Siria alle urne per rinnovare il Parlamento, ma la guerra non è ancora finita

Sono in corso da mercoledì 13 aprile in Siria le elezioni parlamentari che coinvolgeranno le provincie sotto il controllo del governo del presidente Bashar al Assad. Secondo quanto …

Sono in corso da mercoledì 13 aprile in Siria le elezioni parlamentari che coinvolgeranno le provincie sotto il controllo del governo del presidente Bashar al Assad. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa governativa “Sana”, è iniziato il silenzio elettorale e l’Alto comitato per le elezioni avrebbe completato i preparativi per i seggi in tutte le località che superano i 7mila abitanti nelle varie province del paese.

Il responsabile dell’Alto comitato per le elezioni, Hisham al Shaar, ha dichiarato nei giorni scorsi che verranno approntati ulteriori seggi per consentire di votare anche alla popolazione sfollata proveniente dalle provincie di Idlib, al Raqqa, Deir ez Zour e Aleppo. L’annuncio delle elezioni è stato dato dal presidente Assad pochi giorni prima del cessate il fuoco, iniziato il 27 febbraio. Il capo dello Stato ha emesso un decreto presidenziale volto a sancire l’organizzazione delle elezioni per il rinnovo dei 250 membri del Consiglio del popolo, i cui rappresentanti sono eletti ogni quattro anni.

I candidati che si sono presentati per questa tornata elettorale sono circa 12mila e per il presidente siriano rappresentano un numero “senza precedenti”, confermando che le elezioni sono tutt’altro che una finzione. A supervisionare il corretto andamento del voto vi sarà una delegazione del parlamento russo giunta nei giorni scorsi nel paese. Le elezioni parlamentari sono state confermate in febbraio dal presidente Assad nonostante le forti critiche da parte della Comunità internazionale secondo cui è impossibile e controproducente tenere votazioni mentre il paese è in guerra. Inoltre il voto giunge in contemporanea con l’avvio del secondo round dei colloqui intra-siriani mediati dalle Nazioni Unite a Ginevra a cui prendono parte rappresentanti del governo e dei movimenti dell’opposizione siriana.

In una conferenza stampa, Sergej Gavrilov, deputato della Duma e membro della delegazione russa incaricata di supervisionare il voto, ha sottolineato che “le elezioni confermeranno la continuità e legittimità del potere e contribuiranno ai preparativi per i colloqui di Ginevra”. Secondo il delegato russo, “le prossime elezioni parlamentari, nel corso della cui preparazione sono stati creati numerosi nuovi partiti, elimineranno il vuoto nella legislatura corrente e saranno la prova della continuità delle autorità legittime, offrendo un contributo significativo ai preparativi per il dialogo” intra-siriano.

Forti critiche alla decisione di Assad di tenere le votazioni parlamentari sono giunte sia dagli Stati Uniti che dalla Francia. Ieri il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Mark Toner, ha dichiarato in una conferenza stampa che le elezioni parlamentari siriani “non saranno né legittime, né rappresentative del popolo siriano”, date le circostanze di conflitto che il paese si trova ad affrontare. Secondo Toner, i colloqui di Ginevra rappresentano l’unica via in grado di tracciare una reale transizione politica in Siria. Il presidente francese aveva già espresso lo scorso 4 marzo la sua contrarietà durante una conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Angela Merkel a Parigi. “L’idea di tenere presto elezioni nei prossimi mesi, non è solo provocatoria, ma è anzitutto del tutto irrealistica”, aveva dichiarato Hollande.

Da parte sua la Coalizione nazionale siriana (Cns), il principale gruppo di opposizione filo-occidentale, i cui leader vivono in esilio ad Istanbul, ha invitato i siriani a boicottare le urne, sottolineando che la guerra civile in corso da cinque anni non potrà terminare “attraverso progetti unilaterali”, ma solo grazie ad una transizione politica negoziata che coinvolga tutta la popolazione. Per i leader del Cns le elezioni rappresentano solo un tentativo del presidente Assad di riguadagnare la “legittimità politica che non ha” di fronte alla Comunità internazionale.

Questa è la terza volta che la popolazione viene chiamata alle urne dall’inizio delle rivolte nel 2011 in seguito trasformatesi in una vera e propria guerra civile. Nel 2012, il paese ha tenuto le prime elezioni parlamentari dalla salita al potere del partito Baath nel 1972. I siriani sono stati chiamati alle urne una seconda volte nel 2014 per le elezioni presidenziali, che hanno confermato al potere il presidente Bashar al Assad. In entrambe le occasioni la Comunità internazionale ha definito le votazioni illegittime, dato che nonostante le aperture annunciate dal governo, tutti candidati sono stati vagliati accuratamente da una commissione interna all’attuale leadership.

Secondo l’attuale legge elettorale, circa metà dei 250 seggi è destinata a candidati indipendenti senza alcuna affiliazione politica, scelti fra i comitati di contadini e operai. Tuttavia, gran parte dei comitati è controllata da personalità collegate al partito di governo Baath. I restanti 125 candidati sono votati nelle varie liste di partito. Nel 2012 la maggior parte dei 250 parlamentari eletti erano sostenitori Assad. In quelle votazioni i membri del partito Baath e le formazioni alleate avevano vinto 168 seggi, mentre l’opposizione aveva ottenuto solamente sei seggi.

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