Censis: per l’80% degli italiani l’Italia è in declino

Il 73,8% ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che la sanità pubblica non riuscirà garantire prestazioni adeguate. Un italiano su 2 teme per i propri risparmi.

L’80% degli italiani considera l’Italia un Paese in declino e i giovani preferiscono andare all’estero. I primi segnali negativi sull’andamento dell’economia nazionale pesano sulle aspettative e inducono pessimismo negli italiani che temono soprattutto per i propri risparmi. Cresce il distacco degli italiani nei confronti del lavoro, mentre le paure si amplificano. È quanto emerge dal 57° rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese.

‘Il segno negativo davanti alla variazione del Pil nel 2° trimestre dell’anno (-0,4%) e poi la stagnazione dell’economia nel 3° trimestre certificano una nuova fase di incertezza, che peraltro ancora non incorpora l’ennesimo capitolo del conflitto in Medio Oriente. Molte delle attese di ripresa e rafforzamento del sistema produttivo italiano si sono riversate, in questi anni, sulle potenzialità del Pnrr, che secondo le stime raggiungerà alla fine del 2023 una percentuale di completamento effettivo pari al 50%, contro una previsione del 74% della spesa, si legge nel rapporto nel quale si precisa che tra il primo e il secondo trimestre di quest’anno si sono ridotti dell’1,7% gli investimenti fissi lordi (in particolare nelle costruzioni: -3,3%) e anche le esportazioni(-0,6%).

36mila giovani in fuga

L’80% degli italiani considera l’Italia un Paese in declino, mentre il 69% ritiene che globalizzazione abbia portato più danni che benefici e il50% pensa che il Paese non sarebbe in grado di difendersi militarmente nel caso in cui scoppiasse un nuovo conflitto mondiale (temuto dal 60% degli italiani). Secondo il rapporto, gli italiani sono sempre più ‘ripiegati’ su desideri minori, che non coincidono con la ‘conquista dell’agiatezza, ma con la ‘ricerca di uno spicchio di benessere quotidiano’.

Davanti a questo quadro, i più giovani preferiscono partire: nell’ultimo anno sono stati più di 36mila gli ‘expat’ tra i 18 e i 34anni che hanno preferito lasciare l’Italia per trasferirsi all’estero. Un italiano su 2 teme per i propri risparmi Il 48,5% degli italiani teme di vedere i propri risparmi diminuire rispetto al 2022, mentre due famiglie su tre prevedono che alla fine dell’anno i redditi familiari saranno uguali a quelli dell’anno precedente e soltanto il 44,1% pensa di riuscire a mantenere gli stessi livelli di risparmio dell’anno passato. Il 25,9% prevede un aumento della spesa per consumi, dovuta anche all’incremento dei prezzi.

La stretta monetaria della Bce pesa sulle richieste di mutui

Nel primo semestre 2023, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ‘si è osservato un aumento del 5,3% delle richieste di prestiti da parte delle famiglie per quanto riguarda i mutui, la riduzione del numero delle domande è pari al 22,4%’, si legge nel rapporto nel quale si sottolinea che il cambiamento nel quadro di riferimento del costo del denaro ha modificato il profilo di rischio di chi richiede un mutuo per l’acquisto della casa. L’indice di affidabilità delle famiglie a marzo di quest’anno era pari al 12,8% per il complesso delle famiglie, ma con una tendenza al ribasso rispetto a fine 2022 (13,6%) e a fine 2021 (14,8%).

Spese per la casa in aumento

In Italia sette famiglie su dieci (pari a 18,2 milioni) sono proprietarie della casa in cui vivono. Nelle regioni meridionali il 70,1%delle famiglie, in quelle centrali il 74,5%, al Nord il 69,7%, mette inevidenza il rapporto precisando che sono le caratteristiche anagrafiche a determinare una netta differenza tra i proprietari e gli affittuari. Tra le famiglie formate dai più giovani (under 35) soli o in coppia si registra la minore quota di proprietari. Complessivamente, il 72,5% degli italiani (42,7 milioni) vive in una casa di proprietà.

Aumentano le spese per la casa

Fatto 100 il valore delle spese riconducibili alla casa nel2019, a un primo lieve calo nell’anno dell’inizio della pandemia (97,8) è seguita nel 2021 una nuova crescita (100,6). Nel 2022 si rafforza l’aumento in termini reali delle spese per la casa, in particolare per quanto riguarda mobili, elettrodomestici e 6mmanutenzione (+4,8% rispetto atre anni prima).

Occupazione da record

La fase espansiva dell’occupazione, avviata già nel 2021, si è consolidata: sono 23,4 milioni gli occupati nel primo semestre di quest’anno, il dato più elevato di sempre. Il tasso di occupazione, spiega il Censis, raggiunge il 60%, aumentato di 2 punti percentuali tra il 2020 e il 2022, ma è ancora al di sotto del dato medio europeo (69,8%) di quasi 10 punti. Se si raggiungesse il dato medio europeo, ci sarebbero circa 3,6 milioni di occupati in più.

Rispetto ai primi tre mesi di quest’anno, si riducono le ore lavorate in tutti i settori produttivi: -3%nell’agricoltura, -1,1% nell’industria, -1,9% nelle costruzioni, -0,5% se si considera l’intera economia. Nel 2050 si stimano quasi 8 milioni di persone in meno in età lavorativa, una ‘scarsità’ di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore. Desta preoccupazione anche la tenuta del sistema di welfare: nel 2050 la spesa sanitaria pubblica sarebbe pari a 177 miliardi di euro, a fronte dei131 miliardi di oggi.

Cresce il distacco degli italiani nei confronti del lavoro come fattore identitario. Rientra in questo nuovo approccio, quindi, l’aumento delle dimissioni volontarie che nel 2019 si attestavano poco sopra le 800milaunitá mentre nel 2022 ha superato quota 1 milione, con un incremento significativo: +236mila ovvero +29,2%). Il tasso di ricollocazione, che indica il reimpiego entro tre mesi dalle dimissioni, è anch’esso cresciuto, passando dal 63,2% del 2019 al 66,9% del 2022. La motivazione principale che spinge le persone a cercare un nuovo lavoro è l’attesa di un guadagno maggiore (per il 36,2% degli occupati) e l’interesse per prospettive di carriera migliori (36,1%).

L’84% ha paura dei cambiamenti climatici

Dal rapporto emerge una società ad alto tasso di emotività dove aumentano le paure: da quella per i cambiamenti climatici a quella per una crisi sociale ed economica, dai timori per le guerre e gli attacchi terroristici fino all’avversione in aumento per gli ebrei. ‘Nell’ipertrofia emotiva in cui la società italiana si è inabissata, le argomentazioni ragionevoli possono essere capovolte da continue scosse emozionali. Tutto è emergenza: quindi, nessuna lo è veramente. Così trovano terreno fertile paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l’improbabile e il verosimile.

L’84% degli italiani è impaurito dal clima ‘impazzito’, il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza, per il73% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre o per effetto del cambiamento climatico, il 53,1% ha paura che il colossale debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato.

Il 59,9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale

Il ritorno della guerra, prosegue il rapporto, ‘ha suscitato nuovi allarmi: il 59,9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia, per il 59,2% il nostro Paese non è in grado di proteggersi da attacchi terroristici di stampo jihadista, il 49,9% è convinto che l’Italia non sarebbe capace di difendersi militarmente se aggredita da un Paese nemico, per il 38,2% nella società sta crescendo l’avversione verso gli ebrei. Il 73,8% degli italiani ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà garantire prestazioni adeguate.

(segnalato da Nakatomy, grazie)

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