Economia Italia: le cose non vanno affatto bene. Paese arretra invece di crescere

Il capogruppo di Forza Italia alla Camera ed economista, Renato Brunetta, paventa «il rischio che venga giù tutto». I timori sono giustificati. L’Istat ha fornito giorni fa i …

Il capogruppo di Forza Italia alla Camera ed economista, Renato Brunetta, paventa «il rischio che venga giù tutto».

I timori sono giustificati. L’Istat ha fornito giorni fa i dati relativi alla produzione industriale di giugno, l’ultimo mese a non scontare l’effetto Brexit, e i risultati sono stati peggiori delle attese: l’indice è sceso dello 0,4% sul mese precedente e dell’1% rispetto a giugno 2015.
Si tratta del dato peggiore dall’inizio dell’anno scorso e, per la prima volta da maggio del 2014, si è registrata pure una flessione della produzione di autoveicoli (-1% annuo). L’istituto di statistica ha inoltre diffuso l’indicatore anticipatore delle tendenze macroeconomiche italiane che a luglio ha evidenziato un ulteriore calo, sebbene meno marcato rispetto ai mesi precedenti.

Che cosa significhi tutto questo lo ha spiegato bene Luca Mezzomo, responsabile analisi macroeconomica di Intesa Sanpaolo. «In Italia l’attività industriale ha cessato di crescere da metà 2015 e da alcuni mesi sta addirittura arretrando», ha dichiarato sottolineando che il trend è causato soprattutto dalla produzione energetica (che rappresenta il 12,8% della produzione industriale italiana), ma «anche l’andamento della produzione manifatturiera non è brillante» perché sta flettendo la produzione di beni di consumo.

L’andamento negativo di maggio e giugno ha fatto sì che su base trimestrale si sia registrato un calo trimestrale dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Quindi il contributo della produzione industriale al Pil è stato negativo e perciò, conclude Mezzomo, «venerdì prossimo ci aspettiamo una variazione del prodotto interno lordo non superiore al +0,2%», determinata dai servizi.

Analizziamo ora le conseguenze. In primo luogo quelle che impattano sulla vita quotidiana. Se le imprese fabbricano meno beni di consumo, è perché sono meno richiesti. Da una parte perché la capacità di spesa delle famiglie non aumenta, dall’altro lato perché siamo in deflazione e quindi chi ha del reddito disponibile ritarda gli acquisti confidando che i prezzi scenderanno ancora.

I comportamenti dei singoli individui, considerati insieme, fanno i grandi numeri: meno consumi, meno produzione, meno Pil e dunque più deficit e più debito. Se il Pil 2016 si confermasse, come pare ora prevedibile (se tutto andrà bene), al +0,8% annuo, mancherebbero all’appello dei conti pubblici almeno 7 miliardi di euro.

Al di là delle promesse del premier Renzi, anche intervenire riducendo la pressione fiscale sul lavoro – come hanno chiesto ieri i sindacati e l’ex ministro Maurizio Sacconi – potrebbe essere una chimera, mancando le risorse necessarie. Eppure una soluzione bisognerà trovarla: la Brexit, come ha sottolineato l’Istat, causerà una frenata del commercio internazionale e dell’export. Rilanciare la domanda interna è fondamentale altrimenti, come sostiene Brunetta, verrà giù tutto.

Fonte: Il Giornale

 

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1 commento

  1.   

    CRIBBIO   direbbe Berlusconi, non è possibile. le cose vanno esattamente come le ho lasciate io. poi   Renzi in una telefonata   confidenziale  mi ha detto..caro Silvio stai sereno…