Un modo per pagare meno tasse c’è: è la concorrenza

Aprendo al mercato i servizi essenziali come rifiuti, sanità, previdenza migliorerebbe la qualità e calerebbero le imposte.

Le tasse sono il più sanguinoso incubo per ogni cittadino. In Italia poi la pressione fiscale effettiva e quella percepita superano di un bel po’ il limite della sopportazione. Si paga per tutto, e si paga caro. Soprattutto la spazzatura, e non sempre la qualità del servizio corrisponde alla giustezza dei versamenti. Obbligatori, peraltro.

Secondo quanto riporta il Giornale, infatti, “gli ultimi dati diffusi da uno studio della Uil in merito ai diversi costi della tassa sulla raccolta dei rifiuti urbani (Tari) ci offrono una rappresentazione dell’Italia che obbliga a sviluppare alcune considerazioni”. Ovvero, prosegue l’edizione online del quotidiano milanese “la ricerca ha individuato una famiglia media (abitazione da 80 metri quadrati, quattro persone e un reddito Isee di poco inferiore ai 18mila euro) e partendo da qui ha determinato un costo medio annuo di 295 euro. Un poco meglio rispetto all’anno scorso, ma resta il fatto che negli ultimi quattro anni questa tassa è cresciuta dell’1,1%”.

Cioè che colpisce di più sono le cifre, anzi le differenze di pagamento tra un luogo e un altro dello stesso Paese: “Tra i capoluoghi di provincia, la tariffa più alta sia ad Agrigento, dove si paga ben 474 euro, e quella minore sia a Belluno, dove viene riscosso meno di un terzo, e cioè 149 euro. Evidentemente c’è qualcosa che non va, dal momento che se qualcuno riesce a offrire il servizio a un prezzo così inferiore, forse gli altri dovrebbero capire perché questo avviene e fare a casa propria i giusti interventi”.

Frutto di una miopia istituzionale, se vogliamo chiamarla così. Certo è che l’analisi del Giornale non lascia indifferenti: “Se ancora il nostro ceto politico, prigionieri di logiche stataliste e interessi clientelari, appare restio ad aprire questo settore alla concorrenza e al mercato, quanto meno ora gli elettori sanno chi devono punire e che, invece, cerca di fare il proprio meglio”, riporta infatti citado i casi di altri servizi pubblici come la sanità, la previdenza e l’istruzione.

Insomma “guardando l’Italia nel suo insieme, a ogni modo, l’elemento fondamentale è che si paga troppo anche quando le cose non vanno così male. E questo avviene perché qui come in altri casi non c’è appunto la volontà politica di aprire alla concorrenza. Non a caso non si parla di «prezzo», ma di «tassa»”, scrive il quotidiano.

È dunque “evidente che se non si inizia a dare spazio alla competizione tra soggetti privati come si è fatto in campi che, analogamente a questo, si riteneva del tutto inadatti alle logiche del mercato (dalla telefonia all’energia), dovremo assistere a un’ulteriore crescita di questo balzello”.

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1 commento

  1.   

     
    a me, invece sembra che non sempre le liberalizzazione e la concorrenza funzionibasta guardare le bollette della energia eletrica, dopo la privatizzazione dell’enela me sembra che in proporzione si pagasse meno prima