Biden vs Trump, una rara analisi oggettiva (sulla politica economica)

Si tratta di due personalità completamente diverse con visioni opposte sul futuro dell'America e quindi con programmi completamente divergenti, ovviamente anche sulla politica economica,

di Alfonso Tuor

A nove mesi dalla scadenza elettorale è già in corso la campagna per le presidenziali negli Stati Uniti. Se si escludono eventuali decisioni giudiziarie o problemi di salute, ad affrontarsi per la seconda volta saranno Joe Biden e Donald Trump. Si tratta di due personalità completamente diverse con visioni opposte sul futuro del Paese e quindi con programmi completamente divergenti, ovviamente anche sulla politica economica, su cui vogliamo soffermarci.

La politica economica dell’amministrazione Biden ha rotto con la tradizione degli ultimi 40 anni. I suoi principi possono essere riassunti con due parole: fiducia nell’intervento statale e sfiducia sulla capacità di autoregolarsi dei mercati. La legislazione più significativa è stata il varo di una politica di reindustrializzazione del Paese incentrata su grandi sussidi a favore degli investimenti in tre settori principali: i semiconduttori (i famosi chip), le infrastrutture e le tecnologie verdi.

La bontà di questa scelta è stata l’immediata reazione sia di imprese americane sia soprattutto di imprese straniere che hanno già iniziato a costruire nuovi impianti industriali negli Stati Uniti. Ma vi è un problema: molti sussidi per i prossimi anni sono stati solo previsti e quindi per essere effettivamente concessi dovranno essere approvati dal Congresso grazie a leggi specifiche.

Questo spiega la parola d’ordine di Joe Biden, il quale sostiene che nei prossimi anni vuole completare il lavoro iniziato durante il primo mandato. Tra queste misure figurano anche una serie di provvedimenti per le famiglie che vanno dagli asili gratuiti al sostegno agli anziani. Complessivamente queste misure implicherebbero spese annue aggiuntive di circa 100 miliardi dollari ad un bilancio federale che l’anno scorso si è chiuso con un deficit pari al 7,5% del PIL.

Per ovviare a questo ulteriore «buco», Joe Biden propone un aumento delle tasse sulle società e sui ricchi, ossia sulle famiglie con reddito superiore ai 400 mila dollari. Ovviamente Donald Trump vuole invece rendere permanente la riduzione delle tasse da quando era alla Casa Bianca. E il problema del deficit è il problema principale per il futuro degli Stati Uniti.

Trump sperava che il taglio delle tasse e la deregolamentazione avrebbero favorito una forte crescita, ma in realtà la crescita è aumentata solo lievemente prima che esplodesse la pandemia. Il medesimo risultato sembra affliggere Biden. Ad esempio l’anno scorso la crescita è stata solo del 2,5% nonostante molti investimenti sussidiati dall’amministrazione siano già in fase di realizzazione. Che fare?

Questa è la grande domanda che deve affrontare il Paese che non può continuare a sostenersi grazie agli investimenti esteri che ovviano sia al suo deficit federale sia a quello commerciale e non può nemmeno sperare di poter continuare a reggersi con la stampa di moneta da parte della banca centrale e nemmeno l’aumento delle tasse proposto da Biden. Sulla politica commerciale Trump ventila la minaccia di dazi del 10% sulle importazioni, mentre Biden tace e finora non ha avviato nessuna trattativa di libero scambio, mentre sull’immigrazione Trump propone il rimpatrio degli immigrati illegali, proposta che galvanizza i suoi sostenitori ma che terrorizza alcuni settori dell’economia americana (agricoltori ecc.).

I sondaggi danno vincente Trump anche all’inizio di novembre. La sconfitta di Joe Biden non è affatto certa. Il motivo è semplice: le opinioni dei cittadini possono cambiare in questi mesi. Ancora più importante è tener presente che la scelta della maggioranza degli americani si basa sulla situazione economica. Ebbene, l’inflazione, che ha finora pesantemente penalizzato Biden, sta lentamente scendendo, i tassi di interesse dovrebbero calare, alleviando il costo delle ipoteche, e l’economia dovrebbe continuare a crescere. Quindi, Joe Biden ha ancora molte frecce al suo arco in questo scontro che genera forti passioni anche in Europa.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dal Corriere del Ticino, che ringraziamo

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1 commento

  1.   

    ALFONSO TUOR è da decenni uno dei migliori commentatori economici e finanziari. Indipendente e realista, e lo ricordo indicare tutti i dati che prevedevano il crollo del 2008, che io ho tenuto in alta considerazione. Beneficiandone molto. Del che lo ringrazio ancora.
    Complimenti per la scelta, che arricchisce molto il Sito.