Flop SuperLega? Ora per il calcio 60 minuti di gioco e tre tempi

Analisi di Gianni Perrelli - In crisi con la pandemia il format del pallone, proprio perchè globale. Non ha più presa fra i giovani che si annoiano e preferiscono il basket. Non si vende una passione ma lo spettacolo, soprattutto sui mercati TV asiatici. Agnelli lascia? Ma il progetto resta.

di Gianni Perrelli

(WSC) ROMA – L’aspetto più strabiliante del golpe fallito nell’universo del pallone è la cornice comica, prima ancora che dilettantistica, in cui è maturato. I dodici presidenti di alcune fra le società più ricche e blasonate del pianeta che hanno perpetrato il colpo di Stato amministrano collettivamente budget superiori al Pil di un Paese  africano. E’ gente scafata, immersa fino al collo nell’alta finanza. Come è possibile che abbiano tutti insieme perso il lume della ragione tentando di mettere in atto una rivoluzione con metodi che sarebbero apparsi velleitari perfino ai parroci che patrocinano le squadrette da oratorio? E’ mai concepibile che non abbiano calcolato i contraccolpi, sportivi e politici, di una svolta così sconquassante? Hanno messo in conto il rischio di un rapido dietrofront che li avrebbe esposti (come è successo) a una delle più sputtananti figure della storia sportiva?

Sono bastate 48 ore per rimangiarsi tutto. Come nelle gag di Scherzi a parte.

E’ fuorviante, intendiamoci, leggere la vicenda nella chiave di Robin Hood contro l’avidità e l’arroganza dei ricchi. Uefa e Fifa sono, alla stregua dei dodici ribelli, mega-comitati d’affari che pensano solo al business. La Fifa ha assegnato i mondiali dell’anno prossimo al Qatar che ha pagato il privilegio a peso d’oro e fa costruire gli stadi a torme di schiavi asiatici sotto-salariati a cui all’arrivo a Doha viene sequestrato il passaporto.

La realtà è che la pandemia sta minando alle radici anche il pianeta calcio. Le grandi società, che strapagano i campioni, rischiano la bancarotta. E per uscire dall’angolo si sono inventati, coi miliardi garantiti da J.P. Morgan, una Superlega esclusiva a cui si sarebbe aderito per titoli onorifici e in cui sarebbe stato mortificato il principio del merito sportivo. Ma ci sono altre due ragioni alla base di questa insensata insurrezione. 

La prima è il crollo dell’identità. Le proprietà di molti fra questi club sono esotiche, del tutto indifferenti alla tradizioni nazionali e al fascino del campanile. Non vendono una passione ma uno spettacolo, soprattutto sui mercati televisivi asiatici in cui il football è diventato un fenomeno trendy. In Italia, fra i ribelli, solo la Juve appartiene a una famiglia italiana. Il Milan è in mano agli americani, l’Inter ai cinesi. 

Infine è anche vero che pure il format del calcio è entrato in crisi. Non ha più presa fra i giovani che si annoiano a vedere le partite per intero e si eccitano solo con gli highlights delle azioni più spettacolari. Tanto che una corrente “luterana” sta già pensando di ridurre i novanta minuti a sessanta e aumentare i tempi da due a tre in modo da conferire al football un ritmo più serrato, vicino alle emozioni incalzanti del basket.

Il presidente che esce peggio da questa batracomiomachia è indubbiamente lo juventino Andrea Agnelli. Da più parti vengono invocate le sue dimissioni (arriva il cugino Giovanni Nasi?). Che difficilmente verranno perché Agnelli è la proprietà. Non può dimettersi da se stesso a meno che non sia John Elkann, gerarchicamente superiore negli equilibri di famiglia, a imporglielo per riparare alla figuraccia mondiale che potrebbe avere una ricaduta sull’immagine della Fiat. Ma Andrea Agnelli ha dalla sua anche il pedigree. Il nonno Edoardo negli anni Trenta entrò nella leggenda vincendo cinque scudetti consecutivi. Lui ne ha conquistati addirittura nove. E nemmeno il clamoroso flop è bastato a indurlo ad archiviare l’utopia della Superlega. E’ intenzionato a riprovarci quando i tempi saranno più maturi. Il golpe rientrato resterà intanto una macchia indelebile sulla sua reputazione di manager che ha sottovalutato la dimensione romantica, quasi religiosa, in cui i tifosi vivono le epopee del pallone.  

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5 commenti

  1.   

    .)_

  2.   

    Con la foto mi piace di più 🙂
    La Francia è la numero 1 

  3.   

    Ecco cosa ho scritto su questo idiota di un Andrea Agnelli 
    Umiliato dal giovane Macron 🙂 
    France 1 Italy 0 , Macron ruins the stupid  Andrea Agnelli , skips the building conspiracy . Emmanuel Macron, with these words from Cbot news“We must defend our model, our clubs. We cannot sacrifice the football that comes from our societies so few people can benefit from it.”“We have often reported that there is so much money in football, especially in the male. I am with the President of the Federal Le Graet, to defend the French model and to avoid reforms that would lead to the worst of the world.

  4.   

    Ma è la solita storia  i tifosi vogliono i campioni e a farli pagare si coglioni. Si vuol fare del socialismo calcistico e come al solito al ribasso. Se una coscia di Ronaldo costa come tutto il Benevento evidentemente molte partite  partono già col risultato scontato. Purtroppo non ci son piu bandiere ed il calcio e diventato uno show televisivo dove puoi far giocare pure la d urso o la de filippi. Incominciamo a toglier i giocatori stranieri , ma qui sorgon le prime contestazioni. Incominciamo a dividere  le grosse squadre dalle piccole tipo serieA E serie A2  con finale frà le prime 2 di ogni serie. Incominciamo a mettere un tetto agli ingaggi . E poi abbiam squadre che non hanno il potenziale e idebiti del barcellona credo saraun fatto  migliore. Per il resto la penso come peter. Io sono milanista fin da primadi berlusconi ma ormai non guardo piu msncola partita. Buona fortuna a chi rimane.

    Originariamente inviato da peter pan: Mah! Sarà l’età, sarà che il calcio giocato è cambiato, sarà che ormai certi giocatori costano come degli Dei, sarà che le frange estreme sono sempre più legate a droghe e violenza, ma il calcio non mi piace più. Una volta i programmi tipo 90mo minuto mi vedevano sempre presente, ora vedo a volte i goal il lunedì e del fatto che la mia squadra “del cuore” abbia vinto o perso non me ne può fregar de meno. Penso che un certo ridimensionamento del costo del calcio sia necessario ed anche la formula. Siamo arrivati al punto che se un giocatore si trova 3millimetri oltre il difensore e fa goal, dopo 3 minuti di consultazioni al Var il goal viene negato. Eddai, si stabiliscano regole più elastiche, altrimenti tanto vale vedersi una bella partita con giocatori simil veri al PC…. Insomma, il gioco del calcio così com’è sta generando solo grosse posizioni debitorie dei club, alcuni dei quali sopravvivono solo perchè alcuni sceicchi o qualche grossa società finanzia con fondi a perdere….  Alla formula cercata ma non trovata da Agnelli ci si arriverà comunque, fatalmente, perchè a breve vedremo le piccole società di calcio di città di provincie povere scomparire in completo dissesto.  

     

  5.   

    Mah! Sarà l’età, sarà che il calcio giocato è cambiato, sarà che ormai certi giocatori costano come degli Dei, sarà che le frange estreme sono sempre più legate a droghe e violenza, ma il calcio non mi piace più.
    Una volta i programmi tipo 90mo minuto mi vedevano sempre presente, ora vedo a volte i goal il lunedì e del fatto che la mia squadra “del cuore” abbia vinto o perso non me ne può fregar de meno.
    Penso che un certo ridimensionamento del costo del calcio sia necessario ed anche la formula. Siamo arrivati al punto che se un giocatore si trova 3millimetri oltre il difensore e fa goal, dopo 3 minuti di consultazioni al Var il goal viene negato. Eddai, si stabiliscano regole più elastiche, altrimenti tanto vale vedersi una bella partita con giocatori simil veri al PC….
    Insomma, il gioco del calcio così com’è sta generando solo grosse posizioni debitorie dei club, alcuni dei quali sopravvivono solo perchè alcuni sceicchi o qualche grossa società finanzia con fondi a perdere…. 
    Alla formula cercata ma non trovata da Agnelli ci si arriverà comunque, fatalmente, perchè a breve vedremo le piccole società di calcio di città di provincie povere scomparire in completo dissesto.