Nell’Iran guidato dagli ayatollah, elezioni-referendum sull’illuminato Rohani

Il voto è una sfida tra il fronte dei moderati e dei riformisti, rappresentato da Rohani, e quello degli ultraconservatori e radicali, esponenti dell’ala più rigida del regime …

Il voto è una sfida tra il fronte dei moderati e dei riformisti, rappresentato da Rohani, e quello degli ultraconservatori e radicali, esponenti dell’ala più rigida del regime e dei Pasdaran, braccio militare della repubblica islamica.
Urne aperte in Iran per il rinnovo del parlamento e dell’Assemblea degli esperti, un’elezione considerata vitale per la politica di apertura del presidente Hassan Rohani, che spera di rafforzare il suo potere di fronte ai conservatori. Si tratta della prima consultazione dopo l’accordo sul nucleare. Sono 54, 9 milioni gli elettori iraniani chiamati a votare tra 4,844 candidati, tra cui 500 donne, per i 290 posti nel Parlamento, e a scegliere tra 163 figure religiose per gli 86 seggi dell’Assemblea degli Esperti. Le urne resteranno aperte fino alle 18 locali, le 15.30 in Italia. I primi risultati parziali sono attesi entro 24 ore dopo il voto. Il presidente iraniano, il moderato Hassan Rohani ha votato nel suo seggio a Teheran. Le elezioni odierne in Iran sono un simbolo di indipendenza politica e sovranita’ nazionale. Lo ha affermato il presidente iraniano, Hassan Rohani, dopo aver espresso il suo voto per il rinnovo del Parlamento e dell’Assemblea degli Esperti.
Il leader dell’Onda Verde Karroubi vota agli arresti domiciliari
Mehdi Karroubi, uno dei leader dell’Onda Verde – il movimento che nel 2009 guidò le proteste in Iran contro la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad – ha votato alle elezioni. Lo ha riferito il sito vicino ai riformisti ‘Kaleme’, precisando che è la prima volta che Karroubi vota dal 2011, ovvero da quando è finito agli arresti domiciliari per aver organizzato una manifestazione antigovernativa sulla scia delle rivolte della Primavera Araba. “Karroubi ha votato nella casa dove si trova agli arresti domiciliari. Un’urna elettorale mobile è stata portata nella sua abitazione”, ha riferito il sito. La notizia che il leader riformista avrebbe votato era già stata annunciata due giorni fa dal figlio Mohammad Taghi Karroubi, con un post sul suo profilo Facebook. Nel febbraio 2011, Karroubi e l’altro leader dell’Onda Verde, Mir-Hossein Mousavi, organizzarono una manifestazione a Teheran contro il governo sulla scia della Rivoluzione dei Gelsomini in Tunisia e della rivolta contro Hosni Mubarak in Egitto. Le autorità risposero mettendo entrambi agli arresti domiciliari. Durante la sua campagna elettorale il presidente Hassan Rohani affermò che, se fosse stato eletto, si sarebbe attivato per il rilascio dei prigionieri politici, sottolineando come l’isolamento internazionale della Repubblica Islamica fosse in parte dovuto alla repressione politica.
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Voto in Iran, una sfida per cambiare il volto del regime

A Teheran sotto le volte a mosaico della Hosseynieh Ershad vota l’ex ministro degli Esteri Ibrahim Yazdi: è un pezzo di storia della rivoluzione che oggi ha deciso dopo tanti anni di tornare alle urne. «Qualcosa sta per cambiare anche qui in Iran soprattutto dopo il “Barjam”, l’accordo sul nucleare: mi auguro che queste elezioni parlamentari rafforzino il governo del presidente Hassan Rohani e l’apertura della repubblica islamica verso l’esterno», dice Yazdi. Questa moschea dove vota l’anziano ex ministro, più volte finito in carcere o agli arresti domiciliari, è dedicata ad Alì Shariati l’ideologo della rivoluzione del 1979 che morì in esilio a Londra un anno prima della caduta dello Shah: fu proprio Yazdi allora a volare nella capitale britannica per decidere di seppellire il filosofo nel mausoleo di Zeynab a Damasco.

Oggi 55 milioni di iraniani su 80 – il 60% sotto i 35 anni – sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento e l’Assemblea degli Esperti, l’organo che deciderà la prossima Guida Suprema. Questo è una sorta di referendum sul governo di Hassan Rohani, che nel 2017 avrà il test delle presidenziali, e su chi dovrà nominare il successore di Ali Khamenei, che a 76 anni, di salute malferma, sta preparando la successione. In gioco non ci sono solo le sorti dell’Iran ma del Medio Oriente di cui Teheran, liberata dalle sanzioni dopo l’accordo sul nucleare, è una dei grandi protagonisti della pace e della guerra.

Ancora una volta il voto è una sfida tra il fronte dei moderati e dei riformisti, rappresentato da Rohani, e quello degli ultraconservatori e dei radicali, esponenti dell’ala più rigida del regime e dei Pasdaran, il braccio militare della repubblica islamica. Non è una competizione ad armi pari: migliaia di candidati riformisti per i 290 seggi del Majilis sono stati squalificati dal Consiglio dei Guardiani che ha favorito nettamente lo schieramento opposto. Decisiva sarà anche l’affluenza alle urne per capire se gli elettori riformisti supereranno la delusione per andare a votare candidati moderati ma non del loro schieramento.

Durissimo il giudizio che ha dato oggi l’ex presidente della repubblica e capo dell’Assembla del Discernimento Hashemi Rafsanjani: «Quello che è accaduto ai danni dei riformisti è stata una vera e propria ingiustizia», ha affermato mentre infilava la scheda nelle urne del seggio di Jamaran, a Teheran Nord sotto la cima del Damovand, dove c’è il museo dedicato all’Imam Khomeini, il fondatore della rivoluzione del ‘79. In questo seggio ha votato anche il ministro degli Esteri Javad Zarif, il grande negoziatore dell’accordo sul nucleare.

In apparenza le elezioni non muteranno nulla dentro al sistema, in realtà sta per cominciare una battaglia, neppure troppo sotterranea, per cambiare il volto dell’Iran tra due tendenze in competizione: una che vuole mettere sotto sorveglianza il potere religioso degli ayatollah e quello militare dei Pasdaran, sempre più in ascesa in campo politico ed economico; l’altra, quella attualmente al potere, che vuole imboccare una strada alla “cinese”: liberalizzazione della vita economica e privata ma stretto controllo del sistema sulla politica e la sfera pubblica. In gioco c’è anche una posta stringente perché la Guida Suprema e i Pasdaran hanno in mano quasi due terzi dell’economia di un Paese ricco di petrolio e di gas: è facile capire che la sfida nella teocrazia della repubblica islamica è più vicina al profano che al sacro.

di Alberto Negri

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Il Sole 24 Ore

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4 commenti

  1.   

    Perchè il Kosovo interessa così tanto agli americani ( base militare più grande in Europa ) e ai Russi?
    Forse per il grande campo magnetico-Star Gate- che si trova in questa regione e il metallo raro che serve per la costruzione di navicelle spaziali?
     
     

  2.   

    Si parla delle elezioni in Iran, della corsa alle presidenziali negli U.S.A, ma pochi hanno accennato alle elezioni in Kosovo. Eletto Hashim Thaci. Chi è costui?
    Ha un curriculum da fare invidia al peggior gangster, ma ha o ha avuto un consigliere di tutto rispetto ( sic ) Tony Blair.
    ”   Thaci vanta un curriculum criminale di tutto rispetto. Si va dal controllo del traffico di eroina e cocaina con la quale finanziava l’UCK al contrabbando di armi. Dallo sfruttamento della prostituzione sino al traffico di organi umani, accusa che gli è arrivata direttamente da una commissione di inchiesta del consiglio d’Europa…
    http://www.correttainformazione.it/kosovo-hashim-taci-silenzio-occidentale/8168772.html
     
     

  3.   

    Di questi giorni si parla molto delle elezioni iraniane. > L’Iran e’ il paese delle contraddizioni > Iran e’ un paese non democratico e cosi’ detto con il regime di Aiatollah. > Ma nonostante tutto un popolo molto nazionalista e molto sensibile al suo futuro. Il 60% degli iranaiani e’ andato a votare. Piu’ di quanti generalmente votano in tanti paesi europei o negli Stati Uniti.
    > I risultati non si sanno fino a domani.
    > Ma la cosa interessante che la Repubblica Islamica crea una piccola democrazia e condizioni di liberta’ al suo interno. Attraverso questo piccolo spazio e questa  finestra democratica gli iraniani dimostrano al mondo che vogliono scegliere il loro futuro senza ingerenze esrerne come e’ avvenuto nelle varie primavere arabe. >Inoltre, la rilevante affluenza alle urne testimonia la solidita’ di questo paese e che il suo destino sara’ ben diverso da quello degli altri paesi vicini come Iraq e Siria. Insomma dalle una notizia positiva per il medio oriente e la voglia di cambiare senza le guerre >

  4.   

    L’Iran nei prossimi anni sarà il paese più importante nello scacchiere geopolitico internazionale, lo snodo destinato a pesare in tutte le decisioni in cui sono coinvolte le due potenze nucleari, Usa e Russia. Una nazione la cui popolazione è assolutamente laica, dove i giovani sotto i 25 anni sono il 70% del totale, tutti pronti mentalmente, culturalmente ed economicamente a guardare al futuro, al progresso, al mercato, nonostante il rigido controllo da parte di una casta di clerici vestiti di nero, rigidi ultra-conservatori. L’esito di questa e delle prossime elezioni? Potrebbe portare verso una situazione “alla cinese” in Iran: libero mercato e controllo ideologico/politico/religioso (simile – senza la religione – a quello esercitato dal Partito Comunista Cinese) un controllo molto rigido, autoritario e/o dittatoriale e in ogni caso senza democrazia. Mi chiedo se il mondo non vada ovunque nella stessa direzione… Ecco il passaggio chiave nell’articolo dell’ottimo Alberto Negri:
    In apparenza le elezioni non muteranno nulla dentro al sistema, in realtà sta per cominciare una battaglia, neppure troppo sotterranea, per cambiare il volto dell’Iran tra due tendenze in competizione: una che vuole mettere sotto sorveglianza il potere religioso degli ayatollah e quello militare dei Pasdaran, sempre più in ascesa in campo politico ed economico; l’altra, quella attualmente al potere, che vuole imboccare una strada alla “cinese”: liberalizzazione della vita economica e privata ma stretto controllo del sistema sulla politica e la sfera pubblica. In gioco c’è anche una posta stringente perché la Guida Suprema e i Pasdaran hanno in mano quasi due terzi dell’economia di un Paese ricco di petrolio e di gas: è facile capire che la sfida nella teocrazia della repubblica islamica è più vicina al profano che al sacro.
    PS: questo post lo avrei scritto nella Sezione Geopolitica, tanto per capirci…