A Washington gigantesca scritta Black Lives Matter vicino alla Casa Bianca

Trump rimane asserragliato in una White House sempre più blindata, sul perimetro esterno sono state erette recinzioni in metallo in stile muro. Enormi tensioni con il Pentagono, che si dissocia.

(WSC) WASHINGTON – La città di Washington ha terminato venerdì quasi una settimana di manifestazioni contro la brutalità della polizia dipingendo le parole Black Lives Matter in enormi lettere gialle luminose sulla strada che conduce alla Casa Bianca, una dimostrazione molto visibile di come l’amministrazione locale della capitale abbracci in pieno l’ondata di proteste, il che mette la città dove hanno sede tutti gli uffici pubblici degli Stati Uniti ulteriormente in contrasto con il presidente Donald Trump.

Il sindaco Muriel Bowser ha affermato che la gigantesca scritta, dipinta sull’asfalto da operai cittadini e da artisti locali, si estende su due isolati e ha lo scopo di inviare un messaggio di sostegno e solidarietà agli americani indignati per l’uccisione di George Floyd da parte della polizia a Minneapolis.

Trump intanto rimane asserragliato in una Casa Bianca sempre più blindata, sul perimetro esterno sono state erette recinzioni in metallo in stile muro, su cui i manifestanti appendono cartelli. Non era mai successo nella storia americana.

Donald Trump voleva il dispiegamento di 10 mila soldati per le strade di Washington e di altre città americane per spegnere le proteste. Il presidente Usa avrebbe avanzato la richiesta in un meeting alla Casa Bianca lunedì, ma questa sarebbe stata respinta dal segretario alla Difesa, Mark Esper, e dal capo di Stato maggiore delle Forze armate americane, Mark Milley. Lo riportano diversi media Usa, citando fonti del Pentagono.

Esper alla fine mise a disposizione circa 1.600 militari nella regione di Washington pronti a supportare i 5.000 uomini della Guarda nazionale. Ma giovedì sera quei 1.600 sono stati richiamati.

Milley, nel corso di un confronto molto teso con Trump, avrebbe quindi contestato la legalità di un eventuale decreto del presidente per mobilitare le truppe e avrebbe effettuato una serie di chiamate al Congresso per allertare sulle richieste di Trump, compresa una telefonata alla speaker Pelosi e un’altra al leader dei senatori democratici Schumer.

Il Pentagono dice no al presidente

Il segretario alla Difesa, Mark Esper, qualche giorno fa ha colto alla sprovvista la Casa Bianca rompendo formalmente con Trump durante una conferenza stampa in cui il capo del Pentagono ha affermato che non è affatto d’accordo con l’appello all’Insurrection Act, la legge del 1807 che consente al presidente di usare truppe di servizio attivo dell’esercito sul suolo americano.

Trump, dicono le voci di Washington, si è infuriato per il fatto che Esper ha addirittura letto da un foglio le sue osservazioni, dimostrando di non voler fare errori in modo da dire esattamente quel che voleva dire: il Pentagono dice no al presidente.

Infine l’ex segretario alla Difesa, il generale in pensione del Corpo dei Marines James Mattis, in un’intervista pubblicata da The Atlantic, è stato durissimo, descrivendo Trump come “un cattivo leader, divisivo e che sta facendo a pezzi l’America“.

“Ho visto svolgersi gli eventi di questa settimana, ero arrabbiato e sconvolto”, ha detto Mattis nella sua dichiarazione a The Atlantic. “Dobbiamo respingere e chiedere che siano ritenuti responsabili coloro, con una carica elettiva, che si fanno beffe della nostra Costituzione”.

E questa è una bellissima foto della scritta Black Lives Matter vista dallo spazio, da un satellite Maxar Technologies, fatta dipingere dalla sindaca di Washington, DC, Muriel Bowser a 16th Street NW, nei due block che portano alla White House, una inedita visibilissima e pesantissima accusa contro di colui che occupa, disdegnando la Costituzione americana e il Bill of Rights, l’ufficio della presidenza degli Stati Uniti.

Immagine

 

Tag

Partecipa alla discussione