Alert ‘cessione del quinto’: valanga di ricorsi. Invece del 5,6% Taeg effettivo 21%

Per fare un esempio con un caso reale portato di fronte all’Arbitro bancario: per 10.816 euro di prestito, il cliente che ha fatto ricorso si era trovato a …

Per fare un esempio con un caso reale portato di fronte all’Arbitro bancario: per 10.816 euro di prestito, il cliente che ha fatto ricorso si era trovato a restituirne 24.360 in tutto.

La crisi ha spinto sempre più famiglie a chiedere prestiti anche per le spese più piccole. Molte si sono rivolte alla Cessione del quinto dello stipendio (o della pensione). Si tratta di una forma di finanziamento dedicata ai dipendenti, in particolare ai dipendenti statali. La rata viene scalata direttamente dalla busta paga (o dalla pensione) e a garantire è il datore di lavoro.

La formula, che di fatto è a rischio zero per chi concede il credito, piace molto alle banche. Nonostante la bassissima rischiosità, il cliente però finisce per pagare interessi alti, con picchi che arrivano a superare addirittura il 20% per il tasso reale. Per le famiglie la Cessione finisce così per diventare un terreno minato.

A testimoniarlo è la valanga di ricorsi che ogni anno arriva davanti all’Arbitro bancario e finanziario. Nel 2015 i ricorsi sulla Cessione del quinto sono stati il 54% dei contenziosi complessivi. Nel 2016 sono saliti al 70%.

Banca d’Italia è intervenuta diverse volte. E sulla Cessione del quinto è atteso un nuovo suo intervento che dovrebbe dettare delle linee guida più virtuose per banche e finanziarie.

Ma quali sono i guai più frequenti? Una delle «trappola» che si presenta più spesso è quella sulle polizze assicurative – racconta Alessandro Pontremoli, avvocato di Assoprotect, associazione a tutela dei consumatori -. Possono far lievitare il tasso d’interesse reale anche sopra le due cifre».

In pratica, al cliente viene fatta sottoscrivere un’assicurazione che tutela da rischi vita e impiego. Alcune volte queste polizze arrivano a cifre esorbitanti, anche 5mila euro su un prestito da 20mila. In questo modo, il tasso d’interesse reale, da pagare effettivamente, sarà molto più alto di quello scritto sul contratto e che non conteggia queste spese così dette accessorie.

Banca d’Italia in realtà già nel 2010 aveva messo dei paletti a questa pratica ma non sempre sono stati rispettati. Ora una sentenza della Cassazione dello scorso aprile potrebbe mettere definitivamente un freno a questo modo di operare. Il giudice ha, infatti, stabilito che l’assicurazione rileva al fine del calcolo del tasso effettivo (Taeg o Teg). «Si tratta di una sentenza che è retroattiva e che quindi potrebbe tirare in ballo contratti degli anni passati perché la legge che recepisce questi principi è del 1996» dice Pontremoli.

Un altro caso frequente riguarda l’estinzione anticipata del prestito e la polizza. La giurisprudenza, quasi sempre, dice che la parte del premio non goduta va restituita. Banche e finanziarie molte volte non si muovono in questa direzione.

C’è poi la giungla di provvigioni e di commissioni di intermediazione. Poco trasparenti e davvero molto esose. Anche queste, molte volte, non vengono conteggiate nel tasso d’interesse proposto. Alla fine il prestito verrà a costare molto di più di quello che il cliente si aspettava.

Per fare un esempio con un caso reale portato di fronte all’Arbitro bancario: per 10.816 euro di prestito, il cliente che ha fatto ricorso si era trovato a restituirne 24.360 in tutto. In questi 24.360 euro erano compresi: 4000 euro di commissioni cessionario, 1400 di commissioni per il mediatore creditizio e 2250 euro di polizza (il Tan era bassino: 5,6% ed è probabilmente quello che ha convinto il cliente alla firma, il Taeg invece arrivava al 21%).

Quindi prima di firmare il contratto vanno lette sempre bene tutte le clausole e tutte le voci di costo del finanziamento, che può finire per essere molto alto, in media 15-20% con punte al 25%, a seguito delle voci accessorie. Inoltre, bisogna sempre valutare la sostenibilità dell’importo. «Abbiamo seguito alcuni casi di Cessione del quinto che presentavano rate superiori l’ammontare dello stipendio – racconta Libero Giulietti, legale Aduc -. Il rischio per le famiglie è di finire nel sovraindebitamento e in guai più grandi».

Fonte: La Stampa

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