Europa, “documento dei 5 presidenti”: la finanza arrogante alza il tiro

Se in Italia dopo anni di recessione si è rivisto un segno più davanti al PIL, la modesta crescita sembra dipendere da fattori esogeni: sia l’euro sia le …

Se in Italia dopo anni di recessione si è rivisto un segno più davanti al PIL, la modesta crescita sembra dipendere da fattori esogeni: sia l’euro sia le materie prime, e il petrolio in particolare, sono ai minimi storici. Un euro debole favorisce le esportazioni, mentre una bassa quotazione del petrolio rende meno gravose le importazioni, con ripercussioni positive sulla bilancia commerciale e sul PIL. Una situazione che non può nascondere il disastro di una disoccupazione giovanile che nel mezzogiorno si attesta ben oltre il 50%, una produzione industriale crollata di oltre il 25% dal 2007 a oggi, mentre nello stesso periodo i poveri assoluti passano dal 3,1 al 6,8% della popolazione italiana. Non che nel resto d’Europa le cose vadano molto meglio: la tanto annunciata e proclamata ripresa economica stenta, siamo ben lontani da una inversione di rotta rispetto alla crisi degli ultimi anni, le diseguaglianze crescono, sia quelle tra Paesi del “centro” e della “periferia”, sia all’interno dei singoli Paesi.

Sotto accusa rimangono le scelte di politica economica delle istituzioni europee e internazionali. Persino il FMI, membro autorevole della Troika, già a inizio 2013 ha fatto “uno stupefacente mea culpa”, riconoscendo come, nella gran parte dei Paesi occidentali, i tagli alla spesa pubblica comportano un crollo del PIL superiore alla diminuzione del debito. I piani di austerità non solo sono devastanti dal punto di vista sociale, ma sono nocivi anche da quello macroeconomico, con un rapporto debito/PIL che continua a peggiorare. A fronte di una situazione confermata da sempre più studi ed economisti, non solo le politiche economiche non cambiano, ma se possibile accelerano ulteriormente. La visione per il futuro prevede di esasperare tagli e controlli su una finanza pubblica considerata per definizione il problema, mentre la soluzione consiste nell’espandere dimensione e ruolo della finanza privata.

Questo paradosso emerge dalla lettura del documento “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa”, conosciuto come documento dei 5 presidenti, in quanto presentato a giugno 2015 da Juncker per la Commissione UE, in stretta collaborazione con Tusk (Consiglio europeo), Dijsselbloem (europgruppo), Draghi (BCE) e Shulz (Parlamento UE). Il testo che dovrebbe quindi riassumere le proposte di tutte le istituzioni europee, sembra porsi l’obiettivo da un lato di espandere ulteriormente e dall’altro soprattutto di rendere permanente e istituzionalizzare delle scelte ben determinate in ambito economico e finanziario: la competitività come valore a sé stante, non il benessere dei cittadini ma la potenza commerciale come obiettivo delle politiche, sacrificando diritti sociali, ambientali e del lavoro pur di vincere una gara globale a chi esporta di più.
Per rendersene conto, basta leggere il capitolo del documento dei 5 presidenti su “convergenza, prosperità e coesione sociale”.

In quattro pagine in tutto compare diciassette volte la parola “competitività” (17!). In compenso, in un testo intitolato alla coesione sociale, si riesce nell’impresa di non menzionare mai parole quali “diritti”, “reddito” o “disuguaglianze”. In compenso si chiede la creazione in ogni Paese europeo di una autorità per la competitività, il cui parere dovrebbe poi essere considerato dalle parti sociali in sede di contrattazione. Possiamo solo immaginare quale potrebbe essere la posizione di questa autorità rispetto alle richieste di maggiori stipendi, tutele o diritti nel mondo del lavoro.
Il problema non è unicamente in una competitività che è divenuta un obiettivo in sé stesso. Ammesso e non concesso che così debba essere, la competitività di può giocare sul prezzo o sul prodotto. Semplificando, tagliare i costi di produzione o migliorare produttività e contenuti tecnologici. La seconda strada significherebbe investimenti nella ricerca e nella formazione.

Investimenti di lungo periodo che avrebbero quindi bisogno di “capitali pazienti”. Difficile pensare che tali capitali possano arrivare da una finanza privata che ragiona in millesimi di secondo. Difficile anche che arrivino da una finanza pubblica strangolata da austerità, tagli e sacrifici. Persino il piano di investimenti noto come “piano Juncker” e pomposamente presentato l’anno scorso come un “nuovo piano Marshall per l’Europa” si riduce a poche decine di miliardi versati dal pubblico, mentre la gran parte delle risorse dovrebbero arrivare dai privati. Privati che inevitabilmente pretenderanno di orientare tali investimenti alla ricerca del massimo profitto nel minore tempo possibile, non certo guardando le necessità sociali, ambientali ed economiche di lungo periodo.

In altre parole il documento dei 5 presidenti non solo insegue e rafforza il modello mercantilista in cui chi esporta di più vince, ma lo fa esasperando la “corsa verso il fondo” in materia sociale, di diritti, ambientale, fiscale pur di vincere una competizione su scala internazionale. Grazie principalmente al quantitative easing della BCE, come accennato l’euro è sceso rispetto al dollaro e le esportazioni stanno trainando una debole ripresa. Una politica nota come “beggar thy neighbour”, letteralmente frega il tuo vicino: una guerra monetaria e commerciale in cui tutti devono esportare più di tutti gli altri. Ancora prima degli evidenti limiti ecologici di un tale approccio, una strategia piuttosto difficile da realizzare su scala globale, a meno di non capire come esportare su Marte.

Non solo, ma le conseguenze del quantitative easing potrebbero essere anche peggiori. Di fatto, la stragrande maggioranza dei soldi immessi dalla BCE rimane “incastrata” in circuiti puramente finanziari, senza arrivare all’economia reale. Il rischio concreto è quello di gonfiare ulteriormente il valore degli attivi finanziari, mentre l’economia rimane al palo, depressa dall’austerità: la definizione stessa di una nuova bolla finanziaria, alimentata dalla banca centrale. Per questo molti analisti segnalano la necessità di un “QE per la gente”, facendo arrivare la liquidità direttamente a famiglie e imprese. L’immissione di soldi unicamente sui mercati finanziari e dei titoli di Stato rischia di essere una vera e propria droga che maschera i problemi dell’economia ma che provoca un danno ancora peggiore non appena viene interrotta.

Per dirla con uno slogan, la crisi attuale non è dovuta al fatto che non ci sono soldi, ma che ce ne sono troppi; è che sono (quasi) tutti dalla parte sbagliata. Somme inimmaginabili ruotano vorticosamente alla ricerca di profitti in operazioni che si svolgono in millesimi di secondo, mentre dall’altra parte per famiglie e imprese ci sono enormi difficoltà di accesso al credito. Da un lato, tramite i derivati posso scommettere persino sui prezzi del cibo, dall’altro milioni di contadini sono esclusi dai servizi finanziari. Non solo è instabile, non solo crea continui disastri, non solo ha continue necessità di capitali pubblici per non crollare, ma questa finanza non riesce nemmeno a fare ciò che dovrebbe fare. In questa situazione, è possibile pensare che la soluzione sia la creazione di strumenti per pompare liquidità ed espandere ulteriormente la sfera finanziaria? Al contrario, è necessario spostare verso l’economia almeno una parte delle sterminate risorse incastrate nel sistema finanziario se non in attività speculative.

di Andrea Baranes

>>> Sullo strapotere della finanza, leggi “I padroni del mondo”

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato dal blog Sbilanciamoci

Tag

Partecipa alla discussione

5 commenti

  1.   

    Belfy…che tu scelga di andare a vivere nella Grande Mela, e’ un tuo desiderio che non si puo’ discutere. Che tu, invece pensi che  siano una Superpotenza, e’ molto discutibile, indipendentemente dal fatto che tu sia Filo o non Filo americano.   Sono Imperialisti , oligarchi guerrafondai, marci come la loro Finanza. ‘Na monnezza…
    Io dopo anni, non ho trovato nulla di buono, e nemmeno il cibo..Perche’ devo andare in america per mangiare le cose buone che arrivano dall’Italia. Se voglio i Calamari al Cartoccio , qui a Fiumicino faccio un kilometro e li trovo, i migliori dItalia..e per il pesce pure, vado all’Impruneta e trovo ogni ben di Dio.. A Manhattan devo far coda da  Zio, Roberto, che mi spara 200$a cranio, per un guazzetto.Puntarelle, scottadito.  ma dai..Roma e’ Roma. Fra poco vedremo Lehman Brother Replica: Guerre $tellari

    1.   

      “Sono Imperialisti , oligarchi guerrafondai, marci come la loro Finanza”
      . Fin dalla loro creazione 239 anni fa,  per 222 anni sono stati in guerra.
       

      Originariamente inviato da giaguas: Belfy…che tu scelga di andare a vivere nella Grande Mela, e’ un tuo desiderio che non si puo’ discutere. Che tu, invece pensi che  siano una Superpotenza, e’ molto discutibile, indipendentemente dal fatto che tu sia Filo o non Filo americano.   Sono Imperialisti , oligarchi guerrafondai, marci come la loro Finanza. ‘Na monnezza… Io dopo anni, non ho trovato nulla di buono, e nemmeno il cibo..Perche’ devo andare in america per mangiare le cose buone che arrivano dall’Italia. Se voglio i Calamari al Cartoccio , qui a Fiumicino faccio un kilometro e li trovo, i migliori dItalia..e per il pesce pure, vado all’Impruneta e trovo ogni ben di Dio.. A Manhattan devo far coda da  Zio, Roberto, che mi spara 200$a cranio, per un guazzetto.Puntarelle, scottadito.  ma dai..Roma e’ Roma. Fra poco vedremo Lehman Brother Replica: Guerre $tellari

       

  2.   

     
    belfagor
    …non 2 giaguari… ma un giaguaro e una tigre…
     

  3.   

    si dimentica di osservare che l’arroganza degli Stati Uniti e della loro finanza, del loro super-capitalismo, e’ soltanto il recto di una medaglia che reca sul verso l’immagine di un’Europa imbelle, impotente, vecchia, e in declino. Qui alcuni postanti (amici di polpastrelli) dicono che Putin gli pare l’unico vero leader, uomo forte come piacciono al fassistone Roby, dimenticando che la Russia resta temibile e conta nel mondo solo per le sue bombe atomiche ereditate dal comunismo dell’Unione Sovietica, mentre l’Europa ha zero potere, zero prestigio e soprattutto zero politica estera (tanto valeva mantenere la Cee con la facciata dell’euro); gli Stati Uniti, per quanto facciano sbagli terribili e siano sempre condizionati dalle lobby economico-militari, restano comunque l’unica vera superpotenza mondiale (gia’ sento le vostre urla di protesta, ebben si’, io sono filo-americano). Se a me dicessero: belfy, vuoi andare a vivere gratis (paghiamo noi!) a New York, a Mosca o a Bruxelles, dove credete che sceglierei di vivere? Ma cavolo, di filato lascio Roma e vado nella Grande Mela. E voi? Dai, siate concreti nelle vostre discussioni, nessuno di voi andrebbe a Bruxelles e tanto meno a Mosca (-30 sottozero a gennaio).
    PS: volevo far notare che abbiamo due giaguari, giaguas e Cesare58, non potreste scegliere una foto meno uguale all’altra? E poi…. Consuelo, ma la tua immagine? Dai mettine una, per favore, cosi’ sei grigetta, il che contraddice la tua poliedrica personalita’.
     

  4.   

    L’intenzione non è mai stata quella di vincere in competitività con i Paesi emergenti come la Cina, in quanto la gara era drogata in partenza. Non si può vincere una gara con disparità abissali di condizioni. Come si fa a vincere contro un Paese che ha la manodopera che costa un decimo della nostra, lo stesso accesso a risorse finanziarie e materie prime, una tassazione inferiore e una burocrazia meno farraginosa e complessa della nostra? E’ ovvio che non è possibile vincere se non su qualche prodotto su cui si è riusciti ad innovare tecnologicamente in modo determinante, ma è altrettanto ovvio che su tutti gli altri prodotti la partita è persa. Quindi l’intenzione fin dall’inizio è stata quella di sacrificare una larga fetta della produzione industriale manifatturiera per consentire la creazione di una forte economia asiatica, in particolare cinese, la quale dovrebbe essere servita da mercato trainante a livello globale, attraverso le importazioni di macchinari, attrezzature e anche beni di consumo. Quindi tutto bene per Paesi come la Germania, tutto male per Paesi come l’Italia il cui saldo costi/benefici dell’operazione è disastrosamente perdente. Ma allora se i Paesi vincenti dal punto di vista industriale sono unicamente ristretti alla Germania, perchè si è proseguito su un percorso così devastante? Perchè i vincenti da tutta questa operazione sono le multinazionali in genere e in particolare le banche d’affari internazionali le quali si trovano per le mani nuovi enormi mercati finanziari in cui poter investire masse enormi di denaro con redditività elevata avendo inoltre la possibilità di acquisire liquidità sul mercato a costi irrisori in quanto la crisi economica ha abbattuto in modo radicale il costo del denaro. La manovra, da parte delle multinazionali, è stata indubbiamente cinica e astuta. Hanno decimato le piccole e medie imprese, mettendo in crisi quasi tutti i paesi occidentali, hanno creato le condizioni per un calo drastico del costo del denaro e della manodopera e sono riusciti a convincere, o a comperare, il consenso politico dei vari Paesi europei vendendo il liberismo globale come l’unico sistema di sviluppo economico in grado di garantire prosperità e benessere. La cosa buffa, e nel contempo tragica, è che dopo 18 anni di liberismo e di enormi danni economici, c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di considerarlo l’unica soluzione per lo sviluppo economico globale.