Osborne si candida a diventare il n.1 del Fmi al posto di Lagarde

L'ex Cancelliere dello Scacchiere britannico dal 2010 fino al luglio 2016, prepara la sua campagna. La francese nel solco di Draghi o no?

George Osborne, politico britannico, membro del partito Conservatore, ex Cancelliere dello Scacchiere britannico dal 2010 fino al luglio 2016, direttore del quotidiano Evening Standard, sta preparando una campagna per diventare il prossimo capo del Fondo monetario internazionale. Sarebbe un tentativo per la Gran Bretagna di non diventare del tutto irrilevante sullo scenario internazionale, per via della caotica uscita dall’Unione Europea che lascia Londra senza alcun aggancio geopolitico globale.

L’ex cancelliere ha detto agli amici che sta valutando la possibilità di sostituire Christine Lagarde e diventare il primo direttore britannico del fondo monetario a Washington. Il FMI, governato congiuntamente da 189 paesi, è stato istituito per coordinare la politica finanziaria globale dopo la seconda guerra mondiale. Fornisce salvataggi e consulenza politica agli stati membri e agisce come un poliziotto finanziario globale. Le politiche del FMI impostate sull’ austerity sono state spesso aspramente criticate.

Il Fondo Monetario Internazionale deve fare ora una ricerca anticipata e inattesa di un nuovo leader dopo che il suo Christine Lagarde è stata nominata Presidente della Banca Centrale Europea il 2 luglio. Lagarde ha detto che il 2 luglio lascerà temporaneamente le sue responsabilità durante il periodo di nomina. Lo stesso giorno il consiglio di amministrazione del FMI ha nominato il primo direttore generale del Fondo, David Lipton, in qualità di capo e ha espresso la sua “piena fiducia” nell’economista americano. Il secondo mandato quinquennale di Lagarde era stato programmato per avere fine nel luglio 2021.

Lagarde, un ex ministro delle finanze francese, secondo le prime valutazioni si atterrà al corso di politica monetaria tracciato da Mario Draghi, che ha segnalato che la banca centrale è disposta ad allentare di nuovoi tassi  se necessario per rilanciare l’inflazione e la crescita. Ha una buona reputazione per essere costruttrice di consenso, e ha dimostrato la capacità di gestire una grande istituzione i cui dipendenti provengono da molti paesi. Ma mentre l’avvocato che viene dallo studio legale globale Baker McKenzie sarà la prima donna al vertice della BCE, è anche la prima ad aver ottenuto l’incarico senza essere un’economista e senza alcuna esperienza di banca centrale. Certo, lei si è fatta le ossa sul fronte economico con l’incarico al vertice del FMI, che aveva assunto nel 2011, e gestiva le finanze della Francia prima di allora come ministro dell’economia di Sarkozy. Ma nessuno dei due ruoli ha richiesto il tipo di conoscenza del mercato e la familiarità con le complessità della macroeconomia che è di rigore alla BCE.

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Con o senza magie, la Bce della Lagarde sarà molto diversa dalla Bce di Draghi

Francesco Guerrera, La Stampa

La nuova Bce guidata da Christine Lagarde, che lascia la poltrona più alta dell’Fmi, sarà improntata alla realpolitik più che alla tecnica economica. Lo scrive Francesco Guerrera sulla Stampa. “In febbraio, nell’ornatissima aula della Guildhall di Londra, Christine Lagarde sorprese i signori e le signore della City con l’esortazione a copiare Mary Poppins. «Servire altri e non voi stessi: questa è la vera magia della finanza», disse allora la capa del Fondo Monetario Internazionale. Dopo un summit europeo pieno di sorprese, l’Europa ha chiesto a Madame Lagarde di spargere polvere magica sulla traballante economia della zona euro.

Per ragioni più di realpolitik che di meritocrazia, l’ex legale ed ex ministro delle Finanze francesi diventerà la prima donna e la prima non-economista a guidare la Banca Centrale Europea. Sarà all’altezza di non far rimpiangere Mario Draghi? Di pilotare una barca che fa acqua da tutte le parti lontano dagli scogli della recessione? E di ottenere i necessari compromessi politici tra la tirchia Germania, i ficcanaso di Bruxelles e gli spendaccioni governi mediterranei? Sono domande che domineranno il panorama politico-economico dell’ Unione Europea per anni, anche se per il momento i mercati sono infatuati dall’idea che la Lagarde continuerà a stimolare le economie del continente.

Con o senza magie, la Bce della Lagarde sarà molto diversa dalla Bce di Draghi. Un banchiere che conosce bene sia i corridoi  di  Francoforte  sia  la  nuova  regina dell’euro me lo ha spiegato così: «Più pubbliche relazioni, meno dibattiti sui contenuti». Il concetto, certo non caritatevole, è che la Lagarde non possieda la conoscenza tecnica o il tenore intellettuale per combattere i nemici sul campo dell’economia. L’esperienza dell’Fmi indica che, quando la posta in gioco è alta (il salvataggio della Grecia, dell’Argentina ecc), la signora ha seguito fedelmente le direzioni della propria burocrazia, con grande amplomb, carisma e calma ma senza dare l’impressione di essere autrice della strategia. È una bella differenza da Draghi. Attenzione, però, a sottostimare le qualità diplomatiche della Lagarde. Come sempre in questioni europee, bisogna guardare dietro le quinte. In questo caso,  la  candidatura  della  Lagarde  è  stata sponsorizzata da Angela Merkel e non, come sembrerebbe logico, da Emmanuel Macron.

Nessuno lo ammette ai microfoni ma Macron stava  spingendo  altri  candidati francesi. Con l’idea-Lagarde, la Merkel ha fatto scacco matto alla Francia, «obbligando» Parigi a sostenere il candidato preferito dalla Germania. Questo conta per due motivi: la Lagarde ha un debito nei confronti di Berlino ma, allo stesso tempo, sarà più difficile per i pasdaran teutonici dell’austerità opporsi alle politiche di stimolo proposte dalla signora. I compromessi della Lagarde iniziano già prima che metta piede nel vecchio ufficio di Draghi e continueranno per gli otto anni del mandato. Il rischio è che, senza un centro di gravità intellettuale, il Consiglio Direttivo della Bce – composto dei 19 governatori delle banche centrali nazionali più i sei membri del Comitato Esecutivo – si trasformi in un mercato generale dell’economia in cui le decisioni sono frutto di transazioni e scambi dove una mano lava l’altra”.

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