Muro, scoppia la guerra tra Stati Uniti e Messico per il #fuckingwall. Trump: ‘Tassa 20% su import’

Una tassa del 20% sulle importazioni dal Messico per coprire i costi della costruzione del muro al confine: è la possibilità al vaglio dell’amministrazione di Donald Trump. A …

Una tassa del 20% sulle importazioni dal Messico per coprire i costi della costruzione del muro al confine: è la possibilità al vaglio dell’amministrazione di Donald Trump. A riferirlo è il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer. L’imposta, ha precisato, permetterebbe di raccogliere 10 miliardi di dollari l’anno. Dilaga su Twitter l’hashtag #fuckingwall, coniato dall’ex presidente del Messico Vicente Fox.

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Il muro che Donald Trump ha ordinato di costruire al confine col Messico costerà tra i 12 e i 15 miliardi di dollari e il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, fa sapere che è allo studio una tassa del 20% sulle importazioni dal Messico per coprire i costi della costruzione del muro al confine. “L’imposta – ha precisato – permetterebbe di raccogliere 10 miliardi di dollari l’anno. Lo speaker della Camera prevede che il Congresso approvi i fondi – circa 15 miliardi – entro la fine dell’anno fiscale.

E Steve Bannon, il capo stratega della Casa Bianca, attacca di nuovo i media “vero partito di opposizione dell’amministrazione Trump”. Il nuovo attacco alla stampa Usa, durante un’intervista. “Non capiscono questo Paese – ha aggiunto – e non capiscono ancora perche’ Donald Trump e’ il nuovo presidente degli Stati Uniti”.

La notizia arriva dopo la decisione del presidente messicano Enrique Pena Nieto di annullare l’incontro di martedì prossimo alla Casa Bianca. È la prima crisi diplomatica per Donald Trump, investito da una bufera per il suo ordine di costruire immediatamente un muro al confine col Messico e di dare un giro di vite all’immigrazione clandestina, condito con l’ennesimo apprezzamento per il waterboarding. Una stretta che sarà completata con lo stop indeterminato ai rifugiati siriani e per almeno 120 giorni a quelli di altri Paesi, con la sospensione inoltre per almeno un mese dell’immigrazione da Paesi a maggioranza musulmana e spesso flagellati dal terrorismo, come Libia, Siria, Somalia, Sudan, Iran, Iraq, Yemen.

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La prima conseguenza è la rottura con il presidente messicano, in un duello tutto a colpi di tweet, diventato con il tycoon la nuova arena della diplomazia.

Incalzato anche dall’opposizione, Enrique Pena Nieto ha annullato la sua visita dopo che Trump lo aveva ammonito a non venire «se il Messico non è disposto a pagare per il muro di cui c’è disperato bisogno».

Un muro che costerà 12-15 miliardi di dollari, ha annunciato lo speaker della Camera Paul Ryan, prevedendo che il Congresso approvi i fondi entro fine settembre. Pena Nieto, con cui Trump voleva iniziare a rinegoziare l’accordo commerciale nord americano (Nafta), aveva reagito subito al suo annuncio sulla nuova barriera, chiedendo «rispetto» per la sovranità nazionale e ribadendo che il suo Paese «non crede nei muri» e «non pagherà alcun muro».

Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca, ha tentato di gettare acqua sul fuoco: «Cercheremo una data per fissare qualcosa in futuro. Manterremo aperte le linee di comunicazione». Mentre Trump ha provato a far passare la cosa come una decisione «congiunta» perché altrimenti l’incontro sarebbe stato «infruttuoso».

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Nel frattempo anche il presidente cubano, Raul Castro, ha messo in chiaro di non volersi piegarsi ai diktat del presidente americano per proseguire il disgelo avviato da Obama: «Continueremo a negoziare» ma senza che questo implichi «concessioni legate alla nostra sovranità e indipendenza».

Il muro e la stretta sugli immigrati stanno mobilitando la protesta nel Paese. Da un lato sono scesi in campo i vescovi Usa: la Conferenza episcopale americana ha criticato una politica che aumenterà le sofferenze e lo sfruttamento. Dall’altro è tornato in strada il popolo anti Trump: ieri con una veglia di alcune centinaia di persone vicino alla Casa Bianca e con una marcia a Manhattan di migliaia di manifestanti (al grido di «resistere», «nessun muro, questa è la nostra New York», «io sto con gli immigrati»), oggi con oltre 3000 attivisti a Filadelfia all’arrivo del tycoon per il `ritiro´ dei repubblicani, omaggiato dalla premier britannica Teresa May.

In rivolta anche le cosiddette `città santuario´, quelle che proteggono gli illegali e alle quali Trump ha deciso di tagliare i finanziamenti federali. Sono circa 300, tra cui Chicago, San Francisco, Newark (New Jersey), New Haven (Connecticut). New York, che potrebbe vedersi togliere 7 miliardi di dollari, guida la protesta con il sindaco Bill de Blasio: «Questo è il sogno americano davanti ai vostri occhi. Non permetteremo che ce lo tolgano», ha detto ai manifestanti, promettendo di difendere «tutti, a prescindere da dove vengono e dai loro documenti di identità».

 

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1 commento

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    I muri con il Messico non sono uguali a quelli in Israele per la sinistra mondialista
     
    http://www.controinformazione.info/i-muri-con-il-messico-non-sono-uguali-a-quelli-in-israele-per-la-sinistra-mondialista/
     

    di Luciano Lago
    La nuova Amministrazione USA di Trump ha deciso: il muro alla frontiera con il Messico si farà e lo stesso Tump ha firmato il decreto per completare la costruzione del muro, iniziata a suo tempo da Bill Clinton, lungo tutto il confine con il Messico per  impedire l’entrata di immigranti illegali e lo sfruttamento della mano d’opera da parte di datori di lavoro senza scrupoli.
    Per quanto riguarda i costi per la costruzione del muro, Trump dovrebbe sbloccare dei fondi federali ricorrendo a una legge del 2006 che autorizza l’innalzamento di una barriera, per diverse centinaia di chilometri, al confine tra gli Stati Uniti e il Messico che si estende per oltre tremila chilometri. Il presidente degli Stati Uniti ha detto che intende finanziare il muro con i soldi dei contribuenti americani ma ha assicurato che poi il Messico li rimborserà (indirettamente con le trattenute sule rimesse dei migranti). Il decreto prevederà anche l’ingaggio di altre 5mila guardie di frontiera.
     
    Nonostante che il neo presidente stia attuando esattamente il programma per cui è stato votato, questo decreto firmato da Trump ha scatenato le proteste di tutta l’opposizione mondialista, progressista, democratica, globalista, inclusa Amnesty Intenational, il WWWF, le ONG come “NO Borders, No Walls” , la Anti-Defamation League, la “Anti-Racist Action”, e molte altre sigle;  quasi tutte le star di Hollywood, persino i Vescovi cattolici americani si sono uniti nella condanna. A tutte queste voci fortemente contrarie alla realizzazione del muro si è aggiunto “El Papa” Bergoglio , tramite un comunicato ufficiale trasmesso dal Vaticano in cui questi si dice preoccupato per “il segnale che si dà al mondo” con la costruzione del muro tra Usa e Messico, voluto dal presidente statunitense Donald Trump per frenare le migrazioni. Ed il Papa   si augura che gli altri Paesi, anche in Europa, “non seguano il suo esempio”.
    In realtà anche in Europa si sono costruiti muri ed altri se ne costruiranno per fermare l’ondata dei migranti e questo in particolare avviene in Ungheria ed ai confini con la Serbia, in Slovacchia ed altrove, da parte di quei paesi che hanno dichiarato di voler difendere a trutti i costi la propria identità nazionale ed il proprio equilibrio sociale minacciato dall’ondata migratoria, cosa che ha già scatenato molte proteste. Tuttavia,  in questo forte coro di critiche e di condanne scatenatasi in occasione del muro di Trump e in precedenza “contro tutti i muri” in Europa, si nota una strana omissione: da queste organizzazioni e da questi soggetti nessun accenno mai ai muri realizzati già da tempo in Israele a separazione dei villaggi palestinesi dalle zone israeliane. Questo avviene in particolare nella Cisgiordania occupata da Israele e dove lo stato sionista sta realizzando illegalmente decine di migliaia di insediamenti di coloni in violazione di tutte le norme internazionali e nonostante le tante risoluzioni di condanna dell’ONU.
     
    Gli esponenti della sinistra mondialista dimostrano la loro evidente incoerenza, visto che indirizzano le loro grida di indignazione contro Trump che vuole mettere un argine all’immigrazione clandestina , come in precedenza erano stati condannati i governi dell’Ungheria, della Serbia e dell’ Austria per la stessa questione muri.  Sembra però strano che le stesse organizzazioni, i Vescovi ed “El Papa”, non si pronuncino a condannare o a manifestare la minima obiezione alla costruzione del nuovo muro che Israele sta realizzando sul confine giordano, che andrà a congiungersi con quello già presente sul Golan (occupato) e che s’integrerà con tutto quell’orwelliano sistema di muri, reticolati e check point in Cisgiordania che i filo-palestinesi hanno definito, correttamente, “muro dell’apartheid”.
    Non solo questo ma da ultimo il Governo di Netanyahu ha comunicato anche la sua intenzione di costruire un muro al confine con il Libano per evitare le “infiltrazioni degli Hezbollah”. Strano che “El Papa” non ne abbia parlato neppure nel corso della sua visita in Israele.
    La sinistra mondialista e progressista, quella che inonda costantemente gli schermi delle TV con la insopportabile retorica dell’apertura delle frontiere, l’abattimento dei muri e dei ponti, nel caso di Israele, si chiude gli occhi e finge di non vedere. Come mai? Sembra una strana forma di strabismo. Il muro, quello edificato da Israele, per le cancellerie europee dalla lacrima a comando, per le star superpagate di Hollywood e per gli intellettuali della riserva, è una semplice “barriera di separazione”: “Israele” ha il “diritto di difendersi”, gli ungheresi, gli statunitensi, gli austriaci, gli slovacchi, i ceki no, non devono avere questo diritto e devono accettare come “risorse” le decine o centinaia di migliaia di migranti e profughi che si stanno riversando in Europa sotto l’accorta regia delle centrali di potere mondialista che favoriscono il traffico ed i trasferimenti (finanziato dalle ONG di G. Soros).
    L’ Italia con il suo governo, è stata sempre la più la più’ lesta nell’ obbedire alle direttive e non si limita ad accogliere ma invia le navi della Marina a cercare i migranti sotto le coste africane della Libia per trasferirli sul territorio italiano e sistemarli in Hotel a 3 e 4 stelle, con pasti assicurati, TV, Wi-FI incluso, schede telefoniche, sigarette e qualche euro per le piccole spese quotidiane. Un trattamento invidiato dai tanti italiani in difficoltà’ economiche e senza alcuna assistenza ma di quelli il governo non si cura, non entrano nel business delle cooperative e non sono inclusi nei piani di assistenza della UE. Tanto che anche le ONG (almeno 12 secondo un raporto di Frontex) si sono attrezzate con il nolleggio di navi che si recano sottocosta libica per attuare l’imbarco ed il contrabbando su scala industriale di migranti con il placet della Marina Militare, del Governo e della magistratura italiana. Il favoreggiamento nel traffico di migranti e nello schiavismo è un reato considerato ormai estinto dalle procure italiane. Più grave sarebbe costruire muri di mattoni e cemento.
    Anche il noto intellettuale, guru della sinistra mondialista, Roberto Saviano, aveva detto la sua ed aveva affermato che ” i migranti sarebbero, secondo lui, una risorsa per il Sud d’Italia, loro possono compensare l’esodo dei giovani italiani dalle regioni meridionali, Saviano vorrebbe rimpiazzarli con la gente che arriva a bordo dei barconi, così che alle terre del Sud sarebbe riservato un destino da immenso campo profughi, anzi “il sud Italia potrebbe ripartire, se si riempie di migranti” , secondo Saviano . Mano d’opera a basso costo per le multinazionali, quale migliore occasione. Vedi: Saviano Il sud Italia può ripartire se si riempie di migranti. Aveva poi aggiunto che il suo sogno sarebbe quello di “vedere un primo sinadaco africano in un comune del sud”.
    Lo aveva detto a suo tempo anche la Boldrini in Sicilia: “è un bene che ne vengano tanti, saranno utili a sopperire alla carenza di nuovi nati e potranno pagare anche le pensioni degli italiani”. Queste “nobili” parole, delle Boldrini, di Saviano e degli altri, oltre a agli appelli del Papa, a quelli degli oligarchi della UE, senza dimenticare gli appelli delle Star di Hollywood, non hanno però convinto tutti. Gli austriaci, come gli ungheresi e gli slovacchi, sono in allarme: la prospettiva di essere africanizzati ed islamizzati dal flusso inarrestabile che arriva dall’Italia non è’ considerata una prospettiva esaltante e ne vedono i pericoli, non si vogliono convincere dei “vantaggi”.
    Gli statunitensi che hanno votato per Trump, come in Europa gli austriaci e gli ungheresi in particolare, non sono interessati a farsi pagare le pensioni dai messicani o dagli africani, non piace loro la prospettiva di farsi ripopolare le loro vallate dai migranti, loro vogliono mantenere le loro identità’ nazionali e rifiutano di farsi sommergere dall’ondata migratoria. Anche l’America profonda ,come la vecchia Mitteleuropa dimostrano di avere un qualche cosa in comune: sembrano concordi nel voler mantenere la propria cultura ed identità. Saranno solo retrogradi o stanno anticipando i tempi, quelli del “grande rifiuto” del mondialismo e della globalizzazione?