“Facciamo lavoro di Dio”: ma banche svuotano personale

Dal 2018 -27,7% il numero degli sportelli e -17% del numero dei dipendenti bancari nell’UE. Come attivi JP Morgan è l'unica banca non cinese in classifica.

A circa dieci anni di distanza, quello che secondo Blankfein vorrebbe dire fare il lavoro di Dio, presenta i bilanci di un’altra carneficina: quella dei posti di lavoro.

di Francesco Puppato

“Noi facciamo il lavoro di Dio”. Questa era stata l’infelice uscita dell’allora CEO di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, davanti alle telecamere delle CNN nel bel mezzo dello scandalo dei subprime.

Ora, a circa dieci anni di distanza, quello che secondo Blankfein vorrebbe dire fare il lavoro di Dio, presenta i bilanci di un’altra carneficina: quella dei posti di lavoro.

Dal 2008 al 2018, infatti, stiamo assistendo ad uno svuotamento dei posti di lavoro bancari: -27,7% il numero degli sportelli e -17% del numero dei dipendenti bancari nell’Unione Europea, -25,5% e -18,9% rispettivamente dei primi e dei secondi in Italia.

Questi dati, che emergono dall’aggiornamento annuale dell’indagine sui principali istituti di credito internazionali pubblicata dall’area studi di Mediobanca, viene tecnicamente chiamato downsizing bancario e, in numeri assoluti, significa che gli sportelli sono diminuiti di 8.715 unità, mentre i posti di lavoro di 63.979 unità.

Se scendiamo nel dettaglio, vediamo che il podio negativo in Italia spetta ad Unicredit, con l’istituto guidato da Jean Pierre Mustier che ha ridotto il personale addirittura del 45.3%, tagliando la bellezza, si fa per dire, di 82.652 posti.

Seguono Mps con una riduzione del 29.6% (ovvero 9.738 posti), Banco Bpm -25.9% (tradotto, 7.644 posti di lavoro in meno) ed Intesa Sanpaolo, che ha registrato un -15% (cioè dai vecchi 108.000 assunti agli attuali 92.117, quindi 15.883 posti in meno nonostante l’assorbimento di 8.877 dipendenti derivanti dalle acquisizioni di Veneto banca e Banca Popolare di Vicenza del 2017).

Banche, Mustier: non possiamo far crescere i ricavi

Sul tema era intervenuto lo stesso ad di Unicredit Jean Pierre Mustier, dicendo che “non possiamo far crescere i ricavi, quindi interverremo sui costi”. Lo stesso, in un’intervista rilasciata a Milano Finanza, in merito al nuovo piano strategico di Unicredit, ha sostenuto quanto di seguito:

“L’obiettivo è l’efficienza, che sarà una leva fondamentale in un contesto di debole crescita economica e di tassi negativi che ci aspettiamo per i prossimi anni in Europa. In questo contesto non è credibile una strategia basata sulla crescita dei ricavi. Bisognerà muovere più leve e lavorare sia sulla stabilizzazione delle fonti di reddito che sul controllo dei costi”.

Mentre scatta l’allerta dei sindacati, Bloomberg ritiene che Unicredit stia considerando di tagliare fino a 10.000 posti di lavoro e di ridurre fino al 10% i costi operativi. Non solo, Bloomberg si spinge oltre dicendo che molti di questi posti da ridurre, potrebbero essere quelli inerenti alla forza lavoro presente in Italia.

Il tutto, continua sempre Bloomberg, è in linea con le strategie di altre grandi banche europee che tagliano i costi e riducono il numero di posti di lavoro mentre cercano di adattarsi a bassi tassi di interesse che rendono più difficile per gli istituti di credito aumentare le entrate.

Deutsche Bank, con i suoi noti problemi, sarebbe infatti in procinto di tagliare 18.00 posti e Société Générale altri 1.600, con la volontà di uscire dalle attività ad alta intensità di capitale.

Attivi: JP Morgan unica banca non cinese in classifica

Chi invece continua a cavalcare l’onda positiva, sono le banche cinesi che nella classifica mondiale sul totale degli attivi del 2018 occupano le prime tre posizioni. Al primo posto troviamo Industrial and Commercial Bank of China (con attivi pari a 3.517 miliardi di euro), al secondo Agricultural Bank of China (con 2.871 miliardi di euro di attivi) ed al gradino più basso del podio China Construction Bank (con 2.856 miliardi di euro).

L’unica banca non cinese presente nelle prime 5 è JP Morgan Chase (con attivi per 2.703 miliardi di euro), seguita appunto da un’altra cinese, la Bank of China (con 2.701 miliardi di euro).

Al sesto posto troviamo la giapponese Mitsubishi (2.472 miliardi di euro), al settimo la statunitense Bank of America (2.305 miliardi di euro) ed all’ottavo posto la francese Bnp Paribas (2.276 miliardi di euro). Completano la top ten Hsbc (2.275 miliardi di euro) e l’americana Citigroup (1.980 miliardi di euro). Quanto alle italiane, si segnalano la retrocessione, in entrambi i casi di quattro posizioni, di UniCredit (con 848 miliardi di euro di attivo) al 26esimo posto e di Intesa Sanpaolo (817 miliardi di euro), che si colloca in 29esima posizione.

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