‘La Repubblica’ cambia direttore: dopo 20 anni lascia Mauro, arriva Calabresi

Ezio Mauro lascerà la direzione di Repubblica e al suo posto arriverà Mario Calabresi, direttore de La Stampa. Oggi Mauro ha annunciato il suo addio al quotidiano durante …

Ezio Mauro lascerà la direzione di Repubblica e al suo posto arriverà Mario Calabresi, direttore de La Stampa. Oggi Mauro ha annunciato il suo addio al quotidiano durante la riunione mattutina all’ultimo piano del palazzo di via Cristoforo Colombo a Roma che da qualche anno è la sede di Repubblica e di Repubblica.it. Il direttore del quotidiano del gruppo L’Espresso lascia dopo circa vent’anni dal momento in cui aveva preso il posto del fondatore Eugenio Scalfari (nella foto, a sinistra Calabresi, a destra Mauro).

Maurizio Molinari sarà il nuovo direttore de “La Stampa”. Molinari è attualmente corrispondente da Gerusalemme per il quotidiano torinese.

Ezio Mauro, 67 anni, era diventato direttore di Repubblica il 6 maggio 1996. Nato a Torino, proveniva dalla Stampa. Calabresi ha cominciato nel 1998 all’ANSA come cronista parlamentare, prima di essere assunto nella redazione politica di Repubblica. Figlio del commissario Luigi Calabresi assassinato nel 1972, nel 2000 era passato a La Stampa e aveva raccontato per il quotidiano torinese gli attentati dell’11 settembre. Poi il ritorno a Repubblica come caporedattore centrale vicario prima e corrispondente da New York poi.

Il padre di Mario Calabresi era commissario di polizia e addetto alla squadra politica della questura di Milano, fu compito a morte il 17 maggio 1972 davanti alla sua abitazione per mano d’un commando di due uomini con alcuni colpi di arma da fuoco.

Dopo un iter processuale particolarmente travagliato, solo nel 1997 giunse a una sentenza in Corte di Cassazione che condusse ad arresti e condanne definitive: questa individuò Ovidio Bompressi e Leonardo Marino (divenuto il “pentito” sulle cui parole si basò l’accusa) come esecutori materiali del delitto e Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri come mandanti e condannati per il reato di concorso morale in omicidio, ma senza l’aggravante del terrorismo. I quattro appartenevano all’epoca dei fatti al gruppo Lotta Continua, della quale Sofri e Pietrostefani erano stati fondatori. Erano avversari del commissario Calabresi da loro accusato della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, dopo la strage di Piazza Fontana.

 

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