Israele al voto, Netanyahu rischia grosso. Su di lui ombra Apartheid

Primo ministro falco ci riprova. Ricetta è la solita: fomentare odio contro il mondo arabo e annettere nuovi territori. Dalla sua parte c'è Trump.

Primo ministro Benjamin Netanyahu ci riprova. Il falco israeliano non è mai stato così insicuro di farcela in un appuntamento elettorale, dopo che il voto di aprile non gli ha consegnato i numeri sufficienti per governare. Dopo che il suo partito di destra non è riuscito a formare una coalizione stabile, il leader israeliano di più lungo corso della storia è costretto a rimettersi in gioco.

La ricetta per aggiudicarsi la vittoria è sempre la solita: fomentare paura e odio contro il mondo arabo e promettere l’annessione di nuovi territori in Cisgiordania. Dalla sua può contare sempre sull’appoggio incondizionato di Donald Trump, ma stavolta a giudicare dai sondaggi l’esito non è affatto scontato.

Su di Netanyahu, molto abile nel difendere la nazione da minacce reali e presunte e accaparrarsi i voti degli elettori di destra, pesa l’ombra dell’Apartheid. Negli ultimi giorni di campagna elettorale, il premier israeliano ha pubblicato un video alquanto surreale in cui i cittadini vengono invitati a fare un uso corretto delle elezioni – che cadono durante una festività nazionale – recandosi alle urne piuttosto che rimanere a letto con i propri amanti.

Netanyahu minacciato dal suo ex ministro Liberman

Steve Hendrix, il direttore del desk del Washington Post a Gerusalemme – riconosciuta due anni fa dal presidente Usa, in una decisione molta controversa, come la capitale di Israele – sottolinea che è un po’ come se l’intento del video fosse quello di chiedere aiuto. Quasi un’ammissione di sconfitta dalla parte di un “uomo forte” come Netanyahu.

In effetti quello di Netanyahu è per certi versi un atto disperato. È consapevole che deve essere rieletto per spingere il parlamento ad approvare una legge che lo salvi da una serie di indagini per corruzione. Stando ai suoi sondaggi il suo partito Likud se la gioca con il partito di centro “Blue e Bianco”: le due formazioni sono impegnate in un testa a testa molto equilibrato. Se alla fine la spunterà ancora una volta, il premier potrà contare sull’appoggio di un gruppo di partiti ancora più a destra di Likud, in una coalizione che gli assicurerebbe di prolungare la sua permanenza al potere.

Se Benjamin Netanyahu vince, “israeliani e palestinesi sono condannati a vivere in un singolo Stato per sempre”, scrive in un editoriale Jackson Diehl, vice capo redattore del Washington Post, secondo cui alle elezioni del 17 settembre il popolo è chiamato a decidere tra un paese secolare, democratico e binazionale oppure un regime di apartheid ebreo“.

L’uomo che potrebbe sancire la sua sconfitta è invece Avigdor Liberman. Il partito dell’ex ministro del governo Netanyahu, un nazionalista di idee secolari ma al contempo conservatrici, potrebbe ottenere un numero sufficiente di seggi tale da spodestare il re. Israel Beytenu ha il momentum dalla sua parte e i sondaggi dicono che la formazione potrebbe conquistare una decina di seggi in Parlamento, il doppio di quelli che possiede al momento.

Liberman, che negli ultimi sei mesi si è rifiutato di formare un’alleanza con i partiti ultra religiosi della coalizione pro Netanyahu, potrebbe salire lui stesso alla guida del paese, forgiando un’alleanza con gli partiti secolari. In questo scenario l’attuale leader verrebbe relegato a un ruolo di sparring partner e per Israele, storico alleato degli Usa, si aprirebbe una fase nuova.

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