Pensioni, sulla flessibilità ancora troppe parole ma pochi fatti

Tra coperture ponte (mancanti) e interventi non strutturali, nelle previsioni di Palazzo Chigi per il 2017 e 2018 non ci sono misure concrete. Le proposte di Boeri (Inps) …

Tra coperture ponte (mancanti) e interventi non strutturali, nelle previsioni di Palazzo Chigi per il 2017 e 2018 non ci sono misure concrete. Le proposte di Boeri (Inps) bocciate dalla task force di Renzi.

Gli ultimi interventi per rendere più flessibile il pensionamento anticipato sono stati adottati con la Stabilità 2016 e per il governo questa rimane la legge utilizzabile per eventuali nuovi correttivi. Ma esiste anche un’opzione anticipo rispetto alla “deadline” del prossimo mese di ottobre (si veda Il Sole24Ore del 31 marzo) e su questa stanno studiando i tecnici di palazzo Chigi (il pool di esperti guidato dal sottosegretario Tommaso Nannicini), in stretto contatto con i colleghi del Lavoro e dell’Economia.

L’intervento infra-annuale sulle pensioni prenderebbe corpo solo se le coperture economiche per la maggior spesa innescata venissero garantite senza impatti sui saldi di finanza pubblica. Esercizio non facile, naturalmente, e che potrebbe passare per un coinvolgimento del sistema creditizio e dell’Inps se non, anche, dell’intero comparto della previdenza integrativa. Trovata questa sorta di “copertura ponte”, la nuova flessibilità potrebbe arrivare da un mix di interventi non ancora strutturali. Il primo: una nuova estensione della cosiddetta Opzione donna, vale a dire il regime sperimentale nato nel 2004 e appena rilanciato (consente alle lavoratrici dipendenti l’uscita anticipata con 57 anni e 35 di contributi ma con ricalcolo contributivo della pensione). Il secondo: un prestito pensionistico riconfigurato. Questo secondo modello è analizzato anche con un occhio all’attuazione dell’altra agevolazione varata con la Stabilità 2016 e che consente ai dipendenti del settore privato con contratto standard e maturazione del requisito di vecchiaia entro il 2018 di optare per un part-time con l’intesa che l’azienda versi al lavoratore i contributi che sarebbero stati a suo carico in caso di full time e con un’aggiuntiva contribuzione figurativa computata sulla prestazione non effettuata.

Soluzioni più strutturali che riguardino i requisiti di età o contributivi partendo dai disegni di legge presentati in Parlamento o dalla proposta avanzata dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, accomunate dalla formula dell’anticipo con penalizzazione (2-3% l’anno rispetto alla vecchiaia) restano naturalmente in campo. Così come altri interventi di “semplificazione” dei meccanismi di uscita con ricongiunzioni non onerose. Ma con tutti i problemi di copertura finanziaria che, anche se si scegliesse la strada della legge di Bilancio 2017, (da quest’anno non si chiamerà più legge di Stabilità) dovrebbero prima essere risolti in sede europea. Bruxelles guarda con attenzione massima la traiettoria della nostra spesa pensionistica che, come ha ricordato ancora nei giorni scorsi la Corte dei conti, è stata messa sotto controllo dalle riforma degli ultimi anni, senza le quali oggi sarebbe più elevata di circa 30 miliardi l’anno (quasi due punti di Pil).

Dal 2017 avrebbe dovuto essere ripristinato il meccanismo di indicizzazione delle pensioni all’inflazione in vigore prima delle ultime strette decise per tagliare la spesa (ossia perequazione al 100% degli assegni fino a tre volte il minimo, del 90% per quelli tra tre e cinque volte il minimo e del 75% per quelle oltre le cinque volte). Ma il governo ha deciso di prorogare il regime provvisorio (e più penalizzante per gli assegni elevati) su cinque scaglioni di reddito in vigore nel 2015 fino a tutto il 2018. I sindacati hanno annunciato nuove mobilitazioni anche su questo fronte e sarà da vedere se in legge di Bilancio si deciderà di intervenire. Vale ricordare che il 1° gennaio di quest’anno, a fronte di un indice Istat negativo sui prezzi del 2015 non è stata riconosciuta alcuna rivalutazione degli assegni. In Stabilità, per evitare rivalutazioni negative determinate dalla deflazione, è stato confermato l’aggancio delle pensioni all’inflazione base del 2014 senza tagli sul 2015, con un conguaglio previsto, appunto nel 2017.

di Davide Colombo

Fonte: Il Sole 24 Ore

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2 commenti

  1.   

    Perché Boeri nasconde le pensioni pubbliche
    Maurizio Blondet
     
    http://www.maurizioblondet.it/perche-boeri-nasconde-le-pensioni-pubbliche/
     
    Il fotogenico presidente dell’Inps è tornato a suonare il suo ritornello: chiedere un contributo di solidarietà alle pensioni più alte. Quelle private, s’intende. Quelle pubbliche, mai. Boeri ci ha rivelato l’ultimo scandaloso privilegio che i conti Inps alimentano: 475 mila italiani  percepiscono la pensione da 36 anni. A questi – che hanno il torto di essere ancora vivi – Boeri pensa di chiedere “un contributo di solidarietà” – però, leggo dalla stampa, “escluse le baby pensioni degli statali”.
     
     
    Boeri esenta dal contributo di solidarietà gli statali che prendono la pensione non da 36,   bensì  da 43 anni.  Sono statali quasi tutti:  425 mila.  A loro la legge Rumor del ’73 consentì di andare in pensione dopo 14 anni 6 mesi un giorno se donne sposate,  20 anni, dopo  25 i dipendenti degli enti locali.   Vent’anni di ”lavoro”,  e quarantatré di  ozio pagato,  senza contare il secondo lavoro (magari nero) che probabilmente hanno fatto per ammazzare il tempo, sottraendolo ad altri.  “Ci sono 16.953 fortunatissimi baby pensionati che si sono ritirati a 35 anni e che restano in pensione quasi 54 anni”.
     
     
    Quanto è la loro pensione?
     
     
    Prendono, in media, 1500 euro mensili.  Un regalo totale  in confronto ai contributi versati (o non versati affatto, da parte dello Stato loro datore di lavoro):  in pratica, ricevono soldi senza copertura, pagati da noi.  Quanti? noi contribuenti versiamo a questi ex pubblici 7,43 miliardi  ogni anno.
     
     
    Tanto ci costano: una mezza finanziaria annua. Oltre il 5% della spesa Inps per pensioni serve a coprire l’esborso per i baby pensionati.
     
     
    Secondo Confartigianato, i baby-pensionati pubblici (8 su 10) e privati (2 su 10)  costano allo Stato “ circa 163,5 miliardi, una «tassa» di 6630 euro a carico di ogni lavoratore”  pagante.   Il conto è presto fatto: siccome baby-pensionati ricevono la pensione per quasi 16 anni in più del pensionato medio Inps,  la maggior spesa pubblica  cumulata per  gli anni di pensione  eccedenti la media arriva già a 148,6 miliardi; poi si devono aggiungere i mancati introiti per contributi non versati dai baby-pnsionati del privato, e fanno  altri 14,8 miliardi di euro.  Così si arriva a 163,5 miliardi. Si tenga presente  – per avere un dato di confronto –   che la spesa complessiva annua per le pensioni è di 195 miliardi.
     
     
    E non ci sono fra gli statali i pensionati minimi a meno di 500 euro mensili
     
    Eppure  Boeri ha preso cura di precisare che dai suoi progetti di tagli (contributi di solidarietà) “sono esclusi i baby-pensionati statali”. Perché? Potete immaginare il motivo: quelli sono una categoria potente, pericolosa e privilegiata. Appartengono  all’Oligarchia Parassitaria e Inadempiente, intoccabile. Quella i cui stipendi aumentano anche quando  quelli privati sono tagliati; che noi contribuenti dobbiamo pagare sempre più anche in………………………………
    ……………………
    ecc…

  2.   

    Il falso problema dell’invecchiamento della popolazione
     
    http://www.hescaton.com/wordpress/il-falso-problema-dellinvecchiamento-della-popolazione/
     
    Da più parti, tra blogger, economisti, commentatori e anche comuni cittadini è abbastanza diffusa e condivisa la tesi dell’insostenibilità del sistema pensionistico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e quindi da più parti si ipotizzano e spesso si concretizzano ricette più o meno condivisibili, come innalzare continuamente l’età pensionabile, ridurre le pensioni, altri come la Boldrini aprono a massicce migrazioni di immigrati per arrivare in futuro a 66 milioni (poi mi chiedo perché dovremmo arrivare per forza a quella cifra), altri ancora chiedono politiche favorevoli all’incremento demografico e si spingono ad ipotizzare un’Italia con 100 milioni di anime (vorrei ricordare che l’Italia ha già una densità della popolazione superiore alla Cina ad esempio).
     
    In questa sede però non voglio criticare chi afferma che il decremento demografico renda insostenibile il sistema, perché hanno perfettamente ragione, dal punto di vista monetario e capitalista il sistema non sarà assolutamente sostenibile. E quindi veniamo a scoprire che il regime economico capitalista oltre a non funzionare nell’abbondanza come abbiamo visto nell’articolo………………………….
    …………..
    …ecc…