La politica italiana verso la Cina alla prova della quarantena

di Marco Marazzi - Bisogna sfatare la narrativa, di ambienti del mondo liberale e di destra, che l’invio di medici e materiale sanitario da Pechino sia un cavallo di troia per una colonizzazione occulta dell’Italia.

di Marco Marazzi

E’ faticoso parlare di politica estera nel mezzo un’emergenza sanitaria, alla soluzione della quale vanno indirizzati tutti i nostri sforzi. Ma è anche importante commentare due narrative opposte in merito ai nostri rapporti con la Cina apparse sulla stampa e sui social, che sono particolarmente attivi negli ultimi tempi.

La prima narrativa, di cui è imbarazzante anche solo parlare, dice che i “soccorsi” inviati in Italia sotto forma di medici e materiale sanitario urgentemente richiesto da un sistema sanitario sotto stress dimostrano che mentre la Cina ci tiene a noi e ci aiuta davvero, la solita “Europa matrigna” o perlomeno gli altri stati europei non fanno nulla per aiutarci, ma anzi ci ostacolano o ostracizzano.

Questa narrazione è presente soprattutto anche se non soltanto nei circoli vicini ai 5 Stelle e in quelli già predisposti naturalmente all’antieuropeismo, anche se non in tutti. Per esempio, FdI abbaia sia a Pechino che a Bruxelles, e ovviamente a Parigi e Berlino per non farsi mancare niente.

La seconda narrativa, proveniente da ambienti vicini al mondo liberale italiano, è che l’invio di medici e materiale sanitario (suppongo quello ufficiale) sia un cavallo di troia per una sorta di colonizzazione spinta dell’Italia da parte della Cina. Un tentativo di “assoggettamento”, partito dal Memorandum sulla BRI del marzo 2019 e di cui sarebbe complice un Movimento al governo pronto a vendere l’Italia mani e piedi al Dragone con complicità PD.

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Per alcuni, sarebbe addirittura il segnale che l’Italia è pronta ad adottare un modello politico ed economico simile a quello cinese. Il che significa quindi in soldoni che gli italiani sarebbero pronti ad avere: un sistema monopartitico senza elezioni vere, il controllo sulla stampa e i media, la censura online (anche dei siti “spinti”, per dire), niente Facebook e Twitter, la nomina politica dei giudici, ma anche un sistema pensionistico pubblico che prende il 4,7% del PIL (e non il 14%), l’accesso esclusivamente meritocratico alle università, la schedatura e una sanità in grande misura ancora a pagamento.

Da profondo conoscitore sia dei cinesi che degli italiani permettetemi di dubitare di entrambi le teorie. La prima la liquidiamo subito: a parte la situazione contingente (gli “aiuti” alla fine sono arrivati dall’Europa eccome), l’Italia fa parte da sempre storicamente, culturalmente e politicamente di questo continente e ha accesso ad un mercato unico europeo che ci consente di vendere, investire ed operare nel resto della UE senza dazi o restrizioni di sorta e così di muoversi liberamente alla ricerca di migliori opportunità di studio e lavoro.

Inoltre, l’appartenenza all’Eurozona sebbene ci obblighi a mantenere una certa disciplina di bilancio, peraltro opportuna, ci consente anche una tutela da shock economici e finanziari esterni. Il mercato cinese invece che pure è gigantesco è accessibile alle aziende italiane con più difficoltà, non tanto per i dazi che sono comunque bassi ma per la lontananza e per gli standard tecnici diversi e una preferenza per le aziende cinesi negli appalti pubblici; non esiste un “diritto di stabilimento” per aziende o professionisti italiani nel paese, in alcuni settori l’investimento straniero e quindi anche italiano non è consentito o limitato, i visti di lavoro sono centellinati, la valuta non è liberamente convertibile, etc.

Infine, l’Unione Europea e la BEI erogano fondi all’Italia per decine di miliardi ogni anno. Insomma, è facile capire che già solo dal punto di vista economico la Cina non può essere un sostituto dell’Unione Europea. Stiamo parlando di fantascienza pura.

La seconda narrazione però è altrettanto debole, per vari motivi:

1 Siamo proprio sicuri che alla Cina interessi strategicamente una Italia separata dalla UE? Dove l’azienda cinese che investe non può vendere ed operare nel resto d’ Europa? Se è così perché le aziende cinesi stanno lentamente spostando le sedi legali delle controllate dal Regno Unito al continente? “L’acqua lontana non muove le pale del mulino” diceva Mao.

2. Siamo sicuri che alla Cina interessi rompere definitivamente e pericolosamente con gli USA, con la Francia e la Germania, tre paesi con i quali ha relazioni molto più importanti e profonde, per “guadagnare” l’Italia, boccone direi pure un po’ indigesto?

3. Siamo certi che con le necessità impellenti (e vitali per il Partito) di rimettere in piedi l’economia cinese che costerà centinaia di miliardi il Dragone sia pronto ad investire massicciamente nei nostri titoli di debito pubblico come se non ci fosse un domani? Se è così perché non l’ha fatto quando aveva molte più risorse a disposizione? E infine

4. Siamo proprio sicuri che gli italiani sarebbero pronti ad adottare sic et simpliciter un sistema politico che, è dimostrato ormai ampiamente, si è sviluppato per specifiche ragioni storiche e culturali? Semmai un giorno gli italiani sceglieranno un sistema autoritario, sono convinto che questo sarà più vicino ad uno di tipo sudamericano.

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Forse faremmo meglio tutti a tornare alla realtà dei numeri e di un paese (la Cina) che nei prossimi mesi ed anni dovrà concentrarsi molto sui suoi problemi interni, e che anche se ha un mercato interno enorme ha bisogno comunque anche che il resto del mondo si rimetta in piedi, se no con chi commercia? Ma dobbiamo anche tenere conto che una parte della popolazione, e senz’altro i cinesi residenti in Italia, è sinceramente preoccupata per la piega presa da un’epidemia che ha avuto comunque il suo inizio “lì” e sinceramente desiderosa di aiutare. Perché non dovrebbero, specie poi quando è stata l’ambasciata italiana in Cina a sollecitare aiuti?

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Al governo cinese invece va chiesta in ogni occasione una cosa importante, che però è la stessa cosa che gli chiedono i suoi cittadini: più trasparenza su quello che accade nel paese, sempre e dovunque; se non altro perché ci riguarda tutti. Questo allineamento tra le richieste dei cittadini dell’ex Celeste Impero e le nostre potrebbe produrre effetti migliori nel lungo termine rispetto ad un “muro contro muro” che produrrebbe solo un arroccamento di posizioni senza uscita, con potenziali esiti devastanti.

Per il resto, la “strada” nei rapporti politici e commerciali con il Dragone non può che tracciarla la UE perché abbia una sua consistenza; lo sta facendo (soprattutto sotto impulso tedesco e francese) e non sembra che abbia intenzione di allinearsi alla guerra fredda di fatto avviata da Trump e che peggiorerà nella corsa alle elezioni visto che avrà ben pochi altri argomenti. Ma allo stesso tempo l’UE ha tutte le intenzioni di mantenere la schiena ben dritta, insistere sulla reciprocità e proteggere le nostre industrie strategiche, come fa la Cina d’altronde.

E infine, smettiamola di pensare che l’Italia abbia sempre bisogno di aiuto e che questo debba sempre per forza venire dall’esterno. Dobbiamo metterci in grado di essere noi ad aiutare noi stessi nei momenti del bisogno e magari poi aiutare gli altri; questa forse è la nostra priorità per il futuro ed il nostro vero interesse nazionale.

Fonte: BlitzQuotidiano

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