Panama Papers: la Cina censura il web, l’Italia vuole accertamenti

“Tra gli ottocento italiani con i conti a Panama ci sarà pure qualche contribuente onesto, ma non ci vuole molto per capire che la maggior parte di loro …

“Tra gli ottocento italiani con i conti a Panama ci sarà pure qualche contribuente onesto, ma non ci vuole molto per capire che la maggior parte di loro sono evasori. E se non hanno sfruttato la finestra per l’emersione dei capitali all’estero, appena chiusa, li attende un periodo di giusta e profonda tribolazione”. Lo dice il viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti, intervistato dal Corriere della sera. “Con la massima soddisfazione – aggiunge – di tutti noi contribuenti onesti”. “La presenza di contribuenti italiani in queste liste che stanno venendo fuori – precisa Zanetti – non li qualifica di per sé come evasori. Ma sono dati oggettivamente interessanti sui quali la nostra amministrazione finanziaria andrà sicuramente a fare qualche accertamento, e sicuramente ne salteranno fuori delle belle”. Di fatto, precisa il viceministro, i nomi presenti “non sono prove, ma elementi da cui partire per fare accertamenti”.

Censurate le notizie online in Cina

La Cina limita la diffusione delle notizie sui Panama Papers, i documenti trapelati da uno studio legale panamense e rivelati dai media internazionali a proposito di 214mila società offshore. Tra queste ultime, riferiscono i documenti, alcune sono legate alle famiglie del presidente cinese Xi Jinping e ad altri attuali e passati alti esponenti politici del Paese. Mentre Pechino non ha risposto pubblicamente, i media di Stato hanno largamente evitato di diffondere le notizie. Digitando la parola ‘Panama’ sui motori di ricerca cinesi si trovano storie sui media sull’argomento, ma molti link sono stati disabilitati oppure si aprono soltanto su articoli che riguardano personaggi sportivi.

Islandesi in piazza contro il premier

Miglia di islandesi sono scesi in piazza ieri sera per chiedere le dimissioni del premier a seguito delle rivelazioni contenute nei “Panama papers”, che alimentano le accuse che insieme alla moglie abbia usato una società offshore per nascondere ricchezze milionarie. I manifestanti hanno riempito la piazza davanti al Parlamento in risposta all’appello dell’opposizione di scendere in piazza contro il premier Sigmundur David Gunnlaugsson. La polizia non ha fatto stime sulla partecipazione, ma la tv ha detto che i manifestanti erano più di quelli che nel 2009 fecero cadere il governo di destra per la sua responsabilità nella crisi bancaria del 2008. “Prenditi le tue responsabilità” e “dove è la nuova Costituzione?” si leggeva su alcuni striscioni, in riferimento alla nuova costituzione messa punto dopo la crisi del 2009 ma ancora ferma in Parlamento. Secondo i documenti pubblicati dall’International Consortium of Investigative Journalists, Gunnlaugsson, 41 anni, e la moglie Anna Sigurlaug Palsdottir comprarono la società offshore Wintris Inc. nelle Isole vergini britanniche a dicembre 2007. La società avrebbe dovuto gestire l’ingente eredità di Palsdottir, il cui ammontare non è stato rivelato. Gunnlaugsson trasferì il suo 50% della società alla moglie a fine 2009 per la cifra simbolica di un dollaro. Ma quando fu eletto in parlamento ad aprile 2009, nella file del Partito progressista di destra, non menzionò la quota nella dichiarazione sui suoi beni, come richiesto dalla legge. Ieri Gunnlaugsson ha negato di aver evaso le tasse e sostenuto che non si dimetterà. L’opposizione ha presentato una mozione di sfiducia che non è ancora stata calendarizzata. Quasi 28mila islandesi, in un Paese di soli 320mila abitanti, hanno firmato una petizione per chiedere le dimissioni di Gunnlaugsson.

Società sanzionate dall’Onu

Ci sono anche aziende che erano colpite da sanzioni internazionali tra i clienti dello studio panamense, Mossack Fonseca, epicentro del planetario scandalo di evasione fiscale. Tra gli 11,5 milioni di documenti emersi, alcuni corrispondono alla società DCV Finance, con sede legale a Pyongyang e registrata nelle Isole Vergini Britanniche dallo studio panamense, rivelano il Guardian e la BBC. Ma Mossack Fonseca ha lavorato in tutto con oltre 30 individui o aziende che erano state colpite dalle sanzioni delle Nazioni Unite o del Tesoro americano: aziende non solo nordcoreane, ma anche dell’Iran o dello Zimbabwe. Nel 2006, la Corea del Nord fece il suo primo test nucleare, il che valse al regime di Pyongyang le prime di una lunga serie di sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu. DCB Finance fu registrata nelle Isole Vergini da un uomo d’affari nordcoreano, Kim Chol-Sam e dal banchiere britannico Nigel Cowie, che si era installato in Corea del Nord undici anni prima.

Credit Suisse e Hsbc negano

Credit Suisse e HSBC negano di aver utilizzato strutture offshore per aiutare i loro clienti ad aggirare le tasse. I commenti delle due banche globali fanno riferimento ai ducumenti trapelati da uno studio legale panamense, specializzato nella creazione di società di comodo, che hanno mostrato il largo uso che molte banche globali fanno di tali strumenti e hanno dato il via a indagini in tutto il mondo.

Nelle carte anche il pilota di Formula1 Rosberg

Anche Nico Rosberg e la Mercedes nel caso Panama Papers. Secondo la tv tedesca ARD, il contratto tra il pilota che ha trionfato domenica in Bahrain e la scuderia che detiene il titolo costruttori è transitato dallo studio panamense Mossack Fonseca, specializzato in operazioni offshore.

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