Laboratorio Italia, il peggiore dei PIIGS

Confermato: l’austerity imposta dalla Troika ha fallito. Ecco tutti i calcoli dell’Economist su dati Ocse: dal 2009 ad oggi la nostra economia indietro rispetto a Portogallo, Irlanda, Grecia …

Confermato: l’austerity imposta dalla Troika ha fallito. Ecco tutti i calcoli dell’Economist su dati Ocse: dal 2009 ad oggi la nostra economia indietro rispetto a Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna.

Dal 2009 – il punto peggiore della crisi economico-finanziaria – a oggi, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, i cosiddetti PIIGS, ovvero i paesi periferici dell’eurozona, sono tra le economie al mondo che più di tutte hanno adottato le politiche fiscali più restrittive. In altre parole, i paesi mediterranei hanno messo in atto le politiche di austerity più severe e dtastiche, seguendo i diktat della Troika (Bce, Fmi e Commissione Europea). Il tutto con l’obiettivo di ridurre gli enormi buchi in bilancio. Ma con quali risultati?

Per comprendere gli effetti di queste misure sul Pil, una mano arriva dall’Economist che, sulla base dei dati Ocse, ha messo a punto un grafico da cui si evince il miglioramento del disavanzo in termini di percentuale sul Pil, escludendo gli interessi sui prestiti, dallo scoppio della crisi ad oggi.

Da questa analisi deriva che l’Italia è, tra i PIIGS, il paese la cui economia ha ridotto meno di tutte il deficit primario, per una percentuale pari al 4,7% del Pil. Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna hanno fatto decisamente meglio: la riduzione è stata per tutte superiore all’8%. “Si tratta di cifre enormi pari alla spesa equivalente per le pensioni nei paesi Ocse” sottolinea il settimanale inglese, mettendo in evidenza che nel caso della Grecia si arriva addirittura al 17,2%. “A questo punto, nessuno può accusare Atene di non aver fatto abbastanza”.

Tanto meno la Germania che, nello stesso periodo – come risulta dal grafico – le politiche di austerity le ha quasi totalmente ignorate.

C’è poi un’altra questione da considerare. I dati aggregati  – sottolinea l’articolo – nascondono in realtà molte differenze in merito ai capitoli di tagli delle spese, che vedono i dipendenti pubblici tra le categorie più colpite dalle misure di Austerity. “Questi ultimi – si legge – traggono ben poco conforto dall’idea che a fronte del congelamento dei loro stipendi, la spesa per l’assistenza sociale è cresciuta”. I dati Ocse mettono in evidenza che tanto è successo negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e anche nei PIIGS.

Un esempio per tutti è offerto dal Portogallo dove, a fronte di una riduzione di circa un quinto nella spasa dei servizi pubblici dal 2009, la spesa pubblica per la previdenza è salita del 4%. “Una percentuale che per quanto in rialzo è pur sempre all’insegna dell’Austerity, se si considera che l’invecchiamento della popolazione sta mettendo pressione i sistemi pensionistici” conclude l’articolo.

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