di Giovanna Tatò
Sinistra, avevi un gioiello per le mani, un gioiello da cui imparare OGGI. Da trarre ad esempio nella sua struttura portante, da studiare e adattare ai tempi che cambiano producendo nuovo pensiero nelle scuole, nelle università, nel sindacato, nell’associazionismo, nei campi coltivati delle aziende agricole e nelle voci isolate disprezzate da tutti, da analizzare alla luce dei mass media che spingono i cervelli all’ammasso cercando solo il consenso, delle leggi che abbassano le difese immunitarie psicologiche e culturali di tutti e di ognuno.
E invece …. vi mettete a correre dietro a questo e a quello, in una piazza e in un campetto di calcio, afferrate brandelli di qua, sparate toppe di là, rincorrete i numeri: il 2% di qua e non badate alla puzza, il 10% di là, il 5% di sopra e non so cosa di sotto. Giorni e giorni a correre dietro ai sondaggi, senza un’elaborazione, senza un progetto, senza un futuro. E senza un passato.
Il vostro unico obiettivo è raggranellare quella percentuale che vi porti, non importa come, l’illusione di sfidare la maggioranza e basta, a dire in tv …. che cosa? Costruzioni ingegneristiche e battibecchi invece che visione programmatica, grande, alta, frutto di approfondimenti, di indignazione, di confronto con le multiformi esigenze sociali e culturali, inserita nel grande gioco geopolitico d’Occidente e d’Oriente che si sta svolgendo davanti a voi, che dica la propria e che possa conquistare il mondo. Ma che cos’è tutto questo saltabeccare che i nostri occhi vedono allibiti?!
Sinistra, avevi un gioiello per le mani
Un fatto grande da cui imparare, un uomo che osa vedere lontano spalleggiato dal suo migliore compagno di ideali, un progetto politico nazionale e internazionale che prende forma prima nelle loro menti – chi prima e chi dopo è da indagare – e poi nella forza combattiva e strutturata delle opere necessarie, una strategia politica di rinnovamento progressivo e profondo della società che parta dalle sue radici intime e non da quelle fronde che stormiscono ad ogni passar di vento, il tutto concertato a due e tenendo conto di uomini e circostanze: un duo unico, questo erano Berlinguer e Tatò, nei rispettivi ruoli e, nel silenzio della non ufficialità, fuori dai ruoli. Un’intesa che era una fucina, che non si è più ripetuta dopo e che non si era mai verificata prima, un incontro di menti e di passioni civili come non se ne vedevano neanche allora. E non se ne sono visti più.
Negli anni del “boom” economico e della contestazione delle piazze, fra mille fermenti si muoveva un pensiero politico-economico che spingeva per divenire realtà, pur con tutte le sue contraddizioni. Era pronto alla discussione: e la politica poteva farlo, quella Politica con la P maiuscola aveva gli strumenti e la dignità per farlo, allora. Occorreva solo l’audacia. E audacia fu.
L’obiettivo, pur con tutti i limiti storici che aveva in sé e che incontrò fuori di sè, era il bene comune attraverso l’abolizione dello sfruttamento endemico dei lavoratori con la collaborazione di tutte le espressioni politiche del tempo, principalmente quella cattolica, e il ridare speranza alla società, partire dal “basso” per trasformare un “alto” ricco di privilegi e di impunità legali, riequilibrare i poteri dei pochi a favore dei molti. E non era solo un progetto per il nostro Paese.
Quella visione politica andava oltre i nostri confini, cercava e proponeva rinnovamento anche nell’Europa capitalista e nei Paesi socialisti dell’Est. C’era dedizione, si diceva “dedizione alla causa”, c’era impegno senza concessioni facili agli andazzi generali di una collettività che oscillava fra nord “ricco” e sud “povero”, istituzioni in formazione e carrozzoni obsoleti, furbi e furbastri, piazze in attacco, massoni deviati e massoni “ortodossi”, attentati mortali e scandali finanziari, benessere raggiunto a macchia di leopardo, il tutto sotto i colpi gelati della Guerra Fredda e della “dottrina Truman”, dello sganciamento del dollaro dall’oro, dei carri armati a Praga. Quel progetto era un gioiello nelle vostre mani e lo avete buttato al vento.
Già è quasi la metà degli italiani che va a votare. Volete che si arrivi a un terzo?
Roma, le elezioni del 1976. Affluenza alle urne: 93,40%. Pci: oltre il 34%
Noi non vi seguiremo. Ne pagheremo le conseguenze, lo so: arriveranno leggi sovranazionali che bloccheranno la libertà di pensiero, di parola, di spostamento.
E dovremo ringraziare la vostra cecità per questo.
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