Salvini rompe centro-destra, se Berlusconi vota Cottarelli

Crisi istituzionale dirompente. Mattarella darà l’incarico all’economista. Domina il leader Lega. Di Maio per l’impeachment ma esce sconfitto.

Dopo il passo indietro del premier incaricato Giuseppe Conte che ha rimesso l’incarico perché impossibilitato a procedere visto il veto sul ministro dell’Economia Paolo Savona, oggi al Quirinale è atteso Carlo Cottarelli. Il capo dello Stato Sergio Mattarella lo ha convocato per valutare la strada che porti alla formazione di un governo neutrale scatenando però le ire di Movimento Cinque Stelle e Lega. Luigi Di Maio ha invocato l’impeachment mentre Salvini ha chiesto un ritorno rapido al voto.

Salvini mette in guardia Berlusconi

In particolare c’è da risolvere il nodo dell’alleanza con Berlusconi. «Se Forza Italia e Berlusconi votano o si astengono sul governo Cottarelli, mi pare evidente che l’alleanza di centro destra si rompe» ha detto il leader della Lega ospite a “Circo Massimo” su Radio Capital. «Ieri – ha aggiunto – non ho parlato con Berlusconi, ma ho letto il suo comunicato in cui dice “viva viva i risparmi degli italiani sono in sicurezza”. Se in fondo non ci fosse stata la firma di Berlusconi, sembrava un comunicato di Renzi o Martina. Adesso arriva Cottarelli e vediamo se l’alleanza regge».

Borse positive, spread in calo

Piazza Affari positiva in apertura (circa +2%) trainata dalle banche dopo la rinuncia di Giuseppe Conte a formare il governo. Dopo aver ceduto il 4,5% la scorsa settimana e oltre il 7% nelle ultime due, il Ftse Mib torna positivo mentre il resto d’Europa guadagna oltre mezzo punto percentuale. Anche lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi apre in calo a 191 punti, dopo aver sfondato quota 210 punti venerdì. I mercati registrano il fallimento del tentativo di formare un governo giallo-verde, considerato troppo populista e antieuropeo. Adesso guardano con preoccupazione alla prospettiva di elezioni anticipate ma sembrano gradire l’incarico a Carlo Cottarelli, un tecnico di provata esperienza. Il rendimento del decennale italiano cala al 2,36%.

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— Ci ha provato in ogni modo Luigi Di Maio, a frenare la corsa verso il burrone. Ha cercato disperatamente di convincere Paolo Savona a fare una retromarcia decisa sull’euro. Ha discusso e alzato la voce con Matteo Salvini, che sospettava da tempo volesse tornare alle urne. Ha cercato di convincere il leader leghista e il capo dello Stato e ha estratto dal cilindro ipotesi di spacchettamenti e nuovi nomi per affiancare o spostare Savona. Ma non c’è stato nulla da fare e la rabbia che mostra nel video su Facebook è impastata di delusione e incredulità. Ma anche esacerbata ad arte. Perché Di Maio sa bene che ora sarà campagna elettorale permanente.

E la sua delusione è rivolta anche contro Salvini, che non ha accettato le soluzioni proposte (tra gli altri Giancarlo Giorgetti al posto di Savona). Le prime mosse del leghista non fanno capire se mollerà al suo destino Silvio Berlusconi (che ha comunque criticato) e Giorgia Meloni. E dunque il primo avversario di Di Maio sarà il populismo barricadero del capo leghista, maestro indiscusso dell’indignazione popolare. Per questo bisogna alzare la voce e far montare la rabbia del «popolo». Per questo Di Maio si gioca la carta più pesante. Quella già messa in campo contro il detestato Giorgio Napolitano, ma che ora colpisce un presidente amico, Sergio Mattarella: l’impeachment. Lo dice a Che tempo che fa e lo ripete in un comizio serale a Fiumicino, affiancato da uno scatenato Alessandro Di Battista. Che urla: «Questi sono gli ultimi colpi di coda di politici morenti». Di Maio aggiunge un altro elemento: «È difficile ora per me credere nelle istituzioni. Era una cosa premeditata questa, volevano far fallire il governo del M5S e della Lega. E avevano già pronto Cottarelli».

Saranno giorni da tregenda. Non a caso Elio Lannutti, proprio lui che temeva questo governo con «cariatidi, lestofanti del potere marcio e corrotto», parla di «golpe». È lui tra i primi, insieme a Carlo Sibilia, a rilanciare l’idea dell’impeachment, fatta filtrare dai vertici. Più di uno evoca la piazza, una protesta di massa, una prova di forza che faccia vedere con chi sta «il popolo». «Dovremmo mettere sotto assedio il Parlamento», dice un deputato. Si vedrà dove porterà la strada intrapresa. Anche perché non è escluso che anche da sinistra si usi la leva della piazza. Con scenari certo non rassicuranti. Di Maio nel video pronuncia parole gravi: «Allora ditelo che è inutile che andiamo a votare, tanto i governi li decidono le agenzie di rating. Non possiamo stare a guardare e dire “torniamo al voto”, se poi anche con l’80% ci ridicono di no». Anche se poi interviene Beppe Grillo, che fa sentire il suo soffio ambiguo: twitta il film horror A Quiet Place, e «shhh». Un modo per esprimere disapprovazione per la richiesta di impeachment? Goliardia amara? Molto più probabilmente un invito a non esagerare, a non forzare troppo i toni, perché potrebbe diventare un boomerang.

Ma alzare la voce serve anche per ribadire la leadership, a rivendicare l’innocenza per la rivoluzione tradita. Questi mesi sono passati non senza incertezze di linea. Di Maio è perfino caduto nella trappola di un Pd che gli ha fatto credere in un accordo. Poi è tornato a braccetto con Salvini, che però, a giorni alterni, ribaltava il tavolo. Nel Movimento sono cresciute le critiche. Lannutti, ma anche Paola Nugnes, Matteo Mantero, Giuseppe Gallo, Vincenzo Presutto. Non è passato inosservato neanche il tweet di Roberto Fico, che esultava per l’ong Miracle. Decisamente fuori linea rispetto al contratto con Salvini. Si fa sentire anche la pressione di Di Battista, che solo il giorno prima dello showdown annunciava la sua ricandidatura. La leadership, fa sapere, resterà di Di Maio, per ora. Poi chissà. Intanto ieri a Ivrea gli uomini più vicini a Davide Casaleggio esprimevano la loro delusione: «Salvini ci ha usato per i suoi fini».

Comunque sia, bisogna trovare un capro espiatorio. Il Quirinale, i poteri forti, le istituzioni, la Germania, gli euroburocrati. Ma anche Salvini che, come diceva ad amici Vincenzo Spadafora, «era chiaro che voleva andare al voto». A meno che il leghista non si produca in un altro colpo di scena pirotecnico e non abbandoni la nave del centrodestra per un’alleanza organica o almeno un patto di desistenza con M5S. Comunque vada, è difficile che Grillo possa ripetere la frase che pronunciò lo scorso marzo: «Salvini? Di lui ci si può fidare».

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1 commento

  1.   

    salvini ha il vento in poppa ma da buon marinaio conosco la volubilità del vento– poi esagera visto che lui è stato autorizzato a far un governo con i nemici del cav non vedo perchè il cav non possa votare per un governo di suo gradimento. riguardo al partito per cui ho votato la meloni è stata chiara..come sempre avrem molti difetti ma non che ci manchi la chiarezza.. no m5s e no governi tecnici…