Petrolio, l’inchiesta di Potenza svela la rete di amicizie e affari del “quartierino”

È paradossale come il dibattito politico italiano torni a infiammarsi per la riforma delle intercettazioni, proprio mentre sta montando un’inchiesta proprio grazie all’ascolto di alcune telefonate. Il caso …

È paradossale come il dibattito politico italiano torni a infiammarsi per la riforma delle intercettazioni, proprio mentre sta montando un’inchiesta proprio grazie all’ascolto di alcune telefonate.

Il caso ormai è noto a tutti: Tempa Rossa, o meglio il centro Oli di Viggiano, dove opera Eni. Si parla di estrazione di petrolio in Basilicata, che sarebbe stato al centro di una serie di relazioni poco trasparenti, da parte di un gruppo di imprenditori e lobbisti italiani, che sfruttando conoscenze e legami affettivi, potrebbe essere arrivata a condizionare alcuni appalti. Con questi temi è sempre meglio andarci con i piedi di piombo, saranno gli inquirenti e gli eventuali i processi a stabilire cosa è realmente accaduto, ma dalla pubblicazione di stralci di intercettazioni emerge uno spaccato sociale, politico e imprenditoriale che da sempre blocca lo sviluppo dell’Italia e in particolare del Mezzogiorno.

I dati ufficiali di diversi istituti di ricerca e istituzioni dicono che il nostro Paese è circondato dalla corruzione, in ogni forma. E l’inchiesta di Potenza, finora, non ha fatto altro che confermare questi dati. Ripercorrere le tappe di questa inchiesta per credere.

Le tappe dell’inchiesta

È una storia di “agganci”, “lobby affaristiche”, “ambienti opachi” e “interventi adottati in maniera clandestina”. Giorno dopo giorno, gli atti dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata stanno facendo sempre più venire alla luce le “mosse” dei componenti del “clan”, che cercavano “di non farsi notare troppo in giro”, ma che, alla fine, ignari di essere intercettati da mesi, sono stati inguaiati da telefonate e sms. E oggi il “pool” dei magistrati potentini ha potuto archiviare un’altra vittoria: il Tribunale del Riesame ha rigettato anche il ricorso contro gli arresti domiciliari per l’ex sindaco di Corleto Perticara (Potenza), Rosaria Vicino (Pd).

Proprio le decisioni del Riesame (che finora ha bocciato tutti i ricorsi presentati contro le misure cautelari eseguite lo scorso 31 marzo) stanno attribuendo credibilità all’inchiesta partita da Viggiano (Potenza) – sede del Centro Oli dell’Eni – e che, passando dal progetto “Tempa Rossa” a Corleto Perticara e dal porto di Augusta (Siracusa) in Sicilia, è ormai “arrivata” fino a Roma, fino all’interno dei palazzi più importanti della politica italiana. Lavora a Palazzo Chigi Raffaele Tiscar, vicesegretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, tirato in ballo in alcune conversazioni del “quartierino”, in particolare per le vicende riferite a Unioncamere, di cui è presidente Ivan Lo Bello (uno dei quattro componenti, secondo l’accusa, dell’associazione per delinquere). Oggi, però, Unioncamere ha ricordato che il presidente viene eletto e non nominato.

Secondo la Squadra mobile “l’interessamento” del quartierino (soprattutto del lobbista Nicola Colicchi e del Capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi) per la “carriera” di Lo Bello deve essere messo in relazione al legame tra lo stesso Lo Bello e il Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, decisivo per la conferma di Alberto Cozzo (un altro indagato) a commissario straordinario del porto di Augusta. Come fatto diverse volte nei giorni scorsi, oggi Delrio ha di nuovo smentito questa “versione”: “Ho già detto che il commissario è stato prorogato, come quasi tutti i commissari per cui non c’erano problemi gravi di contesto. Punto e a capo, tutto lì, i fatti sono questi”.

La ricostruzione dei fatti porta gli inquirenti anche su altre tracce, ad esempio su quelle lasciate da “società artificiosamente costituite” per “ottenere commesse nell’ambito di appalti e gare pubbliche” e “per perpetrare possibili truffe nell’ambito di finanziamenti pubblici”, come accaduto in un caso per la Regione Campania. Un ruolo determinante, per quasi tutti gli affari del “clan”, gli investigatori lo assegnano all’imprenditore siciliano Gianluca Gemelli. Il compagno dell’ex ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi, venerdì 22 aprile sarà interrogato dai magistrati potentini nel Palazzo di giustizia di via Nazario Sauro. Non è stata invece ancora stabilita la data dell’interrogatorio di Lo Bello che, poco dopo aver appreso di essere indagato, ha chiesto un confronto con i pm “per chiarire ogni cosa”.

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