In attesa del Roosevelt europeo (mentre noi ci becchiamo Merkel, Draghi, Schäuble, Juncker)

Signori, quello che oggi denunciate è semplicemente quanto voi avete provocato, se non addirittura auspicato, in questi anni. L’ostinazione con cui continuate a imporre i provvedimenti Bce-Ue rasenta …

Signori, quello che oggi denunciate è semplicemente quanto voi avete provocato, se non addirittura auspicato, in questi anni. L’ostinazione con cui continuate a imporre i provvedimenti Bce-Ue rasenta ormai l’idiozia, oltre che la malafede.
La differenza di fondo tra il dopo-crisi del 2007 e quello del 1929 sta tutta nel fatto che a governarla oggi sono gli stessi che hanno provocato la crisi medesima, mentre dopo quella del ’29 a un certo punto si ebbe una discontinuità forte nella gestione della politica economica con l’avvento, nel 1933, di Franklin Delano Roosevelt alla Casa Bianca.
Il crollo di Wall Street del 24 ottobre del 1929 si verificò mentre era presidente il repubblicano Hoover, il quale credeva nelle doti salvifiche del mercato, che da solo avrebbe aggiustato tutto. Quando si rese conto che questi aggiustamenti non arrivavano cominciò a muoversi e a prendere qualche iniziativa. Ma i provvedimenti che assumeva erano sempre all’interno della logica che sorreggeva il suo credo politico economico: pareggio di bilancio e salvaguardia delle ragioni delle imprese e degli uomini d’affari.
Abbassò le tasse e aumentò i dazi doganali per rilanciare le imprese. La prima misura comportò ulteriori restrizioni nel bilancio pubblico dal lato della spesa e la seconda innescò un processo imitativo riparatore da parte degli altri paesi che alla fine provocò un crollo della domanda mondiale.
Un altro provvedimento che assunse, che potrebbe essere interpretato come rivolto nella direzione giusta, fu la convocazione delle parti sociali affinché i salari restassero immutati, ma questo fino a quando la deflazione non avesse ridotto i prezzi, perché poi si sarebbero potuti ridurre. Un simile provvedimento era solo in apparenza anticongiunturale, perché in realtà i salari avrebbero dovuto essere aumentati per ristabilire l’equilibrio tra domanda e offerta; infatti la sperequazione nella distribuzione dei redditi era stata la causa principale della crisi. In conclusione in piena deflazione si cercava di curare la crisi con altri provvedimenti deflattivi.
La convinzione erronea era che la crisi venisse dalla finanza e dalla moneta e, per quanto riguarda l’economia reale, che riguardasse il lato dell’offerta e non quello della domanda. In questo senso va pure visto l’invito patetico che formulò Hoover al sistema bancario per aumentare il credito (come fa oggi Draghi), misura inutile, se non dannosa, in presenza di un’insufficienza cronica della domanda.
Si cercava in pratica di far recuperare i livelli di profitto e di risparmio, quando invece l’eccesso degli uni e degli altri erano all’origine del crollo della domanda. In extremis, Hoover cercò di far deliberare dal Congresso, in contrasto con il suo stesso partito, uno stanziamento straordinario per gli investimenti, ma era ormai troppo tardi: alle elezioni del 1933 fu travolto dalla valanga di voti a favore del democratico Franklin Delano Roosevelt.
Questi aveva letto Keynes e, soprattutto, avevano letto molto bene l’economista di Cambridge i collaboratori che si scelse per il governo. Risolse che la crisi proveniva dal lato della domanda e quindi mise mano alla spesa pubblica, soprattutto a sostegno degli indigenti, che erano diventati numerosi, e a favore di opere pubbliche. Varò provvedimenti che agevolavano l’aumento dei salari e la riduzione dell’orario di lavoro, con l’invito ai consumatori a boicottare le imprese che non aderivano ai nuovi accordi sindacali (le imprese che vi aderivano dovevano esporre un’aquila blu per differenziarsi).
Con questi provvedimenti, che vanno sotto il nome di new deal, gli Usa e il mondo intero poterono uscire dalla più grave crisi del capitalismo. A conferma della cocciutaggine dell’altra parte politica vi è stato il tentativo di Hoover, una volta sconfitto, di offrire la propria collaborazione e i propri voti nel congresso al suo successore se avesse rinunciato a buona parte dei provvedimenti assunti. Roosevelt non rispose neanche.
La crisi attuale ha visto al potere prima e dopo, almeno in Europa, o meglio nell’eurozona, gli Hoover del XXI secolo: Merkel, Draghi, Schäuble, Juncker, e compagnia cantante. Costoro continuano ad assumere e a imporre misure dal lato dell’offerta che aggravano ulteriormente la crisi. Da ultima la stessa Francia prima di Hollande ora di Macron.
Secondo costoro il problema principale è la “competitività”, non l’insufficienza della domanda. Dobbiamo diventare tutti esportatori netti. Evidentemente pensano che quando ciò sarà avvenuto cominceremo a commerciare con altri pianeti, dato che sulla terra non ci saranno più importatori netti. L’ostinazione con cui continuano a imporre questi provvedimenti rasenta ormai l’idiozia, oltre che la malafede.
Anche alcuni Hoover attuali cercano in extremis di rifarsi l’immagine, come il solito Draghi il quale, dopo aver predicato che “l’austerità è espansiva”, oggi piange sulla generazione “lost” dei nostri giovani e sulla situazione economica precaria dell’eurozona. O come il governatore nostrano, Ignazio Visco, che si dice preoccupato per la clausola inserita in alcuni contratti aziendali di riduzione dei salari in caso di deflazione. Signori, quello che oggi denunciate è semplicemente quanto avete provocato, se non addirittura auspicato, voi in questi anni.
di Giovanni La Torre
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2 commenti

  1.   

     
    nerio
     
    Quando berlusconi diede del Kapò a Schulz
     
    https://www.youtube.com/watch?v=7Qqj_ynEzfE
     
     

    Originariamente inviato da nerio:

    E’ Junker il kapò?

     

  2.   

    E’ Junker il kapò?