L’evasione fiscale costa allo Stato 17,6 miliardi di euro l’anno

L’evasione fiscale costa allo Stato 17,6 miliardi di euro l’anno. In totale, nel periodo che va dal 2010 al 2014, sono 88,1 miliardi: oltre tre volte l’entità della manovra (27 miliardi) varata …

L’evasione fiscale costa allo Stato 17,6 miliardi di euro l’anno. In totale, nel periodo che va dal 2010 al 2014, sono 88,1 miliardi: oltre tre volte l’entità della manovra (27 miliardi) varata ieri dal governo. La stima complessiva del gap Irpef da lavoro autonomo e da impresa, Ires, Iva e Irap è contenuta nella relazione sull’evasione fiscale e sull’economia sommersa predisposta dalla Commissione presieduta da Enrico Giovannini e composta dai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, centrali e locali. “Dei 88,1 miliardi di euro, 12,4 sono ascrivibili alla componente dovuta a omessi versamenti ed errori nel compilare la dichiarazioni“. In sostanza il gap derivante dal completo occultamento delle base imponibile e dell’imposta ammonta a 75,7 miliardi di euro. La relazione considera il ‘tax gap’ come il divario tra le imposte effettivamente versate e le imposte che i contribuenti avrebbero dovuto versare. +

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Nel dettaglio, se si analizza il ‘gap’ per tipologia di tributo si osserva che l’ammontare maggiore è ascrivibile all’Iva che fa registrare un valore pari a 39,5 miliardi di euro. Nel complesso, in media, per gli anni 2012 e 2013 il gap è pari a 108,7 miliardi di euro, di cui 98,3 miliardi di mancate entrate tributarie e 10,4 miliardi di mancate entrate contributive. Dal 2012 al 2013 l’incremento delle mancate entrate tributarie risulta pari a 2,5 miliardi di euro, mentre la dinamica del gap riguardante le entrate contributive registra una leggera flessione (circa 280 milioni di euro). Solo per gli anni d’imposta 2012 e 2013 viene misurato il tax gap per tutte le principali imposte considerate e risulta pari in media a 98,3 miliardi di euro annui. Nel dettaglio, il tax gap Irpef da lavoro autonomo e da impresa, Ires, Iva e Irap ammonta a 89,8 miliardi di euro nella media del periodo 2012-2013.

A questa stima occorre aggiungere i circa 3,9 miliardi di euro dell’Irpef per il lavoro dipendente irregolare e i circa 4,6 miliardi di euro dell’Imu per gli immobili diversi dall’abitazione principale. In media risulta un ammontare di entrate contributive evase pari a 10,4 miliardi di euro, di cui 8 miliardi circa a carico dei datori di lavoro e 2,4 miliardi a carico dei lavoratori dipendenti.
Nella relazione si analizza anche la media della propensione al ‘gap’, che negli anni 2010-2014 è risultata pari al 34,2%, di cui 29,4% ascrivibile all’occultamento di base e imposta e il 4,8% dovuta ai mancati versamenti ed errori.

Le verifiche dell’Inps sull’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato consentiranno risparmi di spesa per circa 500 milioni di euro nel triennio 2016-2018 contribuendo, di fatto, alla riduzione del debito pubblico. Dai controlli sui datori di lavoro che hanno effettuato nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato nel corso del 2015 “si prevede di accertare un importo pari a circa 90 milioni: contributi che in maniera fraudolente non hanno versato per le attività lavorative nel 2015″.
Oltre a recuperare la contribuzione non versata le aziende non potranno usufruire di esoneri contributivi quantificabili in circa 498 milioni. Tali risparmi di spesa costituiscono, di fatto, il contributo alla riduzione del debito pubblico del Sistema Paese”. (AGI)

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1 commento

  1.   

    Rovinato da una virgola, sbaglia F24 e il fisco gli preleva 100 mila euro. E non glieli restituisce
     
     

    Un libero professionista ha sbagliato nell’auto-compilazione online del suo F24 e ha digitato 967.30 anziché 967,30
     
    http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/virgola-paga-sbaglio-Agenzia-Entrate/http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/virgola-paga-sbaglio-Agenzia-Entrate/
     

    Redazione Tiscali
     

    Quando la virgola è più importante in matematica che in grammatica. Ne sa qualcosa il 52enne Luca Schiavon, un agente di commercio che, per un banale errore rischia di non rivedere più quasi 100 mila euro. Il libero professionista, che lavora nel settore delle forniture di caffè, ha sbagliato nell’auto-compilazione online del suo F24 con cui paga l’Iva trimestrale e ha digitato 967.30 anziché 967,30. Fatale il tasto di invio: l’Agenzia delle Entrate si è presa i soldi e non intende restituirli.
     
    Credito da compensare in 25 anni
     
    Poco importa che i soldi arrivati per errore vadano a compensare i debiti futuri. Soprattutto perché Schiavon genera Iva per circa 4 mila euro l’anno e dovrà passare un quarto di secolo prima di rientrare della cifra versata. “Rivoglio indietro, immediatamente, i risparmi di una vita”, dice l’uomo, un 52enne della provincia di Pordenone, che ha ingaggiato una squadra di avvocati e commercialisti per riuscire a riavere i suoi soldi.
    La fatalità
     
    “Quanto accaduto ha dell’incredibile: – racconta a La Stampa -nella mia intera carriera professionale non ho mai avuto così tanto denaro disponibile nel conto corrente. È accaduto che di recente avessi venduto un immobile e mi stessi guardando attorno per decidere come investire il ricavato. Senza quei soldi, il sistema automatico avrebbe rifiutato il pagamento, per mancanza di liquidità, e mi sarei accorto di quel maledetto punto al posto della virgola”.
     
    Il rimborso impossibile
     
    Schiavon pensava bastasse fare un’istanza per riavere i suoi soldi ma i funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Pordenone gli hanno spiegato che è invece necessario avviare un iter fatto di fideiussione bancaria o assicurativa di almeno tre anni. Il tutto senza la certezza di riavere i propri soldi. “Nessuno si terrà i suoi soldi. Mal che le vada, compenserà debiti e crediti futuri”, era stata la risposta che non consola per niente l’agente di commercio. “Un secondo di distrazione e sono finito in un tunnel di cui non scorgo la fine”, ha concluso Schiavon.
     
    La risposta dell’Agenzia delle Entrate
     
    Il direttore l’Agenzia delle Entrate di Pordenone, Antonio Cucinotta, spiega: “Il sistema dei rimborsi è standardizzato – aggiunge – e noi non possiamo interpretarlo. Tanto più che la dichiarazione sul 2016 sarà disponibile solo il prossimo anno e unicamente in quel momento sarà possibile confermare la veridicità delle affermazioni del contribuente su quanto deve effettivamente all’Erario, verso le quali, tuttavia, nessuno di noi nutre sospetti”. Cucinotta assicura che sta cercando di trovare una soluzione tuttavia un caso del genere non è ancora stato contemplato. “Chi versa di più solitamente va a compensazione e questa sarebbe la strada da percorrere, ma se le proiezioni dicono che il credito si azzererà in un quarto di secolo è chiaro a tutti – ha concluso Cucinotta – che va trovata una soluzione rapida e diversa, senza che questa rappresenti un pericoloso precedente cui qualcuno si possa appigliare in caso di contenziosi con lo Stato. In che modo ciò sarà possibile, lo dobbiamo ancora scoprire”.