“Il Cura Italia non basta, per famiglie e imprese serve il quadruplo dei soldi”

Secondo un gruppo di economisti la dimensione complessiva degli interventi necessari subito per salvare l'Italia sarà nell’ordine dei 5-10 punti di Pil.

(WSC) Roma – La crisi economica che s’intravvede nel futuro è senza precedenti. Le stime parlano di una caduta del Pil pari al 5% con un’economia in ripresa dalla fine di maggio con un successivo consolidamento. Ma oggi si fa fatica a disegnare un orizzonte certo e altre stime collocano la caduta del Pil oltre il 10%.

Di fronte a questo scenario quale dovrebbe essere la risposta italiana? Se lo sono chiesti in un articolo i senior fellow della Luiss School of European Political Economy Carlo Bastasin, Lorenzo Bini Smaghi, Marcello Messori, Stefano Micossi, Pier Carlo Padoan, Franco Passacantando e Gianni Toniolo. Per gli autori lo Stato dovrà mobilitare subito risorse tre o quattro volte maggiori rispetto a oggi per cercare di salvaguardare redditi, posti di lavoro e sopravvivenza delle imprese per tutto il periodo necessario a uscire dalla crisi portata dal coronavirus.

Il governo ha reagito con un primo decreto, il Cura Italia, che contiene misure per sostenere l’occupazione e il reddito di coloro che sono colpiti dalla crisi. «Ma la misura dell’impegno finanziario è insufficiente» scrivono gli autori. Confrontandoci con analoghe iniziative assunte negli altri Paesi siamo indietro, sia per quanto riguarda l’ammontare delle risorse sia per le procedure studiate per far arrivare queste risorse a famiglie e imprese.

Italia in drammatica crisi, chi conta solo sulla Bce è un folle

«Le nuove agenzie previste dal decreto – scrivono ancora gli autori – lasciano largamente scoperti i crediti in essere e la nuova finanza per tutte le imprese, mentre è del tutto insufficiente il previsto incremento del Fondo Centrale di garanzia per le piccole e medie imprese». Un tasto dolente, quest’ultimo, già prima dell’arrivo del contagio. A fronte di un impegno per le garanzie per le Pmi che rappresentava il 4,2% del nostro Pil, infatti, c’erano Paesi come la Germania che ne impegnavano il 10-15%. Una copertura più ampia non significa solo maggiore liquidità a imprese e partite Iva, ma mettere anche le banche nella posizione di distribuire questa liquidità. L’afflusso di risorse rese disponibili dalla Bce a tassi largamente negativi rischia infatti venire ostacolato da un sistema che, senza le necessarie garanzie, obbligherà le banche a ridurre il credito con la crescita dei rischi.

Scrivono gli autori: «E’ urgente raddoppiare lo stanziamento del Fondo Centrale di Garanzia e portare rapidamente la percentuale di credito alle imprese garantita dallo Stato al 90%. Il costo per la finanza pubblica – stimabile tra mezzo punto e un punto percentuale di Pil – vale sicuramente la candela. Un ulteriore intervento da migliorare è la sospensione degli adempimenti tributari e contributivi, oggi sottoposta a limiti dimensionali incomprensibili delle imprese».

Questo per il decreto attuale, ma non basta. Altri provvedimenti dovranno essere presi in futuro, così come annunciato dallo stesso governo. E allora ecco alcuni principi che questi provvedimenti dovrebbero seguire secondo il parere degli esperti.

In primo luogo prevedere investimenti che favoriscano la trasformazione delle attività nel caso in cui l’emergenza sanitaria dovesse prolungarsi fino all’adozione di vaccini o all’attenuazione del contagio. In secondo luogo individuare con maggiore precisione e trasparenza i settori da salvaguardare a cominciare da quelli di sviluppo dei presidi sanitari e di digitalizzazione delle reti di distribuzione. In questo senso una strada potrebbe essere quella di sostenere gli investimenti nell’innovazione. Infine sarà necessario iniziare a prefigurare sistemi di assicurazione sociali adeguati alle nuove condizioni dell’economia.

Secondo gli autori della Luiss la dimensione complessiva degli interventi necessari subito sarà nell’ordine dei 5-10 punti di Pil. L’annunciato acquisto di titoli pubblici da parte della Bce compenserà con larghezza il maggior disavanzo. Ma questo non esclude che si possano usare anche altri canali europei di sostegno finanziario: dal Fei, al Meccanismo europeo per la stabilità finanziaria alla Banca europea degli investimenti. Proprio attraverso il Mes l’Italia potrebbe utilizzare una linea di credito precauzionale “aumentata” dalla quale potrebbero arrivare fino a 2 punti percentuali di Pil. Con due considerazioni, però: la scadenza del credito del Mes appare troppo breve e le condizioni di politica economica per il prestito dovrebbero limitarsi al buon impiego delle risorse per fronteggiare l’emergenza sanitaria.

Solo adottando queste misure, aumentando la digitalizzazione del Paese, sostenendo la riconversione ambientale delle attività produttive e delle infrastrutture, si potrà fornire all’Italia una prospettiva di recupero della propria vita attiva.

Fonte: La Stampa
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