Come va il FOMO? Il dry powder inizia a diminuire

Lo State Street Risk Appetite Index monitora su base mensile la propensione al rischio e le partecipazioni in azioni, obbligazioni e liquidità degli investitori istituzionali, ricavato dai 42 trilioni di dollari di asset di State Street.

Pubblichiamo gli Institutional Investor Indicators di State Street relativi al mese di febbraio, che monitorano su base mensile la propensione al rischio (Institutional Investor Risk Appetite Indicator) e le partecipazioni in azioni, obbligazioni e liquidità (Institutional Investor Holdings Indicator) degli investitori istituzionali, ricavati dai 42 trilioni di dollari di asset in custodia e amministrazione di State Street.

BOSTON, 7 marzo 2024 – State Street Global Markets ha pubblicato oggi i risultati degli State Street Institutional Investor Indicators relativi al mese di febbraio. Lo State Street Risk Appetite Index è risalito a 0,18 da quota -0,09, evidenziando un miglioramento della propensione al rischio nel mese di febbraio.

“A febbraio i rendimenti dei mercati azionari erano semplicemente troppo positivi per essere ignorati. Dopo un inizio d’anno cauto, caratterizzato dalla volatilità dei mercati dei tassi d’interesse, a febbraio gli investitori istituzionali hanno riscoperto il loro interesse per gli asset rischiosi.

Anche se le attese di una riduzione dei tassi d’interesse si sono spostate a giugno e probabilmente anche oltre, la combinazione di bassa volatilità e crescita solida degli Stati Uniti è stata complessivamente sufficiente a spingere gli investitori verso gli asset più rischiosi, soprattutto nei mercati azionari e valutari, dove in entrambi i casi abbiamo avvisitito un miglioramento della domanda relativa per alcuni mercati emergenti selezionati, tra cui la Cina”, ha osservato Michael Metcalfe, Head of Macro Strategy di State Street Global Markets.

Gli indicatori delle partecipazioni di State Street mostrano che le allocazioni azionarie da parte degli investitori di lungo termine sono diminuite dell’1,2%, attestandosi al 52,8%, mentre le partecipazioni in liquidità sono diminuite dello 0,8%, raggiungendo quota 19,7%, e le allocazioni nel reddito fisso sono scese di un ulteriore 0,4%, raggiungendo il 27,5%.

“Il miglioramento della propensione al rischio è stato particolarmente evidente nell’ulteriore forte calo delle partecipazioni in liquidità, che hanno perso quasi un punto percentuale nel corso del mese. Attualmente queste ultime si attestano solamente l’1% al di sopra della loro media di lungo periodo. Si tratta del più piccolo sovrappeso in liquidità registrato negli ultimi otto mesi e indica che il dry powder degli investitori sta iniziando ad esaurirsi.

Anche in presenza di tassi a breve termine molto più elevati, questo dimostra che gli investitori istituzionali sono propensi ad abbandonare la liquidità qualora le condizioni di mercato siano favorevoli altrove. E, con l’incertezza sui tassi d’interesse che continua a perdurare per il momento, le condizioni favorevoli si possono trovare nelle azioni, le cui partecipazioni hanno registrato un nuovo forte aumenti.

Difatti, hanno raggiunto il massimo di sette mesi e sono solo un punto percentuale al di sotto del valore più alto registrato nell’ultimo decennio. Questo è un segnale indicativo della crescente convinzione, o forse compiacimento, degli investitori secondo cui, nonostante le incertezze delle prospettive in ambito economico, politico e geopolitico, i mercati azionari saranno resilienti”, ha aggiunto Michael Metcalfe, Head of Macro Strategy di State Street Global Markets.

“Le previsioni di crescita dell’Europa continuano a essere riviste al ribasso, ma ciò non è bastato a frenare la fiducia degli investitori, che a febbraio ha registrato un’ottima ripresa a livello aggregato. Ciò si è visto nell’Eurozona, dove la domanda di titoli azionari della regione da parte degli investitori esteri è tornata a livelli medi, in miglioramento rispetto al sell off significative osservati nei due mesi precedenti. Tuttavia, la domanda degli investitori istituzionali per le azioni dell’Eurozona continua a essere notevolmente inferiore a quella degli Stati Uniti, riflettendo il crescente divario nei fondamentali relativi.” ha concluso Michael Metcalfe, Head of Macro Strategy di State Street Global Markets.

Fonte: State Street

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