Mare e nuove proiezioni di potenza

L'ultimo numero della rivista Geopolitica, curato da Tiberio Graziani e da Gino Lanzara, tratta dei rapporti internazionali di potenza tra la dimensione terrestre e quella marittima delle zone economiche esclusive (ZEE).

di Alberto Cossu – Vision & Global Trends – International Institute for Global Analyses

Il numero 2/2023 della rivista Geopolitica, curato da Tiberio Graziani e da Gino Lanzara, tratta del rapporto geopolitico tra la dimensione terrestre e quella marittima, delle zone economiche esclusive (ZEE) che definiscono il perimetro entro il quale uno Stato può esercitare la sua sovranità su un’area di mare antistante le proprie coste e quindi della proiezione di potenza. Si presentano anche i casi di diverse zone economiche ZES, considerate come motori di sviluppo economico in grado di attrarre investimenti e diventare fattore di proiezione esterna in quanto abilitano un paese a connettersi a linee di supply chain internazionali e al commercio internazionale.

L’articolo iniziale di Bordonaro (La potenza marittima e i suoi limiti: un punto di vista teorico) inquadra il dibattito teorico relativo alla questione del rapporto tra potere marittimo e terrestre, fornendo gli strumenti concettuali utili a interpretare i successivi articoli. Il potere marittimo – sostiene l’autore, che esamina una vasta letteratura in materia di origine anglossassone – rimane di cruciale importanza nell’odierno contesto internazionale, sul piano militare, commerciale e diplomatico. Esso appare però destinato a combinarsi variamente con il potere terrestre.

La questione-chiave per ogni potenza marittima è come tradurre il proprio controllo sul mare in influenza politica sul territorio. Le potenze marittime hanno un forte interesse a impedire i miglioramenti nello sfruttamento delle rotte terrestri che potrebbero unificare una potenza continentale e spostare il commercio lontano dal mare. Lo sviluppo di gasdotti, ferrovie e autostrade in tutta l’Eurasia negli ultimi decenni, visti dal punto di vista marittimo, sono tentativi di rendersi gradualmente indipendenti dall’influenza della potenza marittima e ridurne notevolmente la presa sul continente. Dalla letteratura internazionale si conclude che ci sono altri fattori che possono alterare l’equilibrio a favore dell’uno o dell’altro potere, per esempio le innovazioni tecnologiche che stanno avendo sempre più un peso crescente.

Quindi la chiave nel predominio geopolitico mondiale non risiede solo nel dominio del mare o, al contrario, della massa continentale, ma nell’avere vantaggi tecnologici rispetto ai rivali, oppure nel possedere un dispositivo diplomatico-strategico in grado di cooptare alleati e nel costruire relazioni strutturate e durature. Si potrebbe aggiungere che dipende anche da poteri soft quali per esempio le capacità strategico-organizzative di un paese relative alla gestione di diverse risorse hard e soft. La semplice supremazia marittima non porta necessariamente ad un’egemonia sui rivali che siano essi potenze marittime o terrestri. Inoltre, come afferma George Friedman in un articolo del 2019 su Geopolitical Futures il dominio del mare (command of the sea) sta passando dall’aria allo spazio, dopo essere transitato dal mare all’aria. In questi giorni l’annuncio che la Federazione Russa sarebbe in grado di attaccare i sistemi satellitari occidentali ha proposto con grande evidenza il problema.

In questo contesto Fabio Mini nell’articolo intitolato “Continenti e periferie in guerra” invita a tenere presente che non sono mai state convincenti le teorie geopolitiche che inneggiano al mare, così come non convincono quelle relative al “cuore continentale” inteso come sede del potere globale: tale metafora ha perduto molto del suo originario significato geografico. Il centro geografico e quello politico non sono più necessariamente coincidenti e la “posizione” nel mondo dipende dalla rete di connessioni e ai suoi molti “nodi”.

Le parole di Mini vanno in qualche modo a collidere, redendo vivace il dibattito sul Focus del volume, con la posizione di un altro autore Kelly che, invece, sostiene la teoria che gli USA siano il vero heartland (How Rimlands and Sea power connect. North American security to achieving a favorable Euroasian Balance of power). Mini afferma al proposito che la teoria di Kelly è poco convincente ed in modo particolare i parametri per questo cambiamento di polarità si basano infatti su osservazioni geografiche, considerate dominanti assolute della geopolitica, sugli spazi esclusivamente geografici, su presupposti paradossalmente ideologici (la geopolitica è a-ideologica mentre gli equilibri e le lotte di potere sono frutti del realismo dei “conservatori”) e da vere e proprie manipolazioni semantiche.

Tra queste ultime la più evidente riguarda la militarizzazione americana degli oceani che avrebbe la funzione di preservare il cuore del continente americano dalle caotiche periferie in frantumi di quello eurasiatico piuttosto che il contrario: la militarizzazione degli oceani è di fatto- sostiene Mini- la militarizzazione delle fasce costiere altrui e la causa principale della loro “frantumazione” e instabilità.

Mini si sofferma sul concetto strategico della Nato varato nel 2022 in piena guerra ucraina che impegna i membri della NATO a costruire una deterrenza convenzionale globale.  Prende così corpo l’idea di Mediterraneo infinito a cui si aggancia Lanzara (Il Mediterraneo: da mare delle civiltà a spazio illimitato) che lo descrive come uno spazio illimitato.

S’intravede la ricerca di una via di fuga dal Mediterraneo troppo piccolo, troppo affollato, troppo rissoso, troppo inconcludente, troppo poco redditizio per una industria cantieristica e di armamenti di alto profilo come quella italiana e troppo pieno di portaerei naturali.

Il volume è particolarmente ricco di articoli tanto che lo spazio che abbiamo a disposizione non consente di rappresentarli al lettore nella loro interezza. Pertanto, citeremo quelli che in qualche modo ne caratterizzano il focus del numero.

L’articolo di Fabio Caffio (La ZEE italiana: ambizioni geopolitiche e carenze regolamentari), esperto in materia di diritto marittimo, mette in evidenza le carenze della legislazione italiana riguardo alla ZEE ma soprattutto enfatizza come l’Italia è, sul mare, una Nazione restia a far valere le sue legittime ragioni, sia per una tendenza al compromesso che per una congenita mancanza di vocazione  marittima. La situazione delle ZEE del Mediterraneo orientale – in cui Grecia e Turchia sono particolarmente attive- rappresenta un esempio di particolare criticità per la presenza di ingenti risorse energetiche.

L’Italia sembra rinunciataria a far valere i propri interessi nazionali. Si configura pertanto uno scenario di frammentazione tale da far parlare alcuni analisti di “Mediterranei”. Si sconta in questo senso la carenza di coordinamento delle politiche degli stati che si affacciano nel bacino e l’assenza di un meccanismo come il processo di Barcellona ovvero Partenariato euro mediterraneo (1995), pensato dall’Unione Europea con leadership francese, in grado di comporre la crescente frammentazione.

L’autore evidenzia inoltre il vuoto normativo che caratterizza materie ormai diventate sensibili per la sicurezza nazionale come la protezione delle infrastrutture subacquee della ZEE quali cavi, condotte e installazioni artificiali nonché la ricerca scientifica sollecitando la necessità che il legislatore intervenga ad emanare norme apposite.

L’autore ne conclude che la ZEE sia stata sinora per l’Italia una faccenda gestita con poca lucidità e lungimiranza e che questo atteggiamento ha portato a definire una dimensione giuridica della ZEE in modo nebuloso e ricco di incertezze dovute ai numerosi rimandi a un complesso di norme che costringono a faticosi esercizi interpretativi.

Il caso della Greater Bay Area (GBA) cinese presentato da Danela Caruso (La Greater Bay Area cinese e la transizione verde. Un’idea di Hypercity come modello sostenibile) è di particolare interesse perché costituisce in qualche modo l’evoluzione di un “zona economica speciale” che si specializza sulla sostenibilità, integrando in una governance unitaria una vastissima area territoriale – definita Hypercity – in grado di catalizzare l’interesse di investitori che intendano operare in un ecosistema sostenibile, digitale, tecnologicamente evoluto ed integrato. In questo senso consentendo alla Cina una notevole proiezione esterna di potenza. L’Hypercity comprende Guangzhou, Shenzhen e Hong Kong, che è uno dei principali centri finanziari del mondo, Macao e un hinterland di varie città industriali. L’area in questione si estende per circa 56.000 chilometri quadrati con una popolazione di oltre 86 milioni di abitanti e un PIL di 1.668,8 miliardi di dollari nel 2020, in pratica il 6% della popolazione dell’intero Paese e l’11% di tutto suo PIL.

Come afferma l’autrice, il progetto rappresenta un contributo notevole allo sviluppo dell’economia globale e va inserito nel quadro di un programma che vede la Cina affermarsi progressivamente come modello tecnologico mondiale.

L’apertura della GBA non solo rafforzerà l’integrazione e lo sviluppo delle aree coinvolte, ma migliorerà anche la capacità complessiva della regione di attrarre risorse per l’innovazione, rafforzando la cooperazione concentrandosi sulla finanza e sull’utilizzo della tecnologia per migliorare il coordinamento normativo e l’interconnettività.

Insomma, l’Hypercity, ricomponendo una fascia costiera, rappresenta un esempio di come i territori possono diventare competitiv,i non solo integrandosi ma anche dotandosi di infrastrutture tecnologiche all’avanguardia e nel rispetto della sostenibilità che consentono al paese che la ospita, in questo caso la Cina, di giocare un ruolo di player globale.

Il caso della fascia costiera del Makran/Baluchestan (Terra incognita no more? La fascia costiera del Makran/Baluechestan fra dinamiche di influenza e questioni di sicurezza) come descrive Gianluca Pastori potrebbe essere annoverato tra quelli problematici che non hanno ancora prodotto una linea di sviluppo politico-economico stabile ed è piuttosto un territorio di conflitti tra gruppi differenti.

Makran, la regione costiera del Baluchistan pakistano, è un corridoio di transito cruciale che collega l’Oceano Indiano occidentale al retroterra asiatico. Tradizionalmente un’area povera e marginale, segnata da una profonda instabilità politica, la sua importanza è cresciuta costantemente negli anni. Dal tardo 2000, massicci investimenti hanno beneficiato la regione soprattutto nell’ambito del progetto China-Pakistan Economic Corridor (CPEC). Il porto marittimo di Gwadar, vicino al confine pakistano-iraniano, e l’autostrada costiera Makran tra Gwadar e Karachi sono i due principali simboli dell’impegno politico ed economico di Pechino nei confronti della regione. Tuttavia, nonostante il loro impatto economico e infrastrutturale, i problemi di Makran rimangono intatti. Eppure, l’area costituisce un punto strategico per Pechino, in quanto collegata con la ferrovia alla Cina consentirebbe a quest’ultima di creare un corridoio alternativo a quello dello stretto di Malacca che è un choke point vitale per il transito marittimo cinese controllato dall’India.

Infine, l’articolo sull’Artico di Marco Dordoni (Geopolitica dell’Artico o geopolitiche dell’Artico), qualora le vie marittime vengano rese completamente operative, evidenzia una minaccia per il traffico mediterraneo la cui centralità potrebbe essere insidiata. Ma come ricordano diverse ricerche, tra cui si può menzionare quella del SRM, ancora bisogna fare notevoli progressi per vedere una funzionalità operativa di una linea artica tale da poter mettere in crisi quella mediterranea.

In conclusione, il numero di Geopolitica mette in evidenza come l’emerge di nuove tecnologie anche dual use, delle reti digitali basate su infrastrutture di cavi sottomarini, delle telecomunicazioni spaziali e sostenibilità si stanno sempre più integrando con il dominio marittimo e terrestre come nel caso della Hypercity cinese. Pertanto, un moderno stato non può trascurare questi nuovi fattori di potenza se intende affermarsi nella competizione globale strategica ed economica.

Il volume e i numerosi articoli che vi sono contenuti ci fanno capire come nuove dimensioni di potenza devono integrarsi con quelle tradizionali del dominio terrestre e marittimo.

——————

Scheda

GEOPOLITICA – ISSN 2009-9193

VOL. XII – N. 2- 2023 – Luglio – Dicembre 2023, pagine 366, €30,00 Callive – Media&Books

LO SVILUPPO COSTIERO E LE ZONE ECONOMICHE ESCLUSIVE

NUMERO A CURA DI – Tiberio Graziani e Gino Lanzara

CON CONTRIBUTI DI: Federico Bordonaro, Fabio Caffio, Vittorio Capuzza, Daniela Caruso, Marco Centaro, Cristina Colombo, Alberto Cossu, Sasha Mauro De Giovanni, Marco Dordoni, Raimondo Fabbri, Dario Germani, Phil Kelly, Gino Lanzara, Michele Lippiello, Claudio Mancini, Matteo Marconi, Stefano Masini, Fabio Mini, Gianluca Pastori, Filippo Romeo, Giuseppe Romeo, Paolo Sellari, Damary Vilca-Vilca, Lorenzo Vita, Sirio Zolea

INDICE

FOCUS

La potenza marittima e i suoi limiti: un punto di vista teorico

FEDERICO BORDONARO

La Zee italiana: ambizioni geopolitiche e carenze regolamentari

FABIO CAFFIO

La Greater Bay Area cinese e la transizione verde

Un’idea di Hypercity come modello sostenibile

DANIELA CARUSO

Geopolitica dell’Artico o geopolitiche dell’Artico?

MARCO DORDONI

La strategia polacca nel Mar Baltico e nel cuore dell’Europa

RAIMONDO FABBRI

How Rimlands and Sea Power Connect North American Security to Achieving a Favorable Eurasian Balance-of-Power

PHIL KELLY

Il Mediterraneo: da mare delle civiltà a spazio illimitato

GINO LANZARA

Continenti e periferie in guerra

FABIO MINI

Terra incognita’ no more? La fascia costiera del Makran/Baluchestan fra dinamiche di influenza e questioni di sicurezza

GIANLUCA PASTORI

ZES vista mare. Geopolitica e geoeconomia del Mediterraneo prossimo e dell’Europa Ulteriore. Se la Calabria può fare la differenza

GIUSEPPE ROMEO

Challenges and conflicts in the implementation of conservation in the Exclusive Economic Zone between Chile and Peru after the Hague Judgment.

DAMARY VILCA-VILCA

Le partite del Mar Rosso

LORENZO VITA

 

ORIZZONTI

La lingua italiana nel diritto amministrativo internazionale e interno. Questioni relative alla tutela legale della lingua parlata come bene culturale immateriale

VITTORIO CAPUZZA

Il fenomeno del terrorismo. Il caso di Sendero Luminoso

CRISTINA COLOMBO E MICHELE LIPPIELLO

Geopolitica e Geoeconomia, il doppio potere: l’euro-mondialismo finanziario del Lussemburgo

SASHA M. DE GIOVANNI

La formazione intellettuale di Henry Kisinger tra Spengler e Toynbee. La storia come intuizione e teleologia

CLAUDIO MANCINI

Italian sounding: la pirateria commerciale ostacolo allo sviluppo dell’agroalimentare

STEFANO MASINI

Non militarizzazione e non appropriazione dello Spazio: un’analisi alla luce degli Artemis Accords

SIRIO ZOLEA E DARIO GERMANI

COMMENTI E DIBATTITI

Domenico Alberto Azuni e la neutralità marittima

ALBERTO COSSU

Appunti per una geopolitica del subacqueo

MATTEO MARCONI E PAOLO SELLARI

RECENSIONI

Saggi scelti. Dai nuovi heartland alle guerre dell’acqua – Phil Kelly. Callive Edizioni, 2023

FILIPPO ROMEO

 

Questo articolo è stato originariamente pubblicato da AnalisiDifesa, che ringraziamo

Tag

Partecipa alla discussione