Alert: se Merkel non salva Deutsche Bank, rischio sistemico globale (peggio di Lehman Brothers)

È inutile che Angela Merkel si rintani nel suo bunker giocando una disperata partita a scacchi, perché alla Cancelliera non rimane che una sola mossa: lanciare un salvagente …

È inutile che Angela Merkel si rintani nel suo bunker giocando una disperata partita a scacchi, perché alla Cancelliera non rimane che una sola mossa: lanciare un salvagente all’affogante Deutsche Bank.

Deve insomma metterla in salvo, così da produrre un effetto domino al contrario, cioè benefico, per scongiurare un disastro sistemico globale di proporzioni tali da far impallidire quello provocato nel 2008 da Lehman Brothers. Non solo: le banche italiane, sotto lo schiaffo tedesco del bail-in, sarebbero in grado di ricapitalizzarsi e riprendere fiato. Sono i poteri forti americani, i dominus dei mercati finanziari, a chiedere a Frau Angela di non perdere altro tempo. Più che con una dosata moral suasion, lo hanno fatto attraverso un editoriale duro come la pietra apparso ieri su Marketwatch, il portale del Wall Street Journal, e poi ripreso da Mf.

Un modo per svegliare Berlino, ancora nella fase della rimozione. O della negazione. «Non c’è alcun piano di salvataggio», assicurava ancora ieri il ministero delle Finanze, proprio lì dove Wolfgang Schaeuble pontifica abitualmente sulle disgrazie altrui. Sembra che i tedeschi debbano elaborare ancora il lutto di veder trattata la loro DB come una banca-zombie qualsiasi. La multa da 14 miliardi di dollari, inflitta dalle autorità Usa per le alchimie tossiche dei subprime, è però come un cappio sventolante. Non lo puoi ignorare. E la Merkel, ricorda l’editoriale, deve fare in fretta: se non trova un accomodamento, ovvero uno sconto sostanziale della sanzione prima che Barack Obama riconsegni le chiavi della Casa Bianca, è spacciata. Da Donald Trump non otterrebbe alcuna indulgenza e, probabilmente, neppure da Hillary Clinton. Ma il tempo stringe anche per motivi legati alla fiducia, requisito fondamentale per fare affari: «Una volta che gli investitori iniziano a mettere in dubbio la credibilità di una banca, allora il gioco è fatto, e non importa se il business dell’istituto di credito è sano o no», ammonisce Marketwatch.

E per quanto faccia finta di essere sano, il gruppo tedesco non lo è, schiacciato com’è tra un’esposizione-monstre con i derivati, il verdetto ancora sospeso per la manipolazione del tasso Euribor con probabile nuovo multone e una redditività che ne complica i bilanci. E la continua erosione della capitalizzazione in Borsa, ormai solo di poco sopra all’ammontare della sanzione Usa, ne è una plastica sintesi. Pesi difficilmente sostenibili che l’ad di DB, John Cryan, crede tuttavia di poter ancora sopportare: «Mai chiesti aiuti alla Merkel. Un aiuto pubblico non è un’opzione», visto che finora la banca «presenta pochi rischi sui bilancio e un livello di liquidità adeguato». Eppure. Giusto per far cassa, DB ha appena ceduto per poco più di un miliardo la sua filiale assicurativa britannica Abbey Life all’inglese Phoenix Life Holdings. E ancora. Finora abbottonatissimo sulla vicenda, perfino Mario Draghi ha spiattellato ieri al Bundestag la verità nuda e cruda: «Se una banca rappresenta un rischio sistemico per l’area euro non può essere a causa dei bassi tassi di interesse, ma per altre ragioni».

Con una situazione così allarmante, secondo Wall Street la Cancelliera deve dire «chiaro e tondo» che il governo tedesco è pronto a sostenere l’istituto «se necessario». Fino all’extrema ratio: entrare nel suo capitale «come fece la Gran Bretagna nel 2008 con i Lloyds». Salvare Deutsche anche per mettere in sicurezza l’intero sistema bancario europeo. E dar modo agli istituti italiani di uscire dalle forche caudine imposte da una Germania che vede solo i guai degli altri e chiude entrambi gli occhi sui suoi.

di Rodolfo Parietti

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Il Giornale, che ringraziamo

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Deutsche Bank non è un’altra Lehman per l’Europa, dice ministro finanze Austria

I problemi di Deutsche Bank non sono per l’Europa un’altra Lehman Brothers, secondo il ministro delle Finanze austriaco che ha parlato invece di una generale crisi di redditività per gli istituti di credito della regione.

In un’intervista a Reuters, Hans Joerg Schelling ha detto che “dopo la crisi finanziaria, non abbiamo lavorato abbastanza sulle questioni bancarie, ma sono assolutamente convinto che non abbiamo una crisi bancaria, piuttosto una crisi di redditività delle nostre banche”.

Deutsche Bank ha dimezzato il suo valore nel corso dell’anno sui timori che debba ricapitalizzarsi per far fronte al forte calo dei ricavi e a una serie di multe tra cui una in arrivo dagli Usa da 14 miliardi di dollari. E’ la cristallizzazione di timori che da tempo serpeggiano sulla salute di una parte del sistema bancario in Germania e in altri paesi come l’Italia, dove circa un terzo dei crediti hanno problemi.

Schelling ha spiegato che la questione di Deutsche Bank non sarà tema di discussione al prossimo incontro dei ministri delle finanze europeo, anche se ha ricordato che nessuno avrebbe pensato che il collasso di una banca di media taglia come Lehman avrebbe scatenato una valanga così catastrofica.

“Questo non dovrebbe più accadere perché abbiamo la direttiva bancaria, l’unione bancaria, un regolatore comune, il meccanismo di risoluzione, i depositi garantiti previsti dalla regole dell’Unione europea. Questo significa che abbiamo tutti gli strumenti in campo a livello europeo per stabilizzare i mercati finanziari”. (Reuters)

 

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