Facebook mette gli occhi su 5 start-up italiane: non solo social, siamo motore per il business

Le aziende italiane protagoniste della tappa romana di FbStart. La responsabile commerciale di Fb per il Sud Europa, Paola Bonomo: “Italia non ancora all’altezza di Parigi, Amsterdam, Barcellona, ma …

Le aziende italiane protagoniste della tappa romana di FbStart. La responsabile commerciale di Fb per il Sud Europa, Paola Bonomo: “Italia non ancora all’altezza di Parigi, Amsterdam, Barcellona, ma il materiale c’è”.

Si erano candidate in cento, ne sono state scelte cinque. Le più promettenti. Sono le start-up italiane selezionate nell’ambito di FbStart, il programma di Facebook che aiuta le nuove imprese a crescere. Un’iniziativa che ha già investito 100 milioni di dollari e supportato 7.200 giovani imprese di tutto il mondo. In sintesi, il colosso di Zuckerberg prende per mano app e siti seguendoli in modo continuo e pratico, insegnando loro metodi e tecniche per raggiungere una visibilità internazionale.

Il primo evento live in Italia è stato organizzato a Roma presso l’incubatore Luiss Enlabs. «Da luogo per la socialità, ci trasformiamo in motore per il business. Abbiamo creato un collegamento con queste cinque start-up e continueremo a tenerle d’occhio» spiega a Panorama.it Paola Bonomo, responsabile commerciale per il Sud Europa di Facebook, dove è approdata nel 2015 dopo avere lavorato per McKinsey, Vodafone, Il Sole 24 Ore ed eBay.

Apple vuole aprire una scuola di app a Napoli, Google ha inaugurato un laboratorio universitario a Bologna. Qual è il vostro approccio al sostegno delle buone idee?

È FbStart, un programma composto da due filoni. Da una parte diamo modo agli sviluppatori di sperimentare: forniamo loro crediti da spendere sulla nostra piattaforma e presso i nostri partner; dall’altra offriamo un costante supporto on line e dal vivo, tramite una serie di workshop. Quello nella capitale è stato il primo nel nostro Paese, dopo che ne erano stati organizzati a Londra, Tel Aviv, Berlino e altrove.

Il primo di tanti?

Valuteremo i risultati, di certo mi piacerebbe ripetere questa esperienza. A Parigi, per esempio, sono già una consuetudine: vengono organizzati ogni tre mesi coinvolgendo, a rotazione, diversi fondi di venture capital.

Ma qual è il collegamento, dov’è il nesso tra Facebook e le start-up?

Possiamo mostrare loro come pensare in grande, essere veloci, diventare globali. Tre obiettivi che la nostra piattaforma aiuta a conseguire. Non solo nell’immediato. Ci piace trasmettere una forma mentis, un modo di pensare.

Può avere ricadute pratiche per il nostro Paese?

Sì. E sono misurabili: uno studio pubblicato lo scorso anno da Deloitte ha dimostrato che applicazioni e servizi legati alla nostra piattaforma hanno già prodotto 10 mila posti di lavoro in Italia. La direzione è quella giusta.

Perché tanto interesse per le start-up?

È anche l’eredità di una mia passione personale. Dal 2009 faccio parte di «Italian Angels For Growth», un gruppo di business angel basati a Milano. Dà sempre una grande soddisfazione incontrare giovani imprenditori, aiutarli a validare il loro modello di business e a crescere.

C’è da colmare, innanzitutto, un ritardo con altri Paesi. Non solo i capifila Stati Uniti e Israele, anche con i nostri vicini oltre le Alpi.

È vero, non siamo all’altezza di Parigi, Amsterdam, Barcellona, ma il materiale c’è. Esiste un discreto numero di buone idee.

Cosa manca allora?

La comprensione che occorre ragionare su una scala globale, non locale. Con un business plan ambizioso e dimostrando il ritmo di crescita necessario per proporsi e accedere a capitali inglesi e americani.

di Marco Morello

Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Panorama

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