Si gonfiano i depositi in banca, gli italiani non spendono (effetto Covid)

Il totale sui conti correnti tocca 1.682 miliardi, poco meno del Pil italiano. Motivi: frenata dei consumi, sussidi a pioggia, paure mediche. A fotografare la crescita dei risparmi è l’ultimo rapporto Abi.

(WSC) ROMA – Si investe e si spende meno e si risparmia di più. Al tempo del Covid-19 gli italiani preferiscono aumentare i depositi in banca. Sia, e soprattutto, le imprese, non investendo la liquidità accumulata in questi mesi grazie anche ai finanziamenti garantiti dallo Stato, sia le famiglie. Alle quali la frenata dei consumi ha ampliato la quota di budget da “lasciare” in banca. A fotografare la crescita dei risparmi è l’ultimo rapporto dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana.

Depositi a 1.682 miliardi, poco meno del Pil italiano

A settembre i depositi in conto corrente, certificati di deposito e pronti contro termine sono aumentati di oltre 125 miliardi (+8%) rispetto a un anno prima, mentre la raccolta a medio e lungo termine (obbligazioni) è diminuita di circa 15 miliardi (-6,3%). Così l’ammontare dei depositi tocca 1.682 miliardi, poco meno del Pil italiano. Sempre a settembre sono aumentati anche gli impieghi (finanziamenti a imprese e famiglie) ma con un tasso decisamente inferiore ai depositi e pari, sull’anno, a un più 4,8%.

Del resto le incognite sulla pandemia stanno spingendo le famiglie ad accumulare riserve di liquidità qualora le cose peggiorino e le imprese a rinviare gli investimenti. Di per sé il risparmio, commenta Gianfranco Torriero, vice direttore generale Abi, non è negativo. Oggi si tratta di un risparmio “cautelativo” come forma di difesa da un futuro incerto, ma se questo comportamento è strutturale diventa un freno alla ripresa.

Liquidità parcheggiata non è positiva

Perché è importante che crescano i depositi ma questa liquidità deve essere reimmessa nell’economia reale, finanziando famiglie e imprese. Queste ultime però sono quelle che stanno accantonando maggiore liquidità (+17% contro il +4% delle famiglie) rinviando gli investimenti nonostante il tasso medio sui finanziamenti fosse a settembre al minimo storico del 2,27% e all’1,29% quello sui mutui. “È quindi importante – conclude Torriero – che la crescita dei depositi si associ a una domanda di finanziamenti soprattutto da parte delle imprese, per effettuare investimenti, fattore cruciale per l’aumento del reddito nazionale”.

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