Stiglitz: “Europa nel mezzo di una nuova Guerra Fredda”

Era iper globalizzazione è terminata. Una volta passata crisi Covid-19, "ci potrebbe essere una nuova guerra commerciale che potrebbe trascinare dentro anche l'Europa".

(WSC) MILANO – Dopo il crollo del Muro di Berlino sono gli Stati Uniti ad aver concepito il concetto di globalizzazione. Il colmo è che sono proprio le autorità americane a minacciare la sua esistenza oggi. Promuovendo la loro idea di protezionismo nel mondo. In questo contesto, che ha sancito la fine dell’iper globalizzazione e il ritorno del sovranismo, secondo il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz si rischia una “nuova guerra fredda”.

Una volta passata la crisi Covid-19, “ci potrebbe essere una nuova guerra commerciale che potrebbe trascinare dentro anche l’Europa“, avverte il professore di idee progressiste e anti protezioniste in un webinar organizzato giovedì 28 maggio da AXA Investment Managers.

Il Covid-19 ha accelerato tanti fenomeni che erano già in atto, nel bene e nel male. Basti pensare al conflitto Usa-Cina su temi come commercio e sicurezza nazionale. “Erano un bel centro di preoccupazioni già prima”, figuriamoci adesso, fa capire Stiglitz.

Europa nel mezzo di una Guerra Fredda tra Cina e Usa

In una delle ultime conferenze a cui il premio Nobel 2001 ha partecipato prima dello scoppio della pandemia, rivela il professore della Columbia University, “si parlava del fatto che l’Europa si trovava nel bel mezzo della guerra Fredda tra Stati Uniti e Cina“.

Geograficamente e politicamente l’Europa si trova in una posizione delicata, al centro di un litigio mondiale. Ma la disputa potrebbe anche scomparire presto, stima Stiglitz. Per esempio nel caso in cui gli Stati Uniti finissero per eleggere un presidente Democratico alle presidenziali di novembre.

Ora come ora, tuttavia, gli Usa rappresentano una minaccia per il processo democratico globale. “Bisogna rafforzare la cooperazione globale se si vogliono combattere pandemie e sfide climatiche. È l’unica via d’uscita”. La speranza di Stiglitz è che “l’insuccesso di chi ha venduto demagogia farà perdere loro tanti punti”, aggiunge l’economista americano citando il fenomeno delle fake news e del populismo nel mondo dell’informazione.

“Chi ci ha fatto credere di essere esperto” sul virus “ci ha dato informazioni sbagliate”. È “fonte di profonda preoccupazione”. Quanto successo in Usa potrebbe complicare il processo democratico in Europa e in alcuni altri paesi.

Gli Stati Uniti non stanno dimostrando una grande leadership nel mondo e Stiglitz dice di sperare “che sia un altro paese, come la Germania” a fare da guida. La politica “America First” ha fatto danni, secondo l’economista. E a prescindere da quello che succederà sul piano politico su scala globale, “l’era dell’iper globalizzazione è terminata”.

Covid-19, “Politiche Usa fallimentari, ripresa lontana”

Quella degli Usa contro la pandemia è stata una risposta molto forte. Si calcola che siano stati stanziati 3.000 miliardi di dollari tra misure fiscali e monetarie. Ma tutto ciò è stato fatto male. “La progettazione è piena di difetti”, ritiene Stiglitz il quale dice che i piani fanno acqua da tutte le parti. “La liquidità è stata distribuita dovunque. Il progetto non è stato disegnato bene, si è anzi tirato un po’ a indovinare”.

In più “gli interessi particolari hanno ancora una volta comandato“. Alcuni gruppi di interesse hanno esercitato una forte influenza. Senza una simile ingerenza negli affari politici, stima l’economista, “si potevano salvare vite e aiutare di più l’economia”.

In queste ore al Congresso americano c’è volontà di offrire ancora supporto fiscale, ma non è chiaro come verrà fatto. Il tasso di disoccupazione è molto elevato (al 14,7% secondo le stime ufficiali, ai massimi dal Dopoguerra). Tali cifre sottovalutano tuttavia quella che è la situazione reale. Il rischio di vedere entrate fiscali minori è quindi molto elevato.

“Senza politiche fiscali molto forti di impatto non è possibile che l’economia ce la possa fare da sola” e andare incontro a una ripresa veloce.

Idea tassa patrimoniale in Europa

Secondo diversi economisti in tutti i casi tutto andrà bene alla fine del lockdown. Non ci sarà una curva a V, ma comunque una ripresa a U. Io non appartengo a questa scuola di economisti.

Nell’arco di questi ultimi due mesi: i bilanci di aziende e famiglie sono stati devastanti assolutamente crollati. Privati e famiglie sono andati incontro a costi elevati e “i consumi sono crollati“. Per quanto riguarda l’Europa, un’idea per il rilancio potrebbe essere quella di imporre “nuove tasse sul patrimonio e sul digitale“.

Qualcosa bisogna fare. Se si confronta la crisi attuale con quella della Grande Depressione, allora avevamo paura della paura, mentre oggi abbiamo paura anche della pandemia, che è tangibile. Non tutti i paesi sono stati in grado di abbassare la curva dei contagi e in Usa la situazione, vista anche i pochi test effettuati e la tracciabilità ancora di bassa efficacia, è ancora brutta.

In America uno su quattro è disoccupato

L’aumento del tasso di disoccupazione Usa ha raggiunto un picco a metà aprile. Se si sommano le persone che non stanno lavorando full-time a quelle che erano disoccupate prima e a quelle che vorrebbero lavorare, si ottiene una disoccupazione reale intorno al 25%, secondo i calcoli di Stiglitz.

“Soltanto quando smetteremo di vedere aziende fallire e vedremo tutte le persone disoccupate tornare al lavoro, potremo parlare di ripresa”. I documenti a disposizione ci dicono che “bisogna continuare a investire” per permettere alle aziende di sopravvivere e non chiudere i battenti.

Con la crisi antecedente, c’era stata una riduzione del gettito fiscale due volte più forte della riduzione del Pil. La situazione potrebbe ripetersi oggi. Lo Stato è debolissimo e l’economia non riuscirà a intraprendere una curva verso l’alto. “Tutto il mondo è indebolito, quindi i paesi si stanno indebolendo l’un l’altro”.

Poveri hanno pagato il costo di questa pandemia

La crisi si è propagata in fretta in Usa, dove le autorità non erano pronte a una crisi del genere, osserva il professore. Oggi 40 milioni di cittadini non lavorano e la colpa non è solo di una crisi improvvisa e inaspettata, ma anche delle autorità. “L’America non ha migliorato il suo sistema ospedaliero negli ultimi anni” e sta pagando le conseguenze.

“La nostra aspettativa di vita è più bassa rispetto al momento in cui è stato eletto Donald Trump“, precisa Stiglitz parlando della società americana. Il professore della Columbia University ricorda che la pandemia si poteva in qualche modo prevedere. Un gruppo di esperti sotto Obama aveva avvertito dei rischi di una pandemia per l’economia e dei miliardi di dollari che sarebbero costati agli Stati Uniti, osserva Stiglitz.

Tuttavia quell’agenzia per il controllo di eventuali pandemie è stata cancellata sotto l’amministrazione Trump e gli Stati Uniti “hanno sviluppato un sistema economico miope che guarda solo al breve termine“. Come dimostra anche il numero di posti letto per abitante, nonostante gli Usa siano il paese più ricco al mondo. Non sorprende dunque che “il numero di morti è stato spropositato tra le fasce più povere della  popolazione”.

Secondo le ultime statistiche, il 50% dei lavoratori vive facendo fatica ad arrivare alla fine del mese. Dipende insomma dall’assegno o dal bonifico bancario del datore di lavoro. Con questa crisi è stato proposto alle aziende di fornire una copertura medica. Le organizzazione più forti e grandi hanno chiesto un’esenzione, rifiutandosi di avere un obbligo del genere. “E i poveri hanno pagato il costo di questa pandemia”.

Politica fiscale diventa fondamentale

La scure pesante che si è abbattuta sui bilanci preoccupa l’economista. Per il quale ci vuole cautela per uscire dalla crisi di Covid-19. “In alcuni paesi forse siamo già in questa situazione” di lenta ripresa. La politica monetaria non è più fondamentale a quel punto, bensì lo diventa quella fiscale. Invece, dato anche il periodo di alta incertezza, secondo Stiglitz “si parla troppo di politiche monetarie” e troppo poco delle misure che i governi dovrebbero mettere in atto.

Questa enorme liquidità messa in circolo dalle banche centrali non farà che accelerare la volatilità nei mercati. “Tutto questo denaro non stimolerà l’economia reale, come faceva una volta”. Gli investimenti di chi dà la caccia ai rendimenti hanno generato dispersione e prezzi degli attivi più alti del normale.

Un altro aspetto imprescindibile da prendere in considerazione per valutare eventuali scenari futuri è quello dell’inflazione, sia degli asset finanziari sia dei servizi ordinari di consumo quotidiano.

“Tutta questa massa di denaro associata a vincoli dell’offerta potrebbe portare a una ripresa dell’inflazione reale“, prevede il premio Nobel. Il quale sottolinea che “c’è già stato qualche picco di aumento di prezzo” che però non sembra ancora sufficiente a creare una tendenza.

Un aumento molto forte della domanda che abbasserebbe l’offerta potrebbe invece alimentare una ripresa economica “artificiale”, associata a un rinfocolamento incontrollato dell’inflazione.

 

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