Debito pubblico italiano, nuovo record. Chi pagherà?

Banche centrali le tentano tutte per creare inflazione: nemico numero uno è diventata la deflazione. Ma c'è un prezzo da pagare per le spese allegre delle autorità e a pagare saranno in molti, non solo con incremento tasse.

(WSC) ROMA – L’economia mondiale uscirà da questa crisi con le ossa rotte e con livelli ancora più elevati di debito pubblico e di deficit fiscale. Alla fine del 2019, prima dello scoppio della pandemia di Covid-19, il passivo complessivo dei paesi più potenti al mondo del G7 era pari al 120% del Pil. A fine 2020 raggiungerà livelli del 140%. Per l’Italia in particolare il rapporto debito / Pil secondo le stime oltrepasserà la soglia del 160%.

La decisione dei governi di mezzo mondo di chiudere le attività per contenere la propagazione del nuovo coronavirus ha portato a un arresto dell’economia brusco. Per ridare impulso ai consumi delle famiglie e agli investimenti delle aziende le autorità hanno risposto lanciando massicci programmi di spesa. Chissà come mai, tuttavia, si parla molto poco di chi pagherà pegno per queste spese importanti.

Non si parla di come e chi dovrà risanare i debiti

È notizia di ieri – e non sorprende nessuno dopo le misure di spesa allegra del governo italiano per arginare la crisi – che il debito pubblico è salito su nuovi record. In aprile il passivo statale è aumentato di 36 miliardi portandosi a 2.467 miliardi e 100 milioni. A pesare è stato anche il calo pesante (-20%) delle entrate tributarie.

Oltre al fabbisogno del mese (pari a 17,7 miliardi) il maggiore indebitamento riflette l’incremento delle disponibilità liquide del Tesoro (di 16,8 miliardi, fino a quota 46,9). I premi e gli scarti all’emissione e al rimborso, la rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e la variazione dei tassi di cambio hanno aumentato il debito di ulteriori 1,4 miliardi.

Il CIO di Banque de Luxembourg Investments Guy Wagner osserva sul blog della società di asset management che nella crisi di 12 anni fa, gli aiuti pubblici ammontavano a centinaia di miliardi. In questa fase, si parla di cifre con uno zero in più, ossia di diverse migliaia di miliardi.

Se tassi salgono, costo per ripagare debito diventerà proibitivo

“Per la gente comune, le somme annunciate per salvare le banche, il sistema finanziario e l’economia globale sono concetti molto astratti. Stranamente, non si parla mai di chi dovrà risanare i debiti accumulati“.

Secondo certe teorie economiche, diffuse per esempio in alcuni paesi sudamericani, è possibile creare benessere stampando semplicemente nuovo denaro all’infinito. Così però si illudono i cittadini e gli investitori. “Sebbene i tassi siano bassi o negativi al momento nella maggior parte dei paesi industrializzati, non c’è alcuna certezza che lo rimarranno per sempre. Se dovessero salire, e il debito pubblico dovesse continuare a gonfiarsi, il costo per ripianare i debiti diventerebbe proibitivo”.

“Bisognerà poi trovare qualcuno disposto a comprare tutti i bond che il governo vuole emettere“. Si sbaglia chi pensa che i fondi del settore privato, soggetti a limitazioni, “possano essere interessati a comprare titoli di Stato con rendimenti poco attraenti per la maggior parte degli investitori”.

Politica banche centrali: castello di carta destinato a crollare

È qui che entrano in gioco le banche centrali. Annunciando che comprerà anche bond societari, la Federal Reserve è riuscita a spingere in rialzo i mercati azionari in virtù di dati economici nel complesso ancora molto negativi. L’idea è che i titoli comprati nell’ambito dei programmi di quantitative easing sarà poi rivenduta al settore privato. Ma non è detto che ciò accada.

Ne è passata di acqua sotto i ponti dagli Anni 70 ai giorni nostri. Oggi il nemico principale delle autorità di politica monetaria è diventata la deflazione.

“Le tentano tutte per creare inflazione. Si dimenticano che una deflazione tiepida è il caposaldo del buon funzionamento dell’economia di libero mercato. In un’economia di questo tipo, il calo dei prezzi è il risultato di un incremento della produttività e di una concorrenza leale”.

Un raffreddamento dell’inflazione è la conseguenza di un incremento della quantità e/o qualità dei beni e dei servizi prodotti e del potere d’acquisto delle famiglie. La deflazione diventa un problema soltanto quando il debito è eccessivo o quando la domanda aggregata si indebolisce troppo. Di solito succede quando i consumatori e le imprese perdono fiducia nel futuro.

Il vero nemico dell’economia è l’inflazione, non la deflazione

“Spesso una tale perdita di fiducia si verifica in concomitanza con lo scoppio di una bolla speculativa (sia essa immobiliare o finanziaria)”. A loro volta, “tali bolle sono spesso il risultato  di una politica monetaria irresponsabile”. L’idea che la deflazione sia negativa ẻ la conseguenza di quanto avvenuto durante la Grande Depressione degli Anni 30 successiva al crac di mercato del 1929.

Le azioni straordinarie delle banche centrali sono un castello di carta destinato a crollare perché la teoria economica su cui si basano fa buchi da tutte le parti. È l’inflazione il vero nemico dell’economia, non la deflazione. Penalizza i valori che dovrebbero essere alla base dell’economia: lavoro, risparmio, frugalità. Perché dovrei lavorare sodo oggi se il ricavato di quel lavoro non mi permette di vivere comodamente domani? Perché dovrei risparmiare oggi se i miei risparmi non mi permettono nemmeno di comprare una casa?

Perché non indebitarsi semplicemente in una valuta destinata a diminuire in valore? La base di tutta la nostra società è
in un certo senso una scommessa sul futuro resa possibile dal capitale. Investimenti, innovazione, credito: tutto è proiettato verso il domani. L’inflazione spezza questa spirale, rovinando la festa.

Non esiste la bacchetta magica in economia. C’è un prezzo da pagare se si stampa denaro e si crea debito. “E molti pagheranno“, in modi diversi, non solo come con la misura diretta e facilmente percepibile di un incremento delle tasse.

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