Magistrati, sbagliate: nessuna pietà per Riina, deve morire in carcere

Scandalosa sentenza della Cassazione, a favore del ‘Capo di tutti i capi’ che ha fatto uccidere 200 persone e con la mafia ha dichiarato guerra allo Stato. La …

Scandalosa sentenza della Cassazione, a favore del ‘Capo di tutti i capi’ che ha fatto uccidere 200 persone e con la mafia ha dichiarato guerra allo Stato. La grandissima maggioranza dei cittadini sono contro qualsiasi provvedimento umanitario.

Il «diritto a morire dignitosamente» va assicurato a chiunque sia detenuto. Tanto più che – fermo restando lo «spessore criminale» – va verificato se Totò Riina possa ancora considerarsi pericoloso vista l’età avanzata e le gravi condizioni di salute. La Cassazione apre, insomma, al differimento della pena per il capo di Cosa Nostra, ormai ottantaseienne e con diverse gravi patologie. Sulla base di queste indicazioni, il tribunale di sorveglianza di Bologna dovrà decidere sulla richiesta del difensore del boss, finora sempre respinta.

Nomi mafiosi come Corleone, Liggio, e ben 200 cadaveri di gente che lui ha fatto ammazzare; poi le stragi, compresi gli assassinii di Falcone e Borsellino: la carriera criminale di Totò Riina non ha uguali in Italia e nel mondo. Per quale motivo allora essere ‘leggeri’ con il capo incontrastato di Cosa Nostra? Uno che commise il primo omicidio nel 1949 a 19 anni. Poi la latitanza durata 23 anni.

Eppure la prima sezione penale della Cassazione per la prima volta ha accolto il ricorso del difensore di Totò Riina, che chiede il differimento della pena o, in subordine, la detenzione domiciliare. La richiesta (si legge nella sentenza 27.766, relativa all’udienza del 22 marzo scorso) era stata respinta lo scorso anno dal tribunale di sorveglianza di Bologna, che però, secondo la Cassazione, nel motivare il diniego aveva omesso «di considerare il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico».

Il tribunale non aveva ritenuto che vi fosse incompatibilità tra l’infermità fisica di Riina e la detenzione in carcere, visto che le sue patologie vengono monitorate e quando è stato necessario s’è fatto ricorso al ricovero in ospedale a Parma. Ma la Cassazione sottolinea, a tale proposito, che il giudice deve verificare e motivare «se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza ed un’afflizione di tale intensità» da andare oltre la «legittima esecuzione di una pena».

Il collegio ritiene che non emerga dalla decisione del giudice in che modo si è giunti a ritenere compatibile con il senso di umanità della pena «il mantenimento il carcere, in luogo della detenzione domiciliare, di un soggetto ultraottantenne affetto da duplice neoplasia renale, con una situazione neurologica altamente compromessa», che non riesce a stare seduto ed è esposto «in ragione di una grave cardiopatia ad eventi cardiovascolari infausti e non prevedibili». La Cassazione ritiene di dover dissentire con l’ordinanza del tribunale, «dovendosi al contrario affermare l’esistenza di un diritto di morire dignitosamente» che deve essere assicurato al detenuto.

Inoltre, ferme restando «l’altissima pericolosità» e l’indiscusso spessore criminale il tribunale, il tribunale non ha chiarito «come tale pericolosità «possa e debba considerarsi attuale in considerazione della sopravvenuta precarietà delle condizioni di salute e del più generale stato di decadimento fisico».

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1 commento

  1.   

    “il senso di umanità della pena “?
    Ma dove vedono necessità di umanità in questo personaggio al quale sono state anche dedicate dal nostro stato colluso decine di fiction? Siamo platealmente ormai governati da cosa nostra pubblicità compresa. Quando sento certi titoli di fiction tipo “il capo dei capi”, spettacoli che non guarderei nemmeno se  recitassero assieme Laurence Olivier, Vittorio Gasman e Richard Burton mi chiedo a quali livelli la cupola non sia ancora arrivata, la sentenza di oggi toglie ogni dubbio.