. Il pezzo da novanta veniva dalla decisione della Bce di non porre limiti all’acquisto di titoli di Stato senza essere legata alle rispettive quote di capitale. La Commissione aveva sospeso le regole del Patto di Stabilità rimuovendo il limite ai deficit di bilancio e agli aiuti di Stato. Mancava solo la solidarietà. Ieri è stato messo un primo tassello. Nessuno si attendeva che all’indomani dell’Eurogruppo i Coronabond apparissero d’incanto sui mercati ma che il segnale che «l’Europa c’è» risuonasse forte e chiaro. Il segnale – conclude Stefanini – è ancora timido ma è arrivato”.

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