Cina, ci sarà o no un’apocalisse bancaria stile 2008? Quel che dovete sapere

E’ al centro di ogni discussione di geofinanza: è in arrivo o no in Cina una crisi bancaria a breve, con perdite su crediti inesigibili che alcune stime …

E’ al centro di ogni discussione di geofinanza: è in arrivo o no in Cina una crisi bancaria a breve, con perdite su crediti inesigibili che alcune stime indicano in 3.500 miliardi di dollari, il 30,4% del totale dei patrimoni netti delle banche cinesi, una cifra quattro volte più grande di quanto sofferto dalle banche statunitensi durante la crisi dei mutui subprime? Recenti rapporti, secondo cui in Cina ammonterebbero a 600 miliardi di dollari i crediti commerciali insoluti, cifra record dal 1990, hanno aggravato tali timori.

Per comprendere se questo scenario catastrofista è concreto, il settimanale americano Barron’s ha analizzato l’esposizione al rischio delle banche cinesi. Scoprendo che la gran parte di essa non deriva dai finanziamenti concessi alle imprese statali o alle famiglie: i primi godono di garanzia implicita del governo e i secondi non presentano problemi.

Il rischio di credito più elevato risiede nei prestiti al settore delle imprese e alle istituzioni finanziarie non-depositarie (NDFI). Queste ultime includono le società di investimento, quelle di intermediazione, le società fiduciarie, le società di finanziamento al consumo di leasing finanziario e le società di prestito private. Esse non godono dello stesso livello di garanzia implicita delle aziende di Stato e delle banche, e non sono regolamentate correttamente.

Secondo i dati bancari e ufficiali, i prestiti a imprese non statali e NDFI sono pari a 79.400 miliardi di renminbi nel 2015, l’84,5% del totale degli impieghi. Barron’s ipotizza due scenari negativi, uno con un 10% e l’altro con il 15% di questi crediti che non tornano più indietro. Gli accantonamenti sui crediti provenienti dal sistema bancario lo scorso anno sono stati pari a 2.300 miliardi di yuan. L’esperienza mostra che le banche cinesi hanno un tasso medio di recupero dei crediti inesigibili del 20%. Assumendo che tutti gli accantonamenti siano utilizzati per coprire le perdite al netto del tasso di recupero dei crediti inesigibili per il futuro, la perdita netta potenziale per il sistema bancario sarebbe pari a 4.000 miliardi e 7200 miliardi di yuan, rispettivamente nel primo e secondo scenario.

Le banche cinesi nel 2015 hanno avuto un capitale complessivo di 13.100 miliardi di yuan. Quindi, nei due scenari descritti in precedenza, le perdite stimate potrebbero spazzare via dal 31% al 55% del capitale netto aggregato. Dunque la Cina si troverà presto di fronte a una crisi bancaria e valutaria? Tutto dipende dal comportamento dei creditori. In un mercato aperto e maturo, i creditori perderebbero fiducia nei debitori e chiederebbero subito indietro i soldi. Il sistema bancario crollerebbe, schiacciando l’economia e il tasso di cambio.

Tuttavia, i creditori in Cina sono le famiglie, che sono in ultima analisi sostenute dalle politiche di garanzia implicita del governo. Quindi non vi è ancora alcuna perdita di fiducia del pubblico. Questo significa anche che la probabilità di corsa agli sportelli è molto bassa. Nel frattempo, le restrizioni valutarie aiutano a bloccare la liquidità interna, fornendo un freno di emergenza all’intero sistema bancario. Anche se il governo centrale sta chiedendo di ripulire il mercato di tutte le aziende zombie, lo fa chiedendo contemporaneamente alle banche di non creare alcuna instabilità finanziaria, cioè di non chiudere bruscamente i rubinetti del credito. Certo, questa politica non risolverà il problema del debito e della cattiva allocazione del capitale. Ma significa che la Cina potrebbe evitare un’implosione finanziaria che molti analisti hanno previsto.

Fino a quando non vi sarà perdita di fiducia del pubblico e i creditori non chiederanno indietro soldi alle banche e alle NDFI, le quali a loro volta non taglieranno i finanziamenti alle aziende zombie, non ci sarà una crisi finanziaria o una fuga di capitali dalla Cina o un crollo del tasso di cambio del renminbi. Al momento non ci sono segnali di fuga di capitali, altrimenti sarebbe emerso un impoverimento significativo del livello dei depositi bancari. Le recenti perdite di riserve valutarie della Cina sono in gran parte derivanti da rimborsi di prestiti esteri effettuati da aziende cinesi e da deflussi di portafoglio.

Tutto ciò ha però un effetto collaterale: le aziende zombie non sono forzate a uscire allo scoperto per ristrutturarsi o essere spazzate via, nonostante l’impegno di Pechino a migliorare l’efficienza aziendale. Il che a sua volta si tradurrà in un processo più lento che produrrà mediocre crescita economica e mediocre crescita della produttività nel medio termine. Questo significa però che scommettere sullo scenario Armageddon in Cina non è una grande idea.

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1 commento

  1.   

     Forse bisognerebbe incominciare a preoccuparci di questo:
    La Cina invoca il temuto patto di difesa russo, ordini di attacco a West Coast USA
    http://sadefenza.blogspot.it/2016/04/la-cina-invoca-il-temuto-patto-di.html