Trump? Altro che prosperità, l’America finirà in un bagno di sangue fiscale: $20.000 miliardi di debito pubblico

Da leggere attentamente questa previsione apocalitica di un repubblicano DOC, David Stockman, ex direttore dell’Office of Management and Budget con Ronald Reagan: smonta ad uno ad uno i …

Da leggere attentamente questa previsione apocalitica di un repubblicano DOC, David Stockman, ex direttore dell’Office of Management and Budget con Ronald Reagan: smonta ad uno ad uno i falsi miti che circondano Donald Trump.

Il rally nell’azionario guidato da Trump si dimostrerà quello che è sempre stato: una bolla di sapone. Si basa solamente sul passaggio da una politica ad un’altra ed è sgusciato fuori dalle sale di Wall Street nella notte dell’ultima tornata elettorale.

Dopo tutto, quale modo migliore per portare gli agnelli al macello se non quello d’invertire il mercato con un aumento di più di 1,000 punti del Dow Jones poche ore dopo la scioccante elezione di Donald Trump come 45° Presidente degli Stati Uniti?

David Stockman: Get Ready for a Fiscal Bloodbath; Trump is Clueless

A dire il vero, abbiamo accolto con favore l’elezione di Trump perché ha ripetutamente accusato le classi dirigenti di Wall Street e di Washington. Scaraventerà Washington in un vortice di caos politico ed economico. In pochi mesi l’incombente tetto del debito in scadenza ($20,000 miliardi) e l’economia americana affaticata, praticamente in recessione, potranno finalmente porre fine al continuo calcio al barattolo riguardo la politica fiscale nazionale.

Trump to oversee ‘fiscal bloodbath’ instead of prosperity, says Reagan OMB director

Quest’anno i libri contabili dello Zio Sam torneranno a vomitare deficit annuali da migliaia di miliardi di dollari. Lo Stimolo di Trump così tanto sbandierato fino ad ora, sarà solo un lontano ricordo. Assisteremo, invece, ad una deflagrazione politica con lo shutdown del governo federale e toppe d’emergenza per estendere di qualche mese la capacità del Tesoro USA di prendere in prestito.

Quello di cui stiamo parlando, è uno scenario fiscale dove tutti i nodi vengono al pettine. Questo è ciò che l’elezione di Trump preannuncia veramente.
Dopo tutto, neanche un Houdini in politica sarebbe in grado di governare quando migliaia di miliardi di dollari in nuovo deficit implodono sulla Città Imperiale. Quindi come ci si può aspettare che un inesperto come Trump — che twitta contro truffatori e ricattatori politici della Beltway, salvo poi dovervi scendere a patti per vincere le sue monumentali sfide fiscali ed economiche — rappresenterà l’elemento distruttore dello status quo?

Infatti, nel contesto attuale, i democratici scenderanno in guerra fin dal primo giorno se Trump manterrà fede alla sua promessa elettorale di abrogare quel disastro noto come Obamacare e continuerà ad attaccare quei simboli d’identità politica su cui è fondato il Partito Democratico contemporaneo.
Sì, Chuck Schumer vorrebbe stringere un accordo sulle infrastrutture (es. i treni per New York), ma questo non è il 1981 e lui non è Tip O’Neill. L’idea che possa esistere una qualche cooperazione bipartisan su un pacchetto di stimolo fiscale, è un sogno irrealizzabile.

In realtà, gli odierni mezzi busti televisivi non ricordano che non esisteva alcun compromesso bipartisan neanche al tempo di Reagan; questo è un mito revisionista spacciato dagli agiografi di Reagan e da Chris Matthews a nome del suo ex-capo e Presidente della Camera.

Il famoso taglio delle tasse di Reagan nel 1981 passò alla Camera solo per un pelo: grazie ad una fragile coalizione del GOP e alla simpatia della popolazione nei confronti di Reagan, dopo il tentativo di assassinio. La maggioranza democratica combatté con i denti e con le unghie per tutto l’iter legislativo.

Il cosiddetto “compromesso bipartisan” arrivò solo quando si palesarono le inevitabili conseguenze fiscali disastrose. Cioè, quando dal 1982 al 1984 vennero approvate leggi per aumentare le tasse e recuperare il 40% di entrate dal precedente taglio delle tasse di Reagan, in modo da arginare l’allora emorragia d’inchiostro rosso. Anche così il debito nazionale triplicò sotto lo sguardo di Reagan, passando dai $930 miliardi alla fine del mandato di Jimmy Carter ai $2,600 miliardi nel dicembre 1988.

Allo stesso modo, non c’è possibilità che le varie fazioni all’interno del GOP, ovvero, i neocon, i guerrieri socio-culturali, i veri credenti nei tagli fiscali e/o semplicemente i vecchi politici legati agli stanziamenti di fondi pubblici, saranno in grado di concordare e approvare qualsiasi cosa assomigli anche vagamente ad un grande stimolo fiscale concepito da Wall Street.

In realtà, Trump ha correttamente identificato una Grande e Brutta Bolla Speculativa che aleggiava su Wall Street durante la campagna elettorale e ha anche detto che alla fine scoppierà. Quello che non ha detto è che la sua ascesa alla Casa Bianca sarà lo spillo che la farà scoppiare.
L’indice S&P 500 a 2213 ed al 24.5X dei guadagni segnalati, sono risultati alquanto bizzarri. Non esiste quindi alcuna strada in su, ma solo il rischio di un ribasso ed una crisi che porti alla paralisi politica.

Gente, la classe dirigente non avrebbe mai lasciato governare Donald Trump — anche se avesse avuto un programma economico coerente e ragionevolmente plausibile. Ma ha solo slogan, battute di spirito, banalità e vecchie idee sul taglio delle tasse e sul costruire strade e ponti. Non ha la minima idea di come possano essere finanziate queste opere senza far schizzare alle stelle il deficit federale e far risvegliare i “bond vigilantes”.

La verità è che i mercati finanziari si stanno dirigendo verso una tempesta perfetta: fallimento delle politiche delle banche centrali, una carneficina nel mercato obbligazionario, una recessione mondiale ed un bagno di sangue fiscale a Washington. Gli investitori dovrebbero fare passaparola e tenersi pronti.

Ciononostante ogni giorno gli operatori finanziari ed i robo-trader si sono affrettati a mandare i grafici azionari verso nuovi massimi, in base all’assurda illusione che lo “scettro dello stimolo” sarebbe stato tolto alla FED (paralizzata e senza polvere da sparo asciutta) e consegnato nelle mani di una nuova “crescita” targata Partito Repubblicano a Washington.

Per i motivi fin qui elencati, è esattamente il contrario. Non ci sarà nessun governo funzionante, o politica economica coerente, nei prossimi quattro anni. Ciò significa che non ci sarà nessuno stimolo fiscale gigantesco sotto forma di investimenti in infrastrutture e di enormi sgravi fiscali, e nessuna compensazione economica per frenare le forze recessive che ora incombono sull’economia degli Stati Uniti.

Quello che trasparirà sarà un bagno di sangue fiscale come mai visto prima d’ora nella storia di Washington. Trump ha ereditato $20,000 miliardi di debito pubblico: una bomba ad orologeria che è impostata per esplodere il 15 marzo prossimo e getterà nello sconforto Washington prima dei tanto decantati 100 giorni dall’insediamento.

Inoltre quando i consulenti di Trump si prenderanno la briga di fare i conti, scopriranno che si è già messo in conto un supplemento di nuovo deficit da $15,000 miliardi per il prossimo decennio — prima che mettano in conto un centesimo di più di un eventuale nuovo stimolo di Trump.

Infatti ora che Trump ha nominato due speculatori di Wall Street — Steven Mnuchin al Tesoro e Wilbur Ross al Commercio — alla guida della sua squadra economica, la calamità fiscale è praticamente certa. Non hanno la minima idea che lo Zio Sam è fallito e che la crescita reale del 3-4%, in una nazione sepolta sotto $64,000 miliardi di debito pubblico e privato, è solamente un’illusione destinata a trasformarsi in un incubo fiscale.
Ecco la morale della storia: il mercato azionario a 2213 punti sull’indice S&P 500 è l’occasione di una vita per posizionarsi short. Saluti.

di David Stockman

Fonte: Rischiocalcolato

segnalato da ronin, grazie

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19 commenti

  1.   

     

    Chi sarebbe CLUELESS ( all’oscuro) ed ignorante della situazione  economica?? Leggete Stockman il 14 Sept 2016 cosa scrive:
     
    The robo-machines and reflexive dip-buyers who took Fed governor Lael Brainard’s word for it on Monday got kicked in the teeth pretty hard on Tuesday. But then again, why would even a silicon-based trader take her word for anything?
     
    Brainard is absolutely clueless about the manner in which the Fed and other central banks have booby-trapped the world’s financial markets with incendiary bubbles and FEDs (financial explosive devices).
     
    After all, she has never set foot in any precinct of the capitalist economy since moving out of her dorm room at Wesleyan University in 1983. Instead, she’s been traveling the beltway apparatchik route every step of the way——including stints at the White House, Brookings and the US Treasury before her arrival at the Eccles Building.
     
    That was surely reflected in the fatuous speech she gave Monday afternoon explaining the five “key features” of the  “New Normal” that are “the major reasons for caution” in raising rates off the zero bound.
     
    Not surprisingly, the first of these was that “Inflation has been undershooting”, and presumably that means falling below the Fed’s vaunted 2.00% target.
     
    Never mind that this proposition is not even true. The CPI less food and energy rose by 2.2% in July versus prior year. That ought to be close enough for government work—-unless Brainard thinks that oil and food prices will keep dropping forever.
     
    Besides, the 2.00% inflation target is profoundly destructive to the living standards of low- and middle-income workers who must compete with the China Price on goods and the India Price on services.
     
    By necessity, their wages must go up by much less than 2% per year—-or, better still, not at all. Otherwise these wages disappear completely as the entire job eventually gets off-shored. Indeed, as we showed yesterday, even Wall Street is massively off-shoring its back office, data processing and what it’s pleased to call “research” work.
     
    As it happens, the Fed’s misguided inflation targeting policy results in a combination of both types of worker loss. That is, loss of jobs to the low wage regions of the world market and loss of purchasing power to domestic inflation.

  2.   

    ” “aggiustare” il sistema, con alcune fattibili riforme, a cominciare dalla Glass Steegal Act “( suggerito da Luca Ciarrocca) l’ho letto  nella recensione di ” I Padroni del Mondo” fatta da Elio Lannuti
    ” ‘Un club esclusivo di poche migliaia di persone, non elette democraticamente, decide i destini di intere popolazioni, in grado di manipolare i mercati finanziari e di imporsi sulla politica e sugli Stati”……
    http://www.adusbef.it/Consultazione.asp?id=8950

  3.   

     

    Come da programma si evince che Trump ha l’intenzione di ripristinare la Glass Steagall Act abolito da Bill Clinton. Manterrà la promessa? Indovina grillo, ma ciò che trovo assurdo è scagliarsi a priori su Trump. Se porta a termine questa sua promessa che, come suggeriva Ciarrocca –  “aggiustare” il sistema, con alcune fattibili riforme, a cominciare dalla Glass Steegal Act (Separazione dalle banche commerciali con le banche di affari – credo  sia positivo. Non vi pare? 

  4.   

    circa il nuovo Commander in Chief degli Stati Uniti Imperialisti, preferiamo (al momento) non sprecare parole  
     

    (nota della redazione: eliminata l’immagine, troppo volgare)

  5.   

    David Stockman, come si legge sul suo sito Contra Corner,  ha espresso a mio avviso, concetti diversi da quanto scritto nel post, e qualche frase non l’ha mai pronunciata.  Espone dubbi, certo, ma come attento e corretto esperto non ha nessun elemento per sostenere che Trump fara’ crollare il Sistema, anche se ammette che rileva una eredita’ pesantissimaMa l’Ha creata Trump ? Non siamo sullo stesso Baratro creato da Obama & C !??
     
    Spiega che oggi, 35 anni dopo Regan il debito e’ passato da 1 trilione a 20 trilioni e che la manovra di Trump potrebbe trovarsi ostacolata dal crescente debito, che potrebbe salire a 30 trilioni nei prossimi anni. In una nota di Capital Economics si legge che l’economia di Trump potrebbe essere caratterizzata da un getto di crescita piu’ rapida , ma con un inflazione piu’ alta.Dopo tutto Trump propone in importante stimolo fiscale in cui c’e’ poco ricambio di capacita’ dell’economia.
     
    Mentre conferma che il bilancio necessario per gestire le spese militari, sicurezza nazionale e della intelligenza e’ ora TRE volte piu’ grande di quanto non fosse sotto Regan. Ovviamente le previsioni sono quelle di una Bolla, e non serve sapere se la colpa e’ della Fed o di Wall Street, ma sapere “chi ha preso in ostaggio chi “.
     
    Stockman dice che si tratta di una dipendenza molto pericolosa tra i mercati e la Fed, con Wall Street che continua a pretendere che la Banca Centrale inietti sempre piu’ liquidita’ sul mercato, cioe’ sempre piu’ droga monetaria. Ci sono tutte le prove necessarie per dimostrare che i mercati finanziari di tutto il mondo sono totalmente truccati. Ed e’ per questo che Trump e’ stato il bersaglio quando ha criticato correttamente circa la natura del Casino’ di Wall Street.
     
    Stokman si e’ dimostrato sempre favorevole  all’ Elezione di Trump,  ed ha  scritto  : ” Trump was totally corrrect in canceling Obama’s Trans Pacific Partnership (TTP) agreement , come pure ha esclamato : Bravo Brexit !! At long last tyranny of Global Financial Elite has been Slammed good and hard.:!! 
    “As Donald Trump was quick to point out, they have taken back their country. He urges that Americans do the same, and he might just persuade them.”
     
    Yellen e’ ancora seduta sui tassi di interesse zero, dopo 93 mesi per una sola ragione: Anche nel contesto di una ripresa economica che e’ ora presuminilmente cosi’ completa, essendo alla ” cuspide” della piena occupazione (?) ed il Vice Pres. Stalmey Fischer conferma che si e’ mortalmente impauriti da un attacco isterico di Wall Street, come prefigurato dalle ultime vendite di W.S.
     
    Alla fine io credo che la Domanda Corretta sia: Come fara’ Trump a giocare con gli Usurai e gli Strozzini del Sistema, con le loro carte truccate, e le mine nascoste??
    La situazione di Bilancio, pesantissima, non si puo’ forse riequilibrare diminuendo le pazze spese militari,  uscendo dalla Nato, riportando il lavoro negli Usa, e facendo pagare le giuste Tasse alle Multinazionali??  Tutti quelli che fanno la Guerra a Trump, a favore dei Padroni dell’Universo, hanno una soluzione migliore??  Forse continuare le fantastiche politiche estere di Bush, Clinton e Obama, che hanno distrutto il Paese e mezzo mondo, ed il tapering infinito??
     
    O vogliamo continuare a truccare la carte, i mercati oltre che l’informazione…? Tutti gli Imperi sono sempre caduti, prima o poi  dice la storia… a quando il poi ??
     

  6.   

    Belfagor, cerca di andare oltre alle urla di chi ha perso le elezioni e non accetta l’esito democratico delle stesse. Trump non è un presidente convenzionale, non ha l’immagine che dovrebbe avere un presidente americano, ma è dieci volte più preparato di quei due banditi di Obama e della Clinton. L’apparenza spesso inganna e questo è uno di quei casi in cui occorre chiudere gli occhi e ascoltare invece di guardare. Quando ho visto Trump alle primarie mi sono chiesto se erano impazziti, poi ho ascoltato cosa diceva e mi sono detto ” Che bella sorpresa, non avrei mai immaginato un cervello pensante sotto quel parrucchino improbabile” e quindi ho smesso di guardarlo e mi sono limitato ad ascoltare. I media mainstream, tutti rigorosamente legati alle varie multinazionali, continueranno a suonare la grancassa contro Trump come durante le elezioni in cui lo davano perdente all’87% e poi si è visto come è andata a finire. Viviamo in un’epoca in cui tutto ciò che viene veicolato come verità giornalistica deve essere esaminato e ponderato. Il raggiro cronistico e culturale fa parte della quotidianità dei nostri tempi. Le masse sono condotte verso false verità per convincerle che la perdita di libertà e di benessere è necessaria e indispensabile. La perdita di valori identitari e culturali attraverso la mescolanza etnica e il meticciato globale è indispensabile per arrivare ad un governo mondialista come massima espressione di potere lobbistico delle multinazionali finanziarie e non. Piccolo particolare: chiediti chi è che notoriamente detiene il potere finanziario nel mondo occidentale e vedrai che spunterà un punto di domanda interessante.

    Originariamente inviato da belfagor: bravo, hai usato la parola giusta: psicolabile. Il fatto e’ che agli americani che l’hanno eletto non interessa nulla che Trump abbia la stabilita’ emozionale di un bambino di 6 anni, tanto forte e’ l’odio per la Clinton, i democratici e i media che hanno portato Trump a stravincere le primarie e poi vincere le elezioni (pur perdendo il voto popolare di  3 milioni di voti: non ci credeva nemmeno lui!!!) al solo scopo di scardinare il sistema. Secondo me lo fanno fuori, anche se non esserci riusciti con Obama che era odiato come nero, dimostra che ormai uccidere un presidente in America e’ impossibile, troppo protetto dai Servizi Segreti. Lo faranno fuori legalmente, uno cosi’ porta il paese a catafascio…. Ho trovato un altro articolo, del Washington Post, non un blogghetto di sinistra pro-democratici: Could there be something … ‘neurologically wrong’ with Donald Trump?   On MSNBC on Wednesday morning, Joe Scarborough floated the idea that Donald Trump might be a sociopath. “We’re asking ourselves — I didn’t say this, but this is what everybody is saying: Is Donald Trump a sociopath?” the “Morning Joe” co-host said to guest Ari Fleischer, former press secretary for President George W. Bush. “Am I voting for a sociopath? And I know you’ve heard it because I’ve heard it. And all my Republican friends have heard it.” The unusual thing about Scarborough’s comment is that it wasn’t all that unusual. It is becoming commonplace for people in the media to wonder about the mental health of a major-party nominee for president of the United States…….

     
     

  7.   

     
    HARVARD “IN LUTTO” PER LA VITTORIA DI DONALD TRUMP
     
    http://www.rischiocalcolato.it/blogosfera/harvard-in-lutto-per-la-vittoria-di-donald-trump-228444.html
     
    di MATTEO CORSINI
    “La nostra missione è che, a prescindere dal loro status di immigrazione e dove sono nati, sono studenti di Harvard. L’odio a Harvard non deve esistere”. Rakesh Khurana è il responsabile dei rapporti con gli iscritti dell’università di Harvard, ateneo tanto costoso quanto frequentato da studenti (e prima ancora da docenti) ardentemente (left) liberal. Khurana teme che Trump disponga la deportazione degli studenti senza regolare permesso di soggiorno, e parla addirittura di odio. Da questo punto di vista, va detto che il Paese d’origine di Khurana è con ogni probabilità tra quelli in cui c’è molto odio, essendo illegale quasi ovunque l’ingresso senza visto o permesso di soggiorno.
    Se non esistessero gli Stati, ognuno sarebbe libero di ospitare nella sua proprietà chiunque volesse. Ovviamente chiunque dovrebbe rispettare il principio di non aggressione. Nel conteso attuale, in cui gli Stati sono ben lungi dall’estinzione, va da sé che ognuno di essi fissa le regole che preferisce per regolare l’ingresso e la permanenza sul territorio nel quale rivendica il monopolio dell’uso della forza.
    Paradossalmente nessun Khurana mette in discussione tale monopolio. Semplicemente si lamenta se il monopolista non prende decisioni da lui condivise. Che la democrazia sia una forma di dittatura della maggioranza (o, molto più spesso, della minoranza che ha però vinto le elezioni), non lo si dovrebbe scoprire adesso che alla presidenza degli Stati Uniti è arrivato Trump. Riempirsi la bocca del termine “democrazia” salvo lamentarsi quando non piace l’esito delle elezioni è, quanto meno, contraddittorio.
    Ciò detto, pare che ad Harvard l’87 per cento degli studenti abbia appoggiato Hillary Clinton. Secondo Khurana dopo le elezioni c’è stata una recrudescenza di atti di razzismo anche all’interno delle mura del campus. Tutto può essere, e lungi da me condividere o giustificare atti di violenza. Ma se l’87 per cento degli studenti era pro Clinton, l’allarme lanciato da Khurana risulterebbe per lo meno sovradimensionato anche qualora tutto il restante 13 per cento simpatizzasse per il KKK. Cosa della quale credo sia statisticamente lecito dubitare.
    Sarà pur vero che l’odio non deve esistere, ma un po’ più di realismo sarebbe preferibile da parte di questi ragazzi in lutto per la vittoria di Trump.
     

  8.   

     
    ECCO COME DONALD TRUMP CI SALVERA’ DAL DISASTRO
     
    http://www.stopeuro.org/ecco-come-donald-trump-ci-salvera-dal-disastro/
     
    L’ 11 ottobre scorso Hillary Clinton – dal sito del New York Times – sentendosi sfuggire sempre più l’ agognata poltrona presidenziale, usò questo sobrio argomento dinamitardo: «Io sono l’ ultima cosa fra voi e l’ Apocalisse». La baggianata – che echeggia quella più celebre risuonata alla corte francese: «Dopo di noi il diluvio» – sottintendeva che Trump doveva essere considerato con terrore, come la fine del mondo. Gli americani hanno risposto con un colossale «vaffa», mandando a casa la Clinton, l’ establishment politico di Washington e quello dei salotti mainstream pieni di intellettuali, di chiacchieroni e di attrici.
     
    Perché sapevano che in realtà Trump – come dice Tremonti – non è la fine del mondo, ma casomai la fine di «un» mondo, appunto quello guerrafondaio e aggressivo dei Clinton e di Obama (e dei Bush), i re del caos globale, i grandi registi dell’«ipocrisia progressista» e della strategia della tensione planetaria.
    Sotto di loro infatti sono state destabilizzate una serie di aree (l’ Irak, la Libia, la Siria, l’ Africa centrale e l’ Ucraina), con conseguenze disastrose dal punto di vista umanitario e dal punto di vista politico. In particolare l’ idea di espandere la Nato verso Est, fin sotto le mura di Mosca, con una serie di provocatorie manovre militari al confine, ha fatto precipitare il mondo in un cupo clima da Guerra fredda e ha rischiato di trascinare l’ Europa nella terza Guerra mondiale.
    Perfino il famoso «orologio dell’ Apocalisse» – quello del Bulletin of the atomic scientists science and security board, nel cui Board of sponsors ci sono 17 premi Nobel – nel gennaio di un anno fa collocava l’ umanità alle 23.57, cioè a tre minuti dalla mezzanotte nucleare, ovvero dalla «fine del mondo». Solo nel 2010 le lancette di questo Orologio simbolico, inventato nel 1947 dagli scienziati dell’ Università di Chicago, segnavano le 23,54. Questi «tre minuti» più vicini alla mezzanotte (peraltro la valutazione viene fatta in modo abbastanza «politically correct» e non certo da personalità filo Trump) fanno capire quanto ci hanno avvicinato all’ apocalisse Obama e la Clinton e dove saremmo finiti in caso di una vittoria di Hillary. Gli osservatori sanno bene che proprio quella della Clinton sarebbe stata una presidenza guerrafondaia e pericolosissima.
    La strategia obamiana e clintoniana è stata descritta così da Francesco Alberoni: «Durante la presidenza Obama gli Usa hanno scatenato una vera guerra fredda contro la Russia sul piano propagandistico, mettendo sanzioni e accumulando armamenti in Polonia, Ucraina e Paesi baltici. Nello stesso tempo hanno appoggiato i Paesi islamici sunniti, Arabia Saudita, i Paesi del Golfo, il Pakistan e la Turchia che finanziavano e armavano gli integralisti islamici: dai talebani ad Al Qaida, all’ Isis e il Califfato. Sotto sanzioni in Europa, minacciata dagli americani attraverso la Nato e attaccata dagli integralisti islamici in Asia, la Russia è stata spinta a cercarsi un alleato nella Cina. Ma la Cina è l’ unica superpotenza che nei prossimi anni sfiderà il potere Usa. Una scelta dal punto di vista americano a dir poco catastrofica. Sembra impossibile, ma la politica di Obama si proponeva di espellere la Russia dall’ Europa, di farla alleare con la Cina, lasciando il Medio Oriente e l’ Africa del nord nelle mani all’ anarchia islamista». Questa assurda strategia, che ha avuto il sostegno quasi unanime e strategicamente importante del sistema mediatico, con Trump si avvia ad essere rovesciata.
    Anzitutto finisce la demonizzazione della Russia. Poi il terrorismo dell’ Isis e di Al Qaeda sarà chiamato col suo nome, «terrorismo islamico» e combattuto come tale (Trump ha iniziato già in campagna elettorale questa rivoluzione linguistica e culturale).
    «Dobbiamo cominciare a fidarci di Vladimir Putin», ha dichiarato Trump. Contemporaneamente la Russia ha annunciato l’ intenzione di coinvolgere Washington nel negoziato per la soluzione della terribile crisi siriana. Piccoli, grandi segnali che erano inimmaginabili con Obama e la Clinton e che potranno portare Usa e Russia a cooperare anche per risolvere la situazione libica. Siria e Libia, due dei focolai di crisi che – fra l’ altro – finora hanno provocato o aiutato l’ enorme e dirompente flusso migratorio verso l’ Italia e l’ Europa.
    Basta questo per capire quanto sia importante, anche per l’ Italia, questo nuovo clima di collaborazione e dialogo fra le due superpotenze. Ma soprattutto con Trump dovrebbero venir meno le disastrose sanzioni commerciali contro la Russia che sono costate molto salatamente all’ economia italiana e anche questa è per noi una gran bella notizia. Insomma – pur volendo restare prudenti – possiamo dire che nel mondo, o almeno nell’ area mediterranea ed europea, sta per scoppiare la pace. I media se ne accorgeranno per ultimi o comunque cercheranno di non dirlo, essendo gli stessi media che acclamavano il «Nobel per la pace» Obama (quello sotto la cui amministrazione gli Usa hanno inondato il mondo – soprattutto il mondo arabo – di armamenti). I media, nella stragrande maggioranza, oggi sono parte del problema. Perché – più o meno consapevolmente – sono stati partecipi, dal punto di vista ideologico e propagandistico, delle strategie dell’ establishment che ha dissestato il mondo. Purtroppo ha aderito in gran parte all’ agenda Obama anche il capo della Chiesa cattolica, arrivando addirittura ad entrare a gamba tesa contro Trump, durante le presidenziali americane. Lo ha fatto perché il pontificato di Francesco appartiene tutto, fin dalla sua origine, all’ epoca Obama/Clinton e rischia di tramontare con loro.
    Tuttavia il papa – ancora in carica – è pur sempre un leader spirituale che deve avere a cuore le sorti della pace e della collaborazione serena tra i popoli e gli Stati. Dunque dovrebbe benedire questa nuova stagione di pacificazione e dialogo che inizia fra Stati Uniti e Russia. Finalmente potrebbe realizzarsi la grande speranza di Giovanni Paolo II: un’ Europa che respira a due polmoni, quello occidentale e quello orientale. Un’ Europa dall’ Atlantico agli Urali.
    Un’ Europa più grande economicamente e più ricca spiritualmente dell’ arida tecnocrazia dell’ euro. L’ Italia ha tutto da guadagnarci, anche nella prospettiva di liberarsi dalla gabbia dell’ egemonia tedesca che – attraverso quella tecnocrazia dell’ euro – ha messo in ginocchio la nostra economia e pure la nostra dignità nazionale.
    Sarà anche l’ occasione per liberarsi dell’ altro aspetto deleterio dell’ imperialismo obamiano: la devastante dittatura «politically correct» imposta al mondo intero insieme alla nefasta «religione mercatista» che ha messo in ginocchio (dal punto di vista economico e della sovranità) i popoli e gli Stati.
    Antonio Socci
     

  9.   

     
    Giornalista tedesco: “Un Omicidio alla Casa Bianca”, il modo più semplice per porre fine alla “catastrofe Trump”
     
    http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-giornalista_tedesco_un_omicidio_alla_casa_bianca_il_modo_pi_semplice_per_porre_fine_alla_catastrofe_trump/82_18756/
     
    Josef Joffe, giornalista di punta del settimanale tedesco Die Zeit suggerisce il modo più semplice per porre fine alla “catastrofe Trump”  è quello di uccidere il Presidente nella Casa Bianca.
     
    Come riporta Jacob Bojesson del The Daily Caller, Joffe, mentre partecipava a ARD-Presseclub per rispondere ad alcune domande dal pubblico. Un telespettatore ha chiamato e chiesto se fosse possibile procedere con…………..
    ……………..
    …….
     

  10.   

     
    Odiate Trump ma ricordate che morite di fame come sudditi d’Europa. Il villaggio globale è una montagna di merd@
    Emanuele Ricucci
     
    http://blog.ilgiornale.it/ricucci/2017/01/23/odiate-trump-ma-ricordate-che-morite-di-fame-come-sudditi-deuropa-il-villaggio-globale-e-una-montagna-di-merd/
     
    Se te lo voti, non va bene. Se lo tiri fuori dal cilindro nemmeno. Se fa il petroliere, no. Ma neanche se proviene dalla Columbia University. Se è saggio e talentuoso, se la politica la fa da sempre. Se è raccomandato o circonciso. Il presidente non va bene, se parla in nome di certi valori. Trump s’insedia. Gente che urla, chi si denuda. Chi spacca vetrine, chi piange. Donne che farfugliano di sesso e utero. “Sono bella e brutta ma sono mia”, “il presidente non può toccarmi, non dovrà guardarmi, non dovrà pensarmi”, che pare di stare a piazza del Popolo nel ’68 come al tempo del moralismo femminista: alle 16.30 odio gli uomini, alle 17.30 a letto con gli uomini. Le donne di tutto il globo sono incazzate con Trump il porco che non rispetta il delicato universo femminile, sempre mentre in Somalia una donna viene infibulata, a Rotterdam un’altra non esce la sera perché è vittima di stalking in seguito alle violenze di uno stronzo ed un’altra ancora di una sassaiola di cani con la barba che praticano la shari’a. Ipocrisia universale, adolescenziale. Proteste ovunque, le star(esse, per essere al passo con la Boldrini) del globo impazzite. Pompini, cazzi, minacce. Tutto tristemente tratto da una storia vera.
    Trump si è insediato dopo essere stato democraticamente eletto, scelto dal popolo americano in maggioranza. Questo il dato oggettivo – che sacro vocabolo – a livello politico.
    Isteria. Ovunque.
    Ma non eravamo gli emancipatissimi del progresso? Talmente tanto che si sta bene tutti insieme, con lo stesso sesso, nello stesso mercato, con lo stesso Dio, nello stesso mondo piccolo, piccolo, tanto siamo maturi da non dover fare a cazzotti come nel ‘43? Ma guarda tu se anche una sana rosicata deve essere trasformata in un affare di Stato internazionale, in una drammatica condizione di causa-effetto a livello planetario, in cui si scomodano i massimi sistemi sociologici e politologici. Ma non si può proprio fare che ognuno si fa la democrazia che gli pare, visto che siamo così liberi?
    A me, questo villaggio vacanze globale inizia a starmi pesantemente sul cavolo. Anche a me Kim Jong Un fa paura. Un cicciopazzo pericolosissimo, armato di atomica e assurde manie da dittatore. Uno che fucila i dormienti, silura i distratti e mette tutti i coreani, incapaci dignitosamente di sacrificarsi come un tempo eravamo abituati a fare noi europei, in ordine di altezza. Anche a me non vanno bene un sacco di cose. Che la ndrangheta mi ammazza quelli con le palle che non pagano il pizzo, che l’Isis mi massacra Palmira. Che Saviano è considerata l’unica speranza culturale ed intellettuale di questo Paese. Culturalmente posso dissentire. Posso scriverne un pezzo e prendermi gli insulti ma tengo la linea. La linea dell’orizzonte. Posso farmi andare di traverso il panino con nduja e melanzane parlando di TTP, di Soros, delle vongole misurate dall’Europa, dallo strapotere dell’egemonia culturale imperante che, in quanto cristiano, mi vede come una spina sotto la pianta del piede. Fuori tempo, fuori corso, fuori luogo. E invece io vivo, e ardisco come posso, e piango tutti i miei fratelli cristiani un po’ stuprati e gettati in una fosse comune, un po’ decapitati o crocefissi, ovunque. Posso tirare sonore testate al muro del tempo presente, che in realtà sembra più un trapassato prossimo, ma non perdo la lucidità. Anche se scenderei in piazza più che volentieri, come ho sempre fatto.
    Meschina falsità collettiva.
    A Roma protestano le donne, a Latina gli spazzacamini, a Viterbo i norcini e a Rocca Priora i gelatai. Signore, Signori, Signor*, Trump non è il mio presidente! Nel vero senso della parola. Noi abbiamo Gentiloni e Mattarella. E Trump è negli States, come la Le Pen è in Francia. Non siamo un popolo di idealisti, siamo vouyeur.
    Basta! Ripensiamoci, e per qualche ora spegniamo l’internet che ci fa male, a tutti, me compreso.

  11.   

     
    Trump spiazza tutti: è di destra. Ma anche di sinistra
    Marcello Foa
     
    http://blog.ilgiornale.it/foa/2017/01/26/imprevedibile-trump-e-di-destra-pardon-di-sinistra/#
     
    Ricevo diversi messaggi di amici e lettori intelligenti e aperti di spirito che, talvolta da destra e talaltra di sinistra, sono interdetti di fronte  a Trump: non riescono a collocarlo.
     
    I liberisti non apprezzano le possibili barriere tariffarie, quelli di sinistra temono che possa diventare un dittatore. La mia impressione è che, per una volta, sbaglino tutti, per una ragione in fondo semplice: Trump è il primo vero presidente “liquido” per riprendere la citatissima definizione di Bauman ovvero un presidente che esce dagli schemi politici tradizionali.
     
    Vediamo:
     
    è il primo inquilino della Casa Bianca che ammette l’esistenza di importanti sacche di povertà nella società americana e si propone di risolverle. Nel suo orizzonte economico la creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti è una priorità che antepone agli interessi, finora prevalenti, dei gruppi  multinazionali. E’ il primo presidente ad accogliere a poche ore dall’insediamento i sindacati e a promettere migliori opportunità di lavoro in America per le classi più disagiate. Questi sono discorsi di sinistra, che però la sinistra sia europea sia americana nemmeno considera. 
     
    Trump al contempo non vuole creare un nuovo Stato assistenzialista ma ritiene di indurre l’America a riscoprire le proprie virtù ovvero a generare una crescita economica e sociale basata sullo sviluppo e la prosperità degli Stati Uniti. Confida che siano i privati a creare nuovi posti di lavoro, proponendo un baratto: basta delocalizzazioni in cambio di sgravi fiscali e deregulation. Questo è un discorso di destra che però la destra mainstream non contempla considerandoli eretici.
     
    Trump dice basta all’esportazione di democrazia e agli interventi militari all’estero, che hanno accomunato Bush e Obama. Promette un esercito forte ma da usare a fini difensivi. Il suo è un discorso pacifista che però la sinistra non riconosce.
     
    Trump, al contempo, propone la linea dura contro l’estremismo islamico e l’immigrazione clandestina, non sostiene le campagne con fondi pubblici a favore dell’aborto e quelle di sostengo alla LGBT. In questo caso è ovviamente di destra e per una volta sono tutti d’accordo.
     
    Poi ci sono posizioni estreme sull’ecologia, che piacciono a pochi (incluso il sottoscritto). Ci sono le contraddizioni aperte, come la presenza di uomini della Goldman Sachs nel suo governo, che stride con le promesse formulate in campagna elettorale di introdurre una nuova versione del Glass Steagall Act. O come lo strabismo nella lotta al fondamentalismo islamico, che trasuda diffidenza nei confronti dell’Iran ma ignora finora il ruolo di Paesi sponsor dell’Isis come Arabia Saudita e Qatar.
     
    Mettete tutto assieme e ne viene fuori un quadro contrastato, che impedisce una sua caratterizzazione precisa. Sì, certo è di destra ma il partito repubblicano non lo ama. Per certi versi è di sinistra, ma nemmeno il partito democratico  lo sopporta. E questo per la ragione che lo contraddistingue più di ogni altra: non appartiene all’establishment che ha governato l’America e il mondo negli ultimi 30 anni. Non ne condivide gli obiettivi di politica estera, non ammette che i diritti e le sovranità nazionali siano schiacciati e svuotati da organismi internazionali onnipotenti ma nella loro essenza non democratici. Non ama la globalizzazione senza freni e aborrisce l’idea di un Governo Mondiale; di conseguenza osteggia le aziende che non esitano a depauperare il tessuto economico nazionale per conseguire  esclusivamente il profitto. Difende una società radicata nei valori (famiglia, no all’aborto, identità) e la preferisce a quella multietnica e omologata che è stata incoraggiata e diffusa dalle precedenti amministrazioni democratiche e repubblicane, le cui divergenze erano più di facciata che sostanziali.
     
    Trump è un liberale e al contempo si dimostra sensibile agli interessi della classe lavoratrice a cui desidera ridare prospettiva e benessere; è un fan dell’economia di mercato che, però, da patriota qual è, vuole compatibile con gli interessi strategici ed economici del proprio Paese; difende una società stabile, sovrana ma in cui l’ascensione sociale sia una possibilità concreta e non uno slogan retorico.
     
    Non è detto, sia chiaro, che riesca nei suoi intenti. Oggi nessuno può dire se sarà un grande o un pessimo presidente. Ma rappresenta la prima risposta originale alla grande crisi della società moderna occidentale, una crisi a cui fino ad oggi i partiti tradizionali di destra o di sinistra non hanno saputo dar soluzione.
     

  12.   

     
    La nuova fase strategica dell’era Trump
     
    http://www.controinformazione.info/la-nuova-fase-strategica-dellera-trump/
     

    di   A. Terrenzio
    Le parole del neo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, sono suonate come una vera e propria dichiarazione di guerra alle élite mondialista e all’intero establishment americano.
    Secondo le parole del “Tycoon” a terminare e’ l’era del dominio di Wall Street sulla politica ed il ritorno di ques’ultima al servizio del popolo americano.
    Ad assistere al nuovo insediamento un Obama sconfitto che lascia dietro di se una delle presidenze peggiori della Storia Usa, divi di Hollywood, giornalisti della CNN, femministe, agitatori prezzolati da Soros.
    Ma gli Usa, con l’elezione di Trump, entreranno davvero in una nuova era?
     
    Di certo l’elezione del Tycoon californiano non va letta soltanto come risultato del cortocirtuto economico ingenerato dalla globalizzazione.
    Gli oltre 100 milioni di americani, impoveriti dalla Finanza e dalla delocalizzazione degli impianti produttivi, hanno sicuramente svolto un ruolo fondamentale, mostrando quei guasti della mondializzazione economica che hanno finito con lo schiacciare un’intera nazione.
    Per quanto riguarda il quadro estero, la “geopolitica del caos” ha portato pochissimi risultati alla Casa Bianca: l’estromissione dal teatro mediorientale, la riapertura di una “guerra fredda” con la Russia, l’espansione dell”Isis, sono solo le sconfitte piu’ evidenti della fallimentare amministrazione Obama.
    Per porre rimedio ai disastri creati da tale geopolitica del caos urgeva un cambio strategico nelle sfere alte del Pentagono.
    Cio’ che sembra chiaro in questo cambio di amministrazione e’un significativo arretramento dell’elite “internazionalista” facente capo al falco Brezinsky ed il riaffacciarsi di personaggi “evergreen”come Herry Kissinger, alla guida della nuova fase strategica americana.
    In particolare, dietro le dichiarazioni di rispetto ed ammirazione per Putin, da parte del neo-presidente repubblicano, ci sarebbe l’intenzione di riconfigurare la geopolitica Usa rompendo l’asse Mosca-Pechino. Sedurre la Russia in tale nuovo quadro servirebbe a colpire l’anello debole dell’area eruasiatica: l’Iran.
    Come nota acutamente Roberto Vivaldelli sulla rubrica “Gli occhi della Guerra”, la strategia di Kissinger si differenzierebbe da quella di Brezinski, in una partnership con Mosca ed un allontanamento da Pechino.
    In tale ottica vanno lette anche il possibile ritiro delle sanzioni alla Russia ed un eventuale riconoscimento della Crimea.
    Come ricordato da G. La Grassa, gli Stati Uniti non rinucerebbero affatto alla loro leadership planetaria ma cambierebbero solo strategia al fine di riformulare la loro politica di potenza.
    Nella fase incipiente al mondo multipolare, assiastiamo al configurarsi di “alleanze fluide” ed il cambio strategico di Washington ne e’ l’evidente dimostrazione.
    Tuttavia, come accennato da Gianni Petrosillo su questo blog (Conflitti e strategie)  non e’ escluso che in tale nuova strategia anche gli strumenti di dominio culturale americano subiscano un radicale cambiamento.
    Il politicamente corretto, l’universalismo democratico e tutto l’ideologismo dei diritti, potrebbero essere non piu’ utili ai nuovi “hauks” di Washigton decisi ad investire in un ritorno al sovranismo ed al ripristino di valori conservativi.
    Lo stesso attacco cosi’ esplicito di “The Donald” alle multinazionali ed ad mondo finanziario, accusati di aver ridotto alla poverta’ la maggioranza dei lavoratori americani, non dovrebbe essere letto diversamente.
    Il collasso della societa’ americana, unita ai disastri creati dall’amministrazione dei Democratici, hanno posto questi ultimi in uno stato di minoranza nei piani alti del Pentagono.
    Resta da capire come Donald Trump affrontera’ i dossier piu’ caldi della politica estera Usa: Stato Islamico, Russia, Cina.
    I rapporti con la Federazione Russa sono ancora avvolti nell’ambiguita’.
    Le dichiarazioni del neo Segretario di Stato Rex Tillerson, del Capo del Pentagono James N. Mattis, fino al Capo della Cia Max Pompeo, sono ben lontani dai toni distensivi ed amichevoli usati da Trump nei confronti di Putin e di rimando al ruolo che giochera’ la Nato.
    I 5000 uomini inviati nell’Est Europa da Obama, comunque non rappresentano un buon segnale, e bisognera’ capire se la nuova amministrazione del Pres. alleggerira’ concretamente le pressioni su Mosca.
    Un’altra questione riguardera’ i rapporti con i populismi di destra europei e se Trump ne rappresentera’ un alleato.
    I movimenti sovranisti in tal caso, potrebbero svolgere un ruolo di rottura dell’establishment tecno/finanziario dell’UE, specie se in paesi come la Francia e la Germania,dovessero determinarsi strappi simili a quelli della Brexit. E qui si aprirebbe un altro interrogativo, tutt’altro che di secondo piano: che ruolo avra’ l’Europa alla luce di una ritrovata partenership russo-statunitense?
    Se anche nell’ Ue dovessero’ affermarsi forze indentitarie e sovraniste nelle prossime elezioni francesi e tedesche, questa nuova fase multipolare potrebbe entrare nel vivo.
    La possibilita’ di ristrutturare i vertici politici dell’Unione potrebbe finalmente ridare all’Europa quel ruolo di “polo” che le manca da troppo tempo, a causa dell’inadeguatezza dei suoi leader.
    E’ troppo presto per avventurarsi in previsioni. Di certo c’e’ solo che i rapporti di forza tra gruppi di pressione alla Casa Bianca sono mutati ed i suoi effetti non tarderanno a manifestarsi anche su scala globale
     

  13.   

    bravo, hai usato la parola giusta: psicolabile. Il fatto e’ che agli americani che l’hanno eletto non interessa nulla che Trump abbia la stabilita’ emozionale di un bambino di 6 anni, tanto forte e’ l’odio per la Clinton, i democratici e i media che hanno portato Trump a stravincere le primarie e poi vincere le elezioni (pur perdendo il voto popolare di  3 milioni di voti: non ci credeva nemmeno lui!!!) al solo scopo di scardinare il sistema. Secondo me lo fanno fuori, anche se non esserci riusciti con Obama che era odiato come nero, dimostra che ormai uccidere un presidente in America e’ impossibile, troppo protetto dai Servizi Segreti. Lo faranno fuori legalmente, uno cosi’ porta il paese a catafascio…. Ho trovato un altro articolo, del Washington Post, non un blogghetto di sinistra pro-democratici:
    Could there be something … ‘neurologically wrong’ with Donald Trump?
     
    On MSNBC on Wednesday morning, Joe Scarborough floated the idea that Donald Trump might be a sociopath.
    “We’re asking ourselves — I didn’t say this, but this is what everybody is saying: Is Donald Trump a sociopath?” the “Morning Joe” co-host said to guest Ari Fleischer, former press secretary for President George W. Bush. “Am I voting for a sociopath? And I know you’ve heard it because I’ve heard it. And all my Republican friends have heard it.”
    The unusual thing about Scarborough’s comment is that it wasn’t all that unusual. It is becoming commonplace for people in the media to wonder about the mental health of a major-party nominee for president of the United States…….

  14.   

    Dobbiamo pensare che gli americani diano in mano ad un presidente psicolabile la valigetta con i codici della armi nucleari? Gli stessi repubblicani avrebbero permesso ad un matto di partecipare alle primarie? Che sia narciso ci può stare, che sia egocentrico pure, ma un pazzo non arriva dove è arrivato lui senza che qualcuno non lo fermi prima.

  15.   

    ma la cosa e’ emersa nella primarie! nel link che ti ho mandato il filmato parla di “candidato” mentre questo che ho appena trovato ha la data del giugno 2016:
     
    http://www.theatlantic.com/magazine/archive/2016/06/the-mind-of-donald-trump/480771/
     
    ti chiedi giustamente: Secondo te in America potrebbe mai essere eletto un presidente con evidenti disturbi psichiatrici? ebbene abbiamo visto che si’, e’ possibile. Come del resto e’ stato possibile per la prima volta in assoluto dagli anni ’70 eleggere presidente un candidato che non ha presentato la dichiarazione dei redditi al fisco: non era mai successo. 
     
     

  16.   

    Abbastanza ingenuo credere a queste lettere di psichiatri pro Clinton. Secondo te in America potrebbe mai essere eletto un presidente con evidenti disturbi psichiatrici? Pensi che la cosa non sarebbe emersa addirittura nelle primarie?

    Originariamente inviato da belfagor: scusa ma chissenefrega della mancanza di classe o del riporto o della Casa Bianca tutta in oro, il punto e’ che Trump e’ un malato mentale! Ma non si tratta di narcisismo, e’ uno psicopatico con problemi mentali seri che mettono in pericolo non solo l’America ma il mondo. Leggete qui:   Is Donald Trump Mentally Ill? 3 Professors Of Psychiatry Ask President Obama To Conduct ‘A Full Medical And Neuropsychiatric Evaluation’    
     

    Originariamente inviato da fisheagle: sicuramente un argomento valido e interessante, peccato che fino ad’ora tutte le previsioni sulla performance di Trump si siano rivelate totalmente sbagliate, staremo a vedere cosa succede con questa. Secondo me tanta gente confonde il proprio disgusto per l’individuo in se con i suoi risultati, il fatto che non abbia gran classe come persona non corrisponde automaticamente alla mancanza di risultati.

     

     
     

  17.   

    scusa ma chissenefrega della mancanza di classe o del riporto o della Casa Bianca tutta in oro, il punto e’ che Trump e’ un malato mentale! Ma non si tratta di narcisismo, e’ uno psicopatico con problemi mentali seri che mettono in pericolo non solo l’America ma il mondo. Leggete qui:
     
    Is Donald Trump Mentally Ill? 3 Professors Of Psychiatry Ask President Obama To Conduct ‘A Full Medical And Neuropsychiatric Evaluation’
     
     

    Originariamente inviato da fisheagle: sicuramente un argomento valido e interessante, peccato che fino ad’ora tutte le previsioni sulla performance di Trump si siano rivelate totalmente sbagliate, staremo a vedere cosa succede con questa. Secondo me tanta gente confonde il proprio disgusto per l’individuo in se con i suoi risultati, il fatto che non abbia gran classe come persona non corrisponde automaticamente alla mancanza di risultati.

     

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    sicuramente un argomento valido e interessante, peccato che fino ad’ora tutte le previsioni sulla performance di Trump si siano rivelate totalmente sbagliate, staremo a vedere cosa succede con questa. Secondo me tanta gente confonde il proprio disgusto per l’individuo in se con i suoi risultati, il fatto che non abbia gran classe come persona non corrisponde automaticamente alla mancanza di risultati.

  19.   

    Diminuiranno gli utili delle multinazionali e aumenteranno gli utili delle piccole e medie imprese. Il manifatturiero rinascerà e con esso l’occupazione distrutta dalla globalizzazione. Il programma di Trump non è nato da una serata di donne e whisky, ma da una semplice constatazione: l’America non è composta da multinazionali, ma da cittadini e se per accrescere l’utile delle multinazionali occorre distruggere il reddito e il benessere dei cittadini, alla fine distruggo il popolo americano. Se questo l’avessero pensato anche in Europa, adesso non staremmo qui a discutere di recessione o di eccesso di debito pubblico o di calo delle entrate tributarie. Trump ha capito che le multinazionali non mirano al benessere del popolo ma al solo utile netto annuo, e che vi sono aspetti delle multinazionali che sono in aperto conflitto con il benessere del popolo e della nazione, quindi ha preso adeguate misure per riportare il popolo americano al centro degli interessi politici. Il debito pubblico americano? Finora con i democratici al potere per otto anni è cresciuto e non di poco, ma non vedo perchè dovrebbe crescere ulteriormente sostituendo l’utile delle multinazionali che non pagano imposte con l’utile delle piccole e medie imprese che pagano le imposte. Ho l’impressione che la critica mossa dal repubblicano in questo articolo, sia mossa da qualche “favore” ricevuto da qualche multinazionale.