Denunciare Facebook? Sì: fa propaganda per i terroristi

Isis recluta adepti e futuri terroristi suicidi su Facebook e Twitter. Possibile sia consentito? La giustificazione dei cultori di diritto e della liberta’ di espressione del pensiero e’ …

Isis recluta adepti e futuri terroristi suicidi su Facebook e Twitter. Possibile sia consentito? La giustificazione dei cultori di diritto e della liberta’ di espressione del pensiero e’ che perfino la Bibbia incita al delitto e anche al fraticidio (Caino uccide Abele). Senza contare che per l’intelligence occidentale e’ molto piu’ facile monitorare il terrorismo sul web, invece che doverlo seguire sottotraccia, con migliaia di clandestini nascosti sul territorio.

Facebook e’ gia’ nei guai per una serie di class action che potrebbero minare il modello di business del social network. Per cominciare, migliaia di ebrei israeliani hanno depositato una class action in un tribunale di New York. La loro accusa: Facebook ha permesso di reclutare jihadisti apertamente sulle sue pagine, consentendo la pubblicazione di materiale volto ad addestrare i terroristi e a pianificare attacchi terroristici. Non esiste ancora una class action riguardante il materiale postato da Isis, ma siamo certi che presto qualche diligente avvocato ci pensera’.

Circa 20.000 israeliani, organizzati dall’associazione non-profit con sede in Israele Shurat HaDin insieme all’Israele Law Center hanno unito le loro forze per promuovere una  causa civile presso la Corte Suprema dello Stato di New York, con l’obiettivo di ottenere un’ingiunzione giudiziaria contro Facebook.

I denuncianti vogliono costringere il social network non solo ad eliminare le pagine dei terroristi, ma anche a monitorare meglio e bloccare gli utenti che postano video glorificando e incoraggiando gli attacchi terroristici, e quelli che pubblicano messaggi e post con le istruzioni su come effettuare un attacco.

“I terroristi non arrivano da soli; scrivono messaggi e incoraggiano i loro amici a uccidere gli ebrei, ha detto l’avvocato israeliano Nitsana DarshanLeitner, direttore di Shurat HaDin. “Facebook è stato trasformato in un incubatore antisemita che incita all’omicidio”.

Su un fronte diverso, ma sempre contro Facebook, si e’ schierato Max Schrems, un giovane studente in legge austriaco promotore anche lui di un ricorso collettivo contro il social network. Per tutti Max è diventato il paladino della difesa dei dati personali sul web. E ora nella sua sfida alla Silicon Valley lo seguono in 25mila. Sono tante infatti le persone che lo hanno seguito in una class action per denunciare la politica di FB sulla conservazione e nell’utilizzo di informazioni personali.

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“Purtroppo non riguarda solo Facebook. Oggi si pone un problema serio sui dati personali su Internet. Non sono applicate le leggi. Le aziende che lavorano su internet devono decidere se conformarsi alle regole o continuare a vivere in una sorta di Far West”, ha spiegato Schrems, che ha depositato il ricorso a un tribunale austriaco.

“A Facebook chiediamo più trasparenza in materia di uso dei dati personali. Chiediamo anche che la finisca con la sorveglianza di massa e la cooperazione con la NSA, la National Security Agency. La nostra speranza è che il ricorso faccia giurisprudenza”, ha aggiunto il giovane austriaco. Ad appena 27 anni è visto come un Davide che sfida Golia. “Sono in molti a chiedermi se penso davvero di poter vincere contro un grande azienda come Facebook. Secondo me è molto semplice: esistono delle leggi e chiunque deve rispettarle, che sia un cittadino comune o un colosso del web. Questo ricorso si concentra sulle violazioni più evidenti, su niente insomma che possa essere interpretato in diversi modi”, ha sottolineato Schrems (nella foto qui sotto).

“L’unica altra opzione possibile sarebbe di disconnettersi completamente, tornare nella caverna senza internet, ma non è quello che ci auguriamo. Le tecnologie sono importanti ma a capo dei social network esiste prutroppo un monopolio che fa un cattivo uso della propria posizione dominante”.

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