Renzi si aggrappa alla poltrona: “Anche se perdo il ballottaggio, non me ne vado”

Ribadisce che il vero test per il governo è quello del referendum e, dunque, in caso di fallimento del Pd al secondo turno elettorale non si dimetterà e …

Ribadisce che il vero test per il governo è quello del referendum e, dunque, in caso di fallimento del Pd al secondo turno elettorale non si dimetterà e torna a criticare la lettura secondo la quale il primo turno avrebbe segnato una vittoria a cinque stelle. Matteo Renzi torna in tv dopo la tornata elettorale di domenica e va all’attacco.

Se il Pd perderà il ballottaggio a Roma e Milano cadrà il governo? “Assolutamente no – ha detto Renzi a ‘Otto e mezzo’ – abbiamo già detto che l’esito della permanenza al governo è legata al referendum costituzionale”. “Non condivido la lettura della vittoria M5s”, ha detto ancora il premier intervenendo nelle polemiche sui numeri di questi giorni. “Il Pd – ha evidenziato il segretario Dem – è nettamente il primo partito in Italia, senza alcuna ombra di discussione”.

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“Se oggi ci fosse il ballottaggio con l’Italicum – ha proseguito – al voto andrebbero il Pd e Fi, non Salvini né M5s”. Un passaggio anche sulle polemiche per il dialogo con Veridini. “E’ un tema – attacca Renzi – che non è mai esistito ma riempie i talk. L’Italicum prevede il premio alla lista e non alla coalizione e io sono stanco delle alleanze con i partitini”. Poi un passaggio sui maggiori capoluoghi nei quali si voterà per il secondo turno.

Roma e le Olimpiadi – “Se il Pd perde a Roma ho l’impressione che saltino le olimpiadi 2024″. Raggi ha detto che le Olimpiadi sono una cosa criminale, è una dichiarazione molto impegnativa perché il sindaco deve firmare la lettera per accogliere l’evento. Se vince Raggi credo che questa occasione per più posti di lavoro e impegno per le periferie salterà”.

Napoli – “A Napoli abbiamo fallito, è andata male ma nel napoletano abbiamo vinto in 7 comuni su 8. Non torna dare una lettura omogenea sui dati, gli italiani sono più intelligenti dei politici e commentatori”.

Milano – “Se il Pd perde a Milano, non credo che succederà, il sindaco sarà Parisi”.

Torino – “Tra Appendino e Fassino ci sono più punti di differenza che tra Giachetti e Raggi. Tutti i ballottaggi sono da 1×2 io credo che l’esperienza di Fassino sarà il suo punto forte”.

“Non credo che farò” – ha detto ancora Renzi parlando della campagna per i ballottaggi – iniziative elettorali per i ballottaggi: “Non lo farò quest’anno e neanche l’anno prossimo. Non lo facciamo, nei ballottaggi il segretario non va”. “Io – ha sottolineato – giro il Paese come faccio sempre e continuo a fare il presidente del Consiglio e il segretario del Pd”.

Il Pd a problemi ma no alla guerriglia – “Sono consapevole che si debba cambiare qualcosa” nel Pd ma “mi stupisce che anziché parlare dei problemi veri che ha l’Europa, dall’immigrazione al Mediterraneo, si continua tutti i giorni a cercare di fare una guerriglia interna”. Lo ha detto il premier e segretario Pd Matteo Renzi, rispondendo alle parole di Pierluigi Bersani. “Il Pd è primo partito europeo. Ha cose che non funzionano? Può darsi, abbiamo un problema di classe dirigente che in alcuni territori passa il tempo a farsi le scarpe l’uno l’altro. Il responsabile sono io e sono consapevole che bisogna cambiar qualcosa”, ha aggiunto il leader del Pd. Le correnti “fanno arrabbiare i nostri: su questo dobbiamo cambiare. Al centro non ci può essere la divisione tra i ‘turbo’ e ‘non turbo’ ma al centro ci deve essere chi vuole cambiare l’Italia. Piano piano ce la facciamo. Nel partito c’entriamo col lanciafiamme dopo il ballottaggio, lo assicuro”. “Macché espulsioni, quelle le fanno gli altri”, ha aggiunto. “Si deve mettere al centro chi lavora e non chi sta a pensare solo alla propria carriera”.Renzi non risparmia una stoccata anche a Sinistra Italiana: “La sinistra radicale di Fassina e Airaudo non è pervenuta in queste elezioni”, dice.

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1 commento

  1.   

    In confronto D’Alema è impietoso, a favore del “baffino”, anche lui era un primo ministro non eletto dagli italiani come Renzi, ma ebbe il buon gusto e la correttezza di togliere il disturbo dopo le elezioni amministrative del 2000, finite male per l’allora Democratici di Sinistra antenati del PD. Questo invece non ha neanche la dignità di trarre eventualmente le conseguenze da una débâcle del suo partito.