In Borsa è l’ora di vendere, cali ovunque

La grande correzione scatenata dai timori sulla Cina, dove e’ esplosa la bolla finanziaria e l’economia da segni di rallentamento. Crisi delle valute nei paesi emergenti, in particolare …

La grande correzione scatenata dai timori sulla Cina, dove e’ esplosa la bolla finanziaria e l’economia da segni di rallentamento. Crisi delle valute nei paesi emergenti, in particolare i timori per l’economia cinese, e nuovo scossone nelle quotazioni del petrolio (sotto i 45 dollari per la prima volta dal 2009) si riflettono anche sui mercati azionari. L’indice Stoxx 600, che contiene i principali titoli quotati sui listini del Vecchio continente, è ai minimi da ottobre 2014. Londra cede il 2,79%, Parigi il 2,77%, Francoforte il 2,89% e Milano il 2,8%.

Milano -2,7%, maglia nera per Fca -5%  – Piazza Affari prosegue in deciso calo, con il Ftse Mib in ribasso del 2,78%, la seduta. Rientrano agli scambi tutti i titoli sospesi, a fase alterne, nella prima ora, e le vendite colpiscono ora in particolare Fca (-5,07%). Pesanti anche Tenaris (-4,7%), Mediolanum (-4,26%) e Telecom (-4%).  Crollano le Borse cinesi, ai minimi dal 2007. Shanghai ha chiuso perdendo l’8,49% a 3.209 punti, mentre l’indice di Shenzhen ha perso 7,83% chiudendo a 10.970 punti.

L’intervento della Banca centrale non è arrivato – L’attesa, andata delusa, di un deciso intervento sul mercato della People’s Bank of China, la banca centrale cinese, è alla base del crollo di oggi dei mercati valutari del paese e del resto dell’Asia, secondo i primi commenti degli esperti. Rajiv Biswas dell’Ihs Global Insight ha dichiarato al Guardian che il governo cinese “è intervenuto in modo frammentario. Non c’è stato uno sforzo costante. Sembra che non sappiano cosa devono fare”.

Finora nessun commento sui media cinesi. L’agenzia Nuova Cina si limita a registrare le notizie negative. Voci diffuse sui social media affermano che ai direttori dei giornali sarebbe stato ordinato di non usare toni catastrofici, evitando termini come “crisi” e “disastro”. Tutti i commentatori citano il crollo della produzione manifatturiera indicato da dati diffusi venerdì scorso.

Non si tratta dell’unica variabile che alimenta la “tempesta perfetta” estiva che parte dalla Cina:

Pil – Per anni il Pil dell’ex Cina Popolare ha corso a due cifre finché quest’anno si è fermato a un +7%. Ma gli analisti sospettano che il dato dell’ufficio nazionale di Statistica non sia corretto e i cinesi nascondano la verità sul reale stato di salute della loro economia. A confermare i sospetti, all’inizio di agosto l’indice manifatturiero cinese (il China Manufacturing Purchasing Managers, pubblicato dalla rivista Caixin) è sceso a 47,1, ai minimi da due anni, un dato che conferma una contrazione dell’economia. Secondo l’agenzia Moody’s il rallentamento dell’economia cinese proseguirà con un Pil del 6,8% per quest’anno, un 6,5% per il 2016 e un 6% atteso per fine decennio.

Svalutazione yuan – Per sostenere l’economia il governo cinese è intervenuto con una mossa classica: svalutare la moneta nazionale per spingere i prodotti cinesi sui mercati esteri. Di fatto, nel giro di poco tempo e con una certa sorpresa, la Banca Centrale Cinese ha svalutato per tre volte lo yuan mettendo in allarme i mercati mondiali. Ora la People’s Bank of China ha fissato la parità del cambio con il dollaro a 6,3975. Il rischio è che si apra una guerra delle valute.

Incertezza dei tassi Usa – La decisione a sorpresa della Banca Centrale Europea sullo yuan ha messo in stand-by la Fed da cui si aspettava per il prossimo mese un rialzo dei tassi e quindi un rafforzamento del dollaro. L’incertezza della Banca Centrale Americana crea nervosismo e condiziona le decisioni della Bce che attendeva una mossa dalla Yellen per calibrare la sua politica monetaria.

Petrolio ai minimi – Il prezzo del petrolio sta affondando. Oggi è arrivato ai livelli più bassi dal 2009. Dopo il crollo di venerdì a New York, l’oro nero è sceso sotto i 40 dollari al barile. Il tonfo si è replicato questa mattina a Londra con il Brent sceso sotto i 45 dollari al barile per la prima volta al 2009. A pesare è la scelta dell’Iran di aumentare la produzione di petrolio nonostante il surplus. La decisione di Teheran è determinata dalla volontà di mantenere le proprie quote di mercato. Con il petrolio stanno crollando anche i prezzi delle materie prime. Oro escluso, che con un valore di 1.158 dollari a oncia conferma nella tempesta il proprio ruolo di bene rifugio, isola esentasse di tutti i Paperoni previdenti.

Grecia – Con il sì dell’Eurogruppo del terzo piano di salvataggio sembrava di essere usciti dal dramma greco. Le dimissioni di Tsipras e la necessità di formare un nuovo governo rischiano di rimettere un’altra volta tutto in discussione. Fiato sospeso sugli spread che finora hanno retto meglio delle borse. Secondo gli esperti la mossa di Tsipras potrebbe essere stata giusta e il giovane leader di Syriza può uscire rafforzato dalle nuove elezioni. Un solo obbligo: fare in fretta.

 

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