Stati Uniti, la Federal Reserve alza a 1,25% i tassi d’interesse. Dow Jones al top

La Fed alza i tassi di interesse americani per la seconda volta quest’anno e la quarta dal 2015. La banca centrale ha deciso di aumentare il costo del …

La Fed alza i tassi di interesse americani per la seconda volta quest’anno e la quarta dal 2015.

La banca centrale ha deciso di aumentare il costo del denaro di un quarto di punto, portandoli in una forchetta fra l’1,00% e l’1,25%.

La Federal Reserve ha inoltre annunciato di attendersi un nuovo aumento dei tassi di interesse quest’anno, quando inizierà a ridurre il suo bilancio, esploso con la crisi a 4.500 miliardi di dollari.

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Nel giorno in cui, come previsto, la Federal Reserve ha alzato i tassi per la seconda volta nel 2017, il DJIA ha chiuso la seduta in territorio record; è stato il secondo consecutivo.

Un ritorno delle vendite sui titoli tecnologici – messi a tappeto venerdì e lunedì scorsi – ha invece pesato su S&P 500 e Nasdaq.

Il mercato sta digerendo le decisioni della banca centrale Usa, che nonostante un’inflazione debole intende effettuare un’altra stretta nel corso del 2017 e iniziare la riduzione del suo bilancio.

IL DJIA ha aggiunto 46,09 punti, lo 0,22%, a quota 21.374,56.

L’S&P 500 ha ceduto 2,43 punti, lo 0,10%, a quota 2.437,92.

Il Nasdaq è scivolato di 25,48 punti, lo 0,41%, a quota 6.194,89.

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La Federal Reserve intende continuare la normalizzazione della sua politica monitaria, iniziata nel dicembre 2015. Come ampiamente atteso, la banca centrale Usa ha alzato i tassi di 25 punti base all’1-1,25% e per la prima volta in un comunicato diffuso successivamente a una sua riunione ha detto che quest’anno inizierà a ridurre “in modo graduale e prevedibile” la dimensione del suo bilancio. E’ la prima volta dal 2008 che il costo del denaro negli Stati Uniti risulta sopra l’1%; nel dicembre di quell’anno raggiunse i minimi storici pari allo 0-0,25% sulla scia della peggiore crisi dagli anni ’30 del secolo scorso.

Diversamente dalle attese del mercato, la Fed intende realizzare una terza stretta entro la fine del 2017 anche se “monitora attentamente gli sviluppi” sul fronte dell’inflazione, che su base annuale “è recentemente scesa”. Riconoscendo in pratica che si è indebolita, il governatore Janet Yellen ha spiegato che il trend recente è dovuto a fattori una tantum come il calo dei prezzi di piani telefonici e farmaci vendibili con ricetta medica. E infatti, il braccio di politica monetaria della Fed “si aspetta che l’inflazione salirà e si stabilizzerà intorno al 2% [di crescita annuale] nel corso dei prossimi due anni”. Se davvero ci sarà una terza stretta nel 2017 (la quinta dal giugno 2006) dopo quella odierna e quella dello scorso marzo, non ci sarà probabilmente prima di dicembre.

Per la prima donna alla guida della banca centrale Usa, l’economia americana “sta andando bene”, mostra “resilienza” e sembra essere rimbalzata rispetto alla frenata di inizio anno. Anche per questo ha deciso di stringere un pochino la cinghia ma la politica monetaria resta comunque “accomodante”. Esprimendo un voto di fiducia negli Usa, la Fed ha sottolineato la tonicità del mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione sceso al 4,3% a maggio, minimo di 16 anni (è l’ultimo disponibile). Anche “gli sviluppi economici e finanziari globali” non preoccupano più: il riferimento a ciò è infatti scomparso dal comunicato diffuso dalla Fed, segno che le prospettive mondiali sembrano più rosee.

Per la prima volta, la Fed ha fornito i dettagli di come intende mettere fine al reinvestimento di quanto riceve quando i bond in suo possesso giungono a scadenza. Essi fanno parte di un bilancio arrivato a valere 4.500 miliardi di dollari attraverso l’acquisto di Treasury e bond ipotecari realizzato durante gli anni della crisi. Questo programma di normalizzazione terminerà “tra qualche anno” e “per un bel po’” non c’è bisogno di decidere la dimensione finale del bilancio, ha precisato Yellen in conferenza stampa. Non è stato detto quale sarà la dimensione ideale del bilancio stesso una volta che questo esercizio – il primo di questo genere – sarà completato ma Yellen ha detto che l’ammontare di riserve che le banche hanno presso la Fed sarà più grande rispetto ai livelli pre-crisi ma “notevolmente” sotto quelli degli ultimi anni. “La Fed avrà un maggiore sentore della domanda di riserve durante il processo di normalizzazione del bilancio”.

Con il suo solito tono moderato, Yellen ha fatto capire che non intende sorprendere i mercati. E dicendo di non avere avuto alcuna conversazione con Donald Trump sui piani futuri, ha detto che intende completare il suo mandato quadriennale che terminerà nel febbraio 2018. Resta da vedere se il presidente americano (un repubblicano) intende lasciare alla guida della banca centrale Usa una democratica.

Commento di State Street alla decisione del FOMC sui tassi di interesse

A seguito del meeting odierno del Federal Open Market Committee (FOMC), Lee Ferridge, responsabile multi-asset strategy per il Nord America di State Street Global Markets, e Antoine Lesné, responsabile EMEA ETF strategy di SPDR ETFs (State Street Global Advisors), hanno così commentato:

Lee Ferridge: “Come ampiamente previsto, la Fed ha deciso di alzare i tassi di interesse di 25 punti base, la seconda mossa di quest’anno e la quarta nell’attuale ciclo. La dichiarazione che ha accompagnato il rialzo è stata però un po’ sorprendente per il tono abbastanza neutro, che lascia presagire che la Fed possa, per il momento, lasciare i tassi di interesse invariati per poi alzarli nuovamente. Il rallentamento evidenziato dai dati sul mercato domestico e la riduzione delle attese su un allentamento della politica fiscale nel 2017 hanno iniziato a influenzare la posizione della Fed. Sebbene i dot della FED indichino un altro rialzo nel corso di quest’anno, probabilmente bisognerà aspettare fino a dicembre. Ci aspettiamo un calo dei rendimenti dei treasury statunitensi e del dollaro a seguito della notizia, anche se l’azionario statunitense molto probabilmente sarà supportato dalla posizione più morbida”.

Antoine Lesné: “In linea con le nostre attese e con quanto già recentemente annunciato ai mercati, la Fed ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base. Essendo questo il secondo aumento dei tre o quattro previsti per il 2017, ci aspettiamo una pausa nei mesi estivi prima di un nuovo incremento. Infatti, il rallentamento dei dati relativi al mercato domestico e gli ulteriori ritardi dell’atteso allentamento della politica fiscale hanno contribuito alla decisione. Allo stesso tempo, la Banca Centrale Europea (BCE) che resta molto accomodante e la politica del Regno Unito che, in un certo senso, sta nuovamente alimentando la volatilità, potrebbero portare la Fed a prendersi una pausa. Probabilmente per avere più chiarezza dovremmo aspettare la riduzione del bilancio della Fed entro settembre e un nuovo aumento dei tassi a dicembre, rispettando così la tradizione dopo quello a cui abbiamo assistito già nel 2015 e nel 2016. A seguito della notizia, il dollaro potrebbe restare nei range attuali, offrendo un momento di tregua nella fase di politica monetaria restrittiva. Questo potrebbe essere di supporto all’azionario statunitense, che recentemente ha registrato performance inferiori rispetto all’azionario europeo. Molto probabilmente questo potrebbe essere un fattore positivo anche per gli asset in valuta locale dei mercati emergenti”.

 

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