Altro che lotta alla povertà, il governo stanzia le briciole

“Sulle politiche socio-assistenziali servono maggiori disponibilità di risorse di quelle previste”. Lo ha detto il direttore centrale dell’Istat, Cristina Freguja, durante un’audizione in commissione Lavoro alla Camera. “Se …

Sulle politiche socio-assistenziali servono maggiori disponibilità di risorse di quelle previste”. Lo ha detto il direttore centrale dell’Istat, Cristina Freguja, durante un’audizione in commissione Lavoro alla Camera.

“Se una rivisitazione delle politiche socio-assistenziali è motivata, è importante che essa possa essere formulata prevedendo una maggiore disponibilità di risorse”. Lo ha affermato Cristina Freguja, direttore centrale Istat delle statistiche socio-economiche, nel corso dell’audizione sul Ddl povertà nelle commissioni Lavoro e Affari sociali della Camera. Freguja ha inoltre auspicato “un impianto coerente con il quadro degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro” ma sotto questo profilo, ha osservato, “il disegno di legge delega completa le riforme già avviate con i decreti attuativi del cosiddetto Jobs act, associando a misure di sostegno della povertà delle famiglie in condizioni economiche di bisogno, l’individuazione di un percorso di inclusione sociale e lavorativa che ne faciliti il reinserimento”.

In Italia, è emerso dai dati illustrati alla Camera, si spende meno che nel resto d’Europa per la protezione sociale dei gruppi di popolazione deboli (persone con disabilità, famiglia e infanzia, esclusione sociale, abitazione). La quota di spesa pubblica ad essi destinata sul totale della spesa sociale (10,4%) era nel 2013 di circa dieci punti inferiore a quelle di Francia e Germania e alla media Ue28. Freguja ha fatto rilevare che “una percentuale assai residuale della spesa per la protezione sociale, lo 0,7%, è impegnata specificamente per politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale. Un valore che è inferiore di oltre la metà rispetto alla quota riferibile alla media Ue28 (pari all’1,9%)”. È stato inoltre evidenziato che “tra i principali paesi europei, l’Italia si distingue inoltre per una quota più elevata di spesa sociale non sottoposta alla verifica dei mezzi (il 93,3% della spesa, rispetto al 87,9% della Germania e all’89 della Francia) e un peso maggiore della spesa non legata al reddito dei beneficiari per quanto riguarda i trasferimenti monetari (si tratta del 95% in Italia, rispetto a Francia, 89,6%, e Germania, 92,3%)”.

Il direttore Istat ha inoltre segnalato l’opportunità di rilanciare le politiche attive del lavoro, ricordato che in Italia “nel confronto con i paesi europei, la spesa pubblica per disoccupato in percentuale del Pil risulta sbilanciata verso misure ‘passive’ di supporto al reddito, piuttosto che su servizi di orientamento, formazione e programmi di incentivo all’occupazione”. E in questo senso “la revisione e il potenziamento del sistema di politiche attive del lavoro già avviati sembrano dunque essenziali per costruire un processo di inclusione che risulti davvero efficace”. Secondo Feguja è poi “urgente rafforzare l’offerta di servizi pubblici a livello comunale e territoriale in modo da garantire una qualità e un’efficienza dei servizi pubblici che sia uniforme sul territorio nazionale”.

L’esperta Istat ha comunque concluso osservando che “la legge delega, come del resto si addice alla natura dello strumento, detta i principi generali cui si dovranno informare i successivi decreti legislativi e quindi non contiene elementi sufficienti a condurre valutazioni circa il possibile impatto delle politiche proposte”.

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