Si apre la crisi di governo. La strategia di Mattarella dopo le dimissioni di Renzi

Matteo Renzi si è dimesso, aprendo così la crisi di governo. Una crisi difficile, che si apre a due settimane dal Natale. La prima del settennato di Sergio …

Matteo Renzi si è dimesso, aprendo così la crisi di governo. Una crisi difficile, che si apre a due settimane dal Natale. La prima del settennato di Sergio Mattarella. Da giovedì, alle 18, partiranno le consultazioni con il presidente del Senato Pietro Grasso, la presidente della Camera Laura Boldrini e il presidente emerito Giorgio Napolitano.  Le consultazioni saranno chiuse sabato con Forza Italia, M5s e Pd.

Dopo la direzione del Pd, Renzi è salito al Colle ed ha lasciato il Palazzo del Quirinale dopo un colloquio di quasi tre quarti d’ora con il Capo dello Stato Sergio Mattarella.

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LA DICHIARAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE DEL QUIRINALE dopo l’incontro Renzi-Mattarella

L’intervento di Renzi alla direzione del Pd –  “Siamo il partito – ha detto di fronte al partito – di maggioranza relativa. Dobbiamo dare una mano al presidente della Repubblica a chiudere la crisi” di governo “nelle modalità che individuerà”.  “Un passaggio interno” di riflessione sul risultato del referendum “sarà molto duro nella chiarezza che deve contraddistinguere il Partito democratico, ma dovrà arrivare dopo la crisi di governo che si dovrà aprire adesso”.

“Propongo – ha detto Renzi facendo intuire che lui non farà parte della delegazione – che ci sia una delegazione al Quirinale composta da uno dei due vicesegretari, Guerini, dal presidente” Matteo Orfini “e dai due capigruppo” Ettore Rosato e Luigi Zanda. “Propongo che la direzione sia convocata in modo permanente per consentire alla delegazione di venire a riferire quando vi saranno elementi di novità”, aggiunge.

“Noi – ha detto Renzi in un altro passaggio – non abbiamo paura di niente e nessuno, se gli altri vogliono andare a votare, dopo la sentenza della Consulta, lo dicano perché qui si tratta tutti di assumersi la responsabilità. Il Pd non ha paura della democrazia e dei voti”.

Per ora, niente dibattito in Direzione sulla sconfitta nel referendum e sui rapporti interni. Ma, dopo la chiusura della crisi, il confronto ci sarà e sarà ‘duro’ e ‘trasparente’, ha anticipato il segretario, che ha definito ‘tutt’altro che banali’ la questione posta a sinistra dall’ex sindaco di Milano Pisapia e rivolto una stoccata a chi ‘ha festeggiato’ le sue dimissioni: ‘Lo stile è come il coraggio di don Abbondio, non giudico e non biasimo…’. Quanto al governo che cade, il premier rivendica con orgoglio il ‘disegno organico’ della sua azione: ‘Meno tasse e più diritti’.

La minoranza non replica. ‘C’è la crisi, viene prima l’Italia. Ci aspettiamo che il confronto ci sarà presto’. In Direzione solo Walter Tocci si alza per chiedere il dibattito. Attacca invece da Facebook Michele Emiliano, il presidente della Puglia pronto a candidarsi per la guida per partito: ‘Renzi ha mortificato la democrazia interna, sono senza parole’.

Intanto il Movimento cinque stelle ha presentato una proposta di legge per applicare l’Italicum anche a Palazzo Madama.

E il leader della Lega, Matteo Salvini è tornato ad attaccare: “o voto o piazza” –  “Tra una settimana, se non ci saranno risposte chiare sul voto, noi scendiamo in piazza: il 17 e il 18 dicembre siamo pronti per una raccolta firme per elezioni subito. Questa la nostra risposta a Renzi e Mattarella se pensano di farci perdere ancora del tempo”. Così il segretario della Lega commenta il discorso del premier che al termine del suo intervento alla direzione del Pd è salito al Quirinale per le dimissioni. “Noi non intendiamo far passare inutilmente – prosegue Salvini – ore e settimane: anche questa giornata è stata sacrificata sull’altare dei litigi del Pd. Basta. Vogliamo che gli italiani votino il prima possibile. Renzi continua a prenderci in giro: noi non siamo disponibili ad alcun governo di larghe intese e non intendiamo sprecare ancora giorni in sterili dibattiti su questioni assolutamente irrilevanti”, conclude.

A meno di mezz’ora dall’inizio della direzione Renzi aveva già anticipato le sue intenzioni nella sua e-news e la linea è: o governo di responsabilità con il sostegno di tutti o voto. “Toccherà – sottolinea Renzi – ai gruppi parlamentari decidere che cosa fare. Vorranno andare subito a elezioni? Nel caso si dovrà attendere la Sentenza della Consulta di martedì 24 gennaio e poi votare con le attuali leggi elettorali, come modificate dalla Corte”. “Se i gruppi vorranno invece andare avanti con questa legislatura, dovranno indicare la propria disponibilità a sostenere un nuovo Governo che affronti la legge elettorale ma soprattutto un 2017 molto importante a livello internazionale”.

Intanto il governo ha ottenuto la fiducia sulla legge di bilancio al Senato. La manovra è legge.

“Non sono io – scrive ancora Renzi – a decidere ma devono essere i partiti – tutti i partiti – ad assumersi le proprie responsabilità. Il punto non è cosa vuole il presidente uscente, ma cosa propone il Parlamento”, aggiunge Renzi.

“Io sono pronto – sottolinea Renzi – a cedere il campanello al mio successore, con un abbraccio e l’augurio di buon lavoro. Stiamo scrivendo un dettagliato report da consegnare e stiamo facendo gli scatoloni. Scatoloni che ci fanno spuntare molti sorrisi e qualche ricordo amaro. Ma la storia di questi mille giorni non la faranno i rancorosi commenti di queste ore”. “Troveremo un modo – sottolinea – per non disperdere la bellezza di quello che avete fatto. Di quello che siete. Ci sono milioni e milioni di italiani che credono a un altro modello di politica. Li abbiamo visti alle Europee, li abbiamo visti al Referendum, li vedremo anche in futuro. Ora però un passo alla volta e soprattutto: si può perdere un referendum, ma non il buonumore, mai! È già tempo di rimettersi in cammino”. “Gli oltre 13 mln di voti raccolti sono stati insufficienti a farci vincere”, osserva. (Ansa)

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Mattarella apre le consultazioni: ecco tutti i nodi da sciogliere

La via prioritaria per Mattarella è un reincarico a Renzi, a maggior ragione dopo la larga fiducia incassata oggi al Senato. Ma se questo non fosse possibile, l’ipotesi B è un esecutivo sostenuto dal Pd e guidato da una personalità indicata dagli stessi dem.

Fiato sul Colle. Dopo le dimissioni del premier, il presidente della Repubblica deve risolvere la crisi di governo. In che modo? È proprio questo il punto cruciale e sul quale i principali partiti provano a giocare la loro partita.

Consultazioni approfondite, di certo non facili. Sergio Mattarella aprirà domani alle 18 lo studio alla vetrata per la prima volta nel suo settennato, per ricevere istituzioni e gruppi parlamentari dopo che con le dimissioni di Matteo Renzi, presentate stasera alle 19, si è ufficialmente aperta la crisi di governo. L’intenzione è di sentire con attenzione tutte le forze presenti in Parlamento, come già fatto dai suoi predecessori, per verificare se esiste la possibilità di dare vita a un esecutivo che affronti i problemi aperti, in primis la riforma della legge elettorale, ma senza dimenticare le urgenze anche economiche ancora da risolvere.

Per questo il Capo dello Stato, dopo aver sentito domani i presidenti delle Camere, Laura Boldrini e Pietro Grasso, e il presidente emerito Giorgio Napolitano, incontrerà venerdì tutti i gruppi. Sabato saliranno poi al Quirinale le formazioni con più parlamentari, dalla lega a Sinistra italiana. Poi dopo la pausa di mezzogiorno, riceverà Forza Italia, M5s, che molto probabilmente non sarà rappresentato da Beppe Grillo, e alla fine il Pd, che sarà rappresentato dai capigruppo di Camera e Senato, dal vicesegretario e dal presidente del partito. A quel punto molto probabilmente si riserverà qualche ora per esaminare le diverse possibilità che i partiti gli avranno rappresentato e già lunedì potrebbe convocare i giornalisti per annunciare la sua prima decisione. Questo per quanto riguarda i tempi. Sui contenuti tutto è ovviamente aperto, in altri tempi si sarebbe parlato di “crisi al buio”. E non a caso il presidente Mattarella ha accolto le dimissioni di Matteo Renzi con riserva, lasciandosi così aperta anche la porta di un rinvio alle Camere dello stesso esecutivo Renzi, respinto finora ufficialmente dal premier ma a cui lavorano in molti.

La posizione del Pd, espressa da Renzi in direzione e riferita poi al Capo dello Stato, è di totale affidamento da parte dei dem alle decisioni del Presidente. Il premier dimissionario intende infatti scacciare da sé l’impressione di voler “restare attaccato alla poltrona” ed ha accolto malvolentieri il richiamo contrario a un voto anticipato in tempi rapidissimi. Durante il colloquio al Colle dunque, descritto ovviamente come disteso ma che non ha visto avvicinamenti tra posizioni certo non contigue, Renzi ha messo tutto nelle mani del Capo dello Stato chiedendo che se una riforma elettorale si deve fare, tutte le forze parlamentari si devono assumere la responsabilità. Il Pd, insomma, non intende restare con il proverbiale cerino in mano. Il Capo dello Stato chiederà dunque alle diverse forze politiche se intendono assumersi una responsabilità, avendo già chiarito che è impensabile andare a votare con due diverse leggi elettorali e che persistono problemi per le banche e per i conti pubblici del Paese.

La via prioritaria per Mattarella è un reincarico a Renzi, a maggior ragione dopo la larga fiducia incassata oggi al Senato. Ma se questo non fosse possibile, l’ipotesi B è un esecutivo sostenuto dal Pd e guidato da una personalità indicata dagli stessi dem. Su queste due ipotesi venissero bocciate dal Pd, si apre la possibilità di un governo istituzionale, una sorta di governo del presidente che abbia vita breve e porti al voto. Magari passando per un incarico esplorativo. Estrema ratio, che vede però in primis i sospetti di parte del Pd, sarebbe una prosecuzione dell’attuale esecutivo fino alle elezioni anticipate ma comunque da indire dopo il 24 gennaio, dopo cioè la sentenza della Consulta sull’Italicum. Tutto insomma è ancora aperto, e dunque potrebbe servire anche un ulteriore giro di consultazioni per superare le eventuali chiusure che potrebbero venire dai partiti nel primo giro, anche perchè il capo dello Stato, dotato di grande pazienza, conosce i sentieri tortuosi della politica e sa che non sempre le forze politiche ripetono nel chiuso dello studio alla vetrata le stesse posizioni annunciate con clamore in pubblico. Soprattutto davanti a due paletti posti con forza dal Presidente: la riforma della legge elettorale e l’interesse supremo del Paese.

Fonte: Il Giornale

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