Terremoto, il governo lancia “Casa Italia”. Ma nessuna certezza su risorse, tempi e trasparenza

Si chiama “Casa Italia” il progetto lanciato dal governo per la ricostruzione post sisma del 24 agosto scorso. E rischia di essere la nuova Salerno-Reggio Calabria. Matteo Renzi …

Si chiama “Casa Italia” il progetto lanciato dal governo per la ricostruzione post sisma del 24 agosto scorso. E rischia di essere la nuova Salerno-Reggio Calabria.

Matteo Renzi ha chiamato tutte le parti sociali in causa a Palazzo Chigi per un ampio, ma molto veloce, giro di ricognizione per capire chi ci sta e chi no a dare una mano. Martedì 6 settembre, nell’ordine, sono sfilati a Piazza Colonna (e soprattutto nella sala stampa) i rappresentati delle istituzioni (Comuni con l’Anci, la Conferenza delle Regioni, l’Unione delle Province italiane), poi i rappresentanti delle organizzazioni professionali (architetti, ingegneri, geologi, vulcanologi, urbanisti), delle organizzazioni imprenditoriali (tra cui Confindustria, Confedilizia, Rete Imprese, Assoimmobiliare) e infine ambientalisti e tutte e 4 le principali sigle sindacali (Cgil, Cisl, Uil e Ugl). Risultato? Qualche chiacchiera in politichese, un piano generico presentato praticamente a voce (stavolta niente slide) e non una sola parola su risorse e tempi di realizzazione del progetto.

casa italia

Il tutto è confermato dalle vive voci dei partecipanti alle varie fasi delle “consultazioni” del governo. Gli imprenditori chiedono a gran voce di avere sgravi fiscali e incentivi, promettendo di avere idee giuste da “regalare” al Paese, a patto però che i controlli ci siano ma non siano così “stringenti” e soprattutto che non debbano sobbarcarsi oneri molto costosi per coperture assicurative. Anche le istituzioni territoriali ci stanno, quasi senza porre condizioni, tanto è chiaro che ogni eventuale flusso di denaro o decisione da prendere dovrà necessariamente passare da loro. Per i sindacati, invece, sarebbe fondamentale andare oltre le parole e parlare di risorse e tempi di realizzazione.

Ecco, questo è il punto dolente. Perché il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, che sta coordinando i tavoli di lavoro, ha ammesso di non avere ancora chiaro quanto dovrà e potrà stanziare l’Esecutivo. Prima serve una ricognizione degli effettivi fabbisogni, visto che “Casa Italia” dovrebbe inghiottire in sé una cantierizzazione monstre non solo per le ricostruzioni dei territori colpiti dai vari terremoti (centro Italia, ma anche quel che resta per L’Aquila, Emilia Romagna, Friuli e Umbria), ma anche progetti ad ampio raggio come la banda larga, la messa in sicurezza dei luoghi ad altissimo rischio sismico e le infrastrutture per il trasporto dei cittadini e delle merci.

Un piano da svariati miliardi di euro, quindi, che non possono essere coperti solo da sgravi e incentivi fiscali ai privati, ma necessitano di soldi veri, freschi, cash, soprattutto fuori dal computo degli oneri previsti dal Patto di Stabilità voluto dall’Unione europea. Ma soprattutto serve chiarezza su chi e quanto deve contribuire: solo lo Stato centrale, o anche Regioni, Comuni, Province, Città metropolitane? E i privati possono fare la loro parte?

Di tutti questi “dettagli” – che poi alla fine sono la base del progetto – se ne riparlerà a partire da fine settembre. Così come il governo sarà costretto a chiarire quali regole saranno alla base di “Casa Italia”, ovvero il sistema di controlli per evitare che gli appalti siano presi di mira dalla criminalità organizzata o dalla speculazione. Se varranno le regole stabilite già per L’Aquila nel 2015, avremmo un pacchetto miliardario di bandi di gara a cui le aziende potrebbero partecipare presentando una semplice autocertificazione e non il classico e collaudato (anche se non sicuro al 100%) certificato antimafia.

Infine resta il nodo dei tempi da sciogliere. C’è chi ipotizza 10 anni, chi 20. Per il momento a Palazzo Chigi non se ne parla. “È troppo presto”, fanno sapere. Così non restano che supposizioni, che hanno un solo valore di riferimento, e nemmeno troppo rassicurante, cioè quello dichiarato dal neo commissario governativo alla ricostruzione, Vasco Errani, che ha parlato di almeno 7 mesi per costruire i Map (Moduli abitativi provvisori), le cosiddette “casette”, da assegnare a chi ha perso la propria durante il terremoto. E se per qualche migliaio di monolocali di legno ci vogliono all’incirca 30 settimane, per rifare l’Italia quanto ci vorrà?

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