Ci sono due italiani nella classifica mondiale dei migliori economisti

Mentre molti colleghi vanno all’estero, Mortari e Belotti hanno deciso di rimanere in Italia, in una posizione di precariato. Fanno bene? Lasciare l’Italia è l’unica strada possibile per …

Mentre molti colleghi vanno all’estero, Mortari e Belotti hanno deciso di rimanere in Italia, in una posizione di precariato. Fanno bene?

Lasciare l’Italia è l’unica strada possibile per un ricercatore? Un altro spunto sul tema della gestione della politica della ricerca in Italia, dopo il recente caso Giannini-D’Alessandro, arriva da due economisti di Tor Vergata: Andrea Piano Mortari e Federico Belotti.

Entrambi trentanovenni, i due ricercatori sono stati inseriti in una delle più importante classifiche mondiali per i ricercatori in economia: la Ideas Repec. Le classifiche Repec si basano sulle citazioni e sui dati bibliografici raccolti dal sistema. In questi ranking, Belotti risulta quarantottesimo e Mortari ottantesimo. I ricercatori lavorano al Centre for Economic and International Studies di Tor Vergata, sotto la guida del professor Vincenzo Atella.

È stato proprio Atella, in un articolo sull’Huffington Post Italia datato novembre 2015, a parlare del problema dei cervelli in fuga e a chiarire come, su nove italiani presenti nella classifica, solo uno stia lavorando a oggi nel nostro Paese.

Mentre i colleghi hanno scelto l’estero, Mortari e Belotti hanno deciso di rimanere in Italia, in una posizione di precariato, per continuare a lavorare in un team di ricerca che risulta essere tra i migliori al mondo nel settore.

Come recentemente dichiarato, per restare qui i due ricercatori hanno rifiutato proposte all’estero, accettato stipendi che li costringono a un secondo lavoro, detto sì alla precarietà. Questo in nome di un lavoro che amano, nonostante i sacrifici.

Come denunciato dalla recente lettera di Giorgio Parisi all’Unione Europea, pubblicata su Nature, l’Italia perde 300 milioni l’anno di fondi destinati alla ricerca. Il gap si allarga ulteriormente se si calcolano i ricercatori italiani che, una volta ricevuto il finanziamento dalla Ue, scelgono di portare i propri progetti in Paesi che possono poi garantire il proseguimento della ricerca.

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Wired.it

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1 commento

  1.   

    Questa è l’ennesima prova che chi ci governa non lavora per il bene del Paese, non pensa al suo sviluppo e crescita sia economica che sociale, ma lavora per altri. Forgiamo studenti e ricercatori che poi costringiamo ad andare all’estero dove trasformeranno il loro sapere in ricchezza per quei Paesi, non per il nostro. Non può non esserci consapevolezza di tutto ciò. Ovviamente i Paesi stranieri ringraziano e ridono di noi, ma siamo abituati a figure di questo tipo, per cui non rimane neppure un segno di rossore sulle guance. I nostri politici non sono facili ad arrossire, nemmeno quando vengono trovati con la refurtiva in tasca, immaginiamoci per simili sciocchezze. Se poi pensiamo che tali cervelli sono riusciti a raggiungere tali risultati nel contesto scolastico italiano che è uno tra i peggiori d’Europa, immaginiamoci cosa potrebbe nascere da un sistema scolastico efficiente con un corpo insegnante selezionato…