Pd, Renzi vuole una Margherita 2.0 dal 14-15%. Rottura con la Boschi?

Col proporzionale addio Palazzo Chigi, l'ex premier prova a ritagliarsi uno spazio. Ma non tutti non lo seguiranno, MEB in primis?

Nonostante il suo ego smisurato, anche Matteo Renzi, in cuor suo, è consapevole che il 4 dicembre 2016 ha salutato per sempre Palazzo Chigi.

La sconfitta al referendum costituzionale è stato solo il detonatore per liberarsi dell’ex premier, che oggi si dedica alla promozione del suo libro, ai tweet per incensare i suoi mille giorni di governo, ma di proposte vere e proprie non se ne vede nemmeno l’ombra.

Una grande sconfitta anche per lei: il risveglio amaro di Maria Elena Boschi

Anche le trame politiche sono ferme al gomitolo di lana, caprina però, perché l’unica porta aperta del Pd è quella per accogliere Giuliano Pisapia, che si candida a rimettere insieme una sinistra riformista alternativa a Bersani e D’Alema, ma con i voti dei loro elettori. Dunque, se Campo Progressista è la sinistra, il Partito democratico giocoforza deve essere il centro di questa mini-coalizione.

Infatti, nei corridoi del Nazareno, accanto alla porta blindata del segretario, non si fa altro che parlare – o, per meglio dire sparlare – delle reali intenzioni di Renzi: portare i democratici alla stregua di una Margherita 2.0, leggermente più allargata nella mentalità e nell’elettorato, che in un sistema proporzionale potrebbe serenamente prendersi lo scettro di ago della bilancia per chiunque abbia intenzione di formare un governo.

Tradotto in consensi, l’ex presidente del Consiglio punta a fidelizzare un 14-15% di base, che gli consenta un forte potere contrattuale con le altre formazioni, pur essendo decisamente debole per provare a sbaragliare la concorrenza.

Bye bye Matteo Renzi: la nave affonda, e scappano anche i topi

Un galleggiamento politico in piena regola, che consenta a Renzi e i suoi di rimanere nella stanza dei bottoni delle nomine pubbliche e che gli faccia conservare almeno una parte di immagine politica internazionale per tessere i propri rapporti personali e vivacchiare per i prossimi 10 anni almeno. Perché sperare che qualcuno provi nuovamente a cambiare la legge elettorale prima di 2 lustri (almeno) è fantascienza pura.

Maria Elena Boschi e Matteo Renzi, la relazione che puntella il governo

L’unica accortezza è di non abbassare troppo l’asticella delle aspettative, accontentandosi di assegnare qualche comoda poltrona, come fece prima di lui Francesco Rutelli, che mollando il Pd per allearsi con Casini decretò la fine della sua carriera politica. Ma la sua bravura come tattico è ben superiore a quella di stratega, e in politica tirano a campare solo i secondi. E proprio per questo si vocifera che qualche fedelissimo potrebbe anche non seguirlo, scegliendo altre soluzioni, come Maria Elena Boschi, che negli ultimi mesi è apparsa sempre più defilata dalla prima linea renziana e più vicina a Gentiloni o Minniti, due che hanno tutte le intenzioni di partecipare alla corsa per Palazzo Chigi.

Minniti studia da premier di una maggioranza a trazione destra

Tag

Partecipa alla discussione

1 commento

  1.   

    lo ririribadisco.  seguite franceschini lui per le seggiole ha un fiuto da cane da tartufi.