L’Iran punisce chi difende i diritti umani. E Renzi gli copriva pure le statue

Amnesty denuncia: repressione feroce contro gli attivisti con false accuse. Nel 2016 a Roma capolavori “tappati” per Rouhani.

Da quando nel 2013 Hassan Rouhani è stato eletto alla presidenza dell’Iran, gli organismi di sicurezza e il potere giudiziario del paese stanno portando avanti una feroce repressione contro i difensori dei diritti umani, demonizzando e imprigionando chi ha il coraggio di stare dalla parte dei diritti.

Lo ha denunciato Amnesty International nel rapporto “Nella ragnatela della repressione: difensori dei diritti umani sotto attacco in Iran”. Le speranze che le riforme annunciate da Rouhani nella prima campagna elettorale sono state deluse: decine di attiviste e attivisti per i diritti umani, spesso etichettati come “agenti stranieri” e “traditori” dai mezzi d’informazione statali, sono stati processati e condannati per false accuse di reati contro la “sicurezza nazionale”. Alcuni di loro sono stati condannati a oltre 10 anni di carcere solo per aver preso contatti con le Nazioni Unite, l’Unione europea od organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International.

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Amnesty International ha chiesto all’Unione europea, che nel 2016 aveva annunciato l’intenzione di rilanciare il dialogo bilaterale con l’Iran sui diritti umani, di denunciare nel modo più netto la persecuzione ai danni dei difensori dei diritti umani nel paese.

Il rapporto di AI fornisce un quadro completo della repressione che ha preso di mira difensori dei diritti umani impegnati in campagne fondamentali e descrive 45 storie di attivisti contro la pena di morte, per i diritti delle donne e quelli delle minoranze, avvocati, sindacalisti e persone che chiedono verità, giustizia e riparazione per le esecuzioni extragiudiziali di massa e le sparizioni forzate degli anni Ottanta.

Negli ultimi quattro anni le autorità giudiziarie iraniane hanno sempre più spesso applicato le vaghe e ampiamente generiche norme sulla sicurezza nazionale e, allo stesso tempo, aumentato profondamente l’entità delle condanne inflitte ai difensori dei diritti umani. Il capo della magistratura è nominato dalla Guida suprema.

Di caso in caso, molte persone sono state condannate a lunghi periodi di carcere, a volte di oltre 10 anni, per azioni che neanche avrebbero dovuto essere considerate reati: aver preso contatti con le Nazioni Unite, l’Unione europea, organi d’informazione, organizzazioni sindacali internazionali o gruppi per i diritti umani all’estero, tra cui Amnesty International.

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