Globalizzazione, cresce il fenomeno della mobilità internazionale

Le aziende italiane preferiscono mandare soprattutto i propri manager all’estero per farli crescere, esportare competenze chiave e diffondere la cultura aziendale. Ecco i dati del Rapporto Expatriate 2016. …

Le aziende italiane preferiscono mandare soprattutto i propri manager all’estero per farli crescere, esportare competenze chiave e diffondere la cultura aziendale. Ecco i dati del Rapporto Expatriate 2016.

La mobilità internazionale è un fenomeno in crescita all’interno delle aziende italiane, di pari passo con la globalizzazione e l’apertura a nuovi mercati. La conferma viene dal Rapporto Expatriate pubblicato da Od&M Consulting (società di consulenza di Gi Group).

Analizzando un campione di 51 aziende, l’indagine ha cercato di individuare orientamenti e tendenze in tema di mobilità internazionale, fornire un benchmark di mercato riguardo le politiche e le pratiche di gestione degli espatriati adottate dalle aziende. Le ragioni che spingono un’azienda a spostare alcuni dipendenti in una sede estera sono principalmente riconducibili alla necessità di esportare quelle competenze chiave di cui vi è carenza nel Paese di destinazione (75%). Seguono la volontà di sviluppare le competenze dell’espatriato in un’ottica di crescita professionale e manageriale (72%) e, infine, la necessità di diffusione della cultura aziendale (35%). In generale, è stato rilevato che nel 55% dei casi l’internazionalizzazione risponde a più di una finalità congiuntamente.

Tra i dipendenti che si mandano all’estero, prevalgono i top manager e gli specialisti dell’area commerciale. Nella maggior parte dei casi, la durata dell’espatrio è compresa tra 1 e 4 anni, mentre le destinazioni più ricorrenti sono i Paesi dell’Europa occidentale, la Cina e le Americhe.

Dall’indagine, emerge inoltre che le competenze tecniche e manageriali sono il principale criterio di selezione utilizzato dalle aziende per valutare i profili più idonei alla mobilità internazionale, seguite dalla leadership e dalla conoscenza della lingua straniera. Competenze chiave come gli aspetti legati alla famiglia e le competenze relazionali sono invece pochissimo valutate, nonostante rivestano un’importanza cruciale per scegliere la persona più adatta per l’incarico all’estero.

Riguardo alle retribuzioni, oltre il 90% delle imprese interpellate ha dichiarato di prevedere un’indennità estero all’interno del pacchetto retributivo di espatrio, il cui ammontare è calcolato prevalentemente in valore assoluto, piuttosto che come percentuale della retribuzione annua lorda. Il Paese di destinazione costituisce il parametro principale nella determinazione dell’indennità. Se si considerano i benefit legati all’espatrio la tipologia più frequentemente citata è quella delle agevolazioni alla mobilità, che comprende prevalentemente tutte le facilitazioni legate ai viaggi di rientro e alla fornitura diretta di alloggio.

In linea con il Rapporto precedente, la direzione Risorse umane dell’Home Country risulta essere l’attore maggiormente coinvolto nell’espletamento di tutte le procedure di espatrio, anche se è in aumento il coinvolgimento dei dipendenti e delle società di consulenza.

”L’indagine dimostra come una corretta politica di gestione degli expatriate sia cruciale per le imprese, soprattutto di piccole-medie dimensioni, che per restare competitive hanno sempre più bisogno di internazionalizzarsi”, ha commentato Gabriella Giovanazzi, senior consultant di Od&M, che ha curato il Rapporto Expatriate 2016. “Se da un lato l’espatrio risponde a un’esigenza dell’azienda di presidio delle competenze nel paese di destinazione, dall’altro emerge con forza la tendenza delle aziende a razionalizzare i costi di gestione del dipendente che viene trasferito, come testimoniato dalla riduzione delle indennità di espatrio e dal contenimento dei viaggi”, ha proseguito.

“La scelta di trasferire un dipendente comporta infatti una serie di costi aggiuntivi connessi alle indennità e ai benefit, oltre che alle politiche fiscali; per questo è fondamentale scegliere il candidato adatto, scelta che invece sempre più spesso si basa sulle competenze tecniche e linguistiche mettendo in secondo piano dimensioni più soft quali la capacità di adattamento al nuovo contesto, le doti di leadership e relazionali, nonché la situazione famigliare”, ha concluso Giovanazzi.

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