Metalli e bond Usa mandano un segnale ribassista per le Borse

Complice la liquidità in eccesso, negli ultimi mesi si è verificata una rottura di molte relazioni solide tra asset. Di queste ce n'è una che preoccupa in particolare.

(WSC) GINEVRA – L’economia mondiale si sta riprendendo a un ritmo più rapido delle attese, secondo un sondaggio del Wall Street Journal pubblicato in questi giorni. Gli economisti interpellati si aspettano un tasso di crescita annualizzato del Pil del 23,9% nel terzo trimestre. Ma i negoziati tra le autorità politiche americane per varare un nuovo piano di aiuti si sono arenati e la Bce con le sue parole poco incisive non ha convinto gli operatori di mercato.

I mercati finanziari che, complice il timore di una seconda ondata di contagi di Covid-19, attraversavano già un momento no, rischiano di sbandare ancora se l’economia e il mercato del lavoro non offriranno sufficienti garanzie. Anche perché sotto il profilo macro la ripresa negli Stati Uniti è trainata dai posti di lavoro a tempo parziale e non dall’occupazione full-time.

Dal punto di vista più tecnico, poi, i titoli prima ipercomprati del settore hi-tech – trascinatori durante il rally recente – sono in estrema difficoltà. A tutto questo si è appena aggiunto un importante segnale ribassista da prendere in considerazione. Negli ultimi mesi si è verificata difatti una rottura di molte relazioni solide tra asset. Ciò è dovuto in parte a un’impennata della liquidità in eccesso nel sistema.

Di queste ce n’è una che preoccupa in particolare e riguarda il prezzo di un metallo industriale. La direzione opposta intrapresa dai bond statunitensi rispetto al rame ci dice che l’ultimo trimestre potrebbe farsi complicato per i rialzisti di Borsa.

Interrotta una delle relazioni a lungo termine più solide nei mercati

Uno dei rapporti più consistenti tra le due principali classi di asset di mercato si è improvvisamente interrotto, facendo presagire un periodo di rendimenti azionari più deboli. Tendenzialmente il prezzo del rame si muove in linea con il rendimento del Treasury Usa a 10 anni. Sulla carta i due asset non sembrano aver grandi cose in comune, ma in realtà sono spinti dalle stesse forze.

Come molti altri metalli industriali, il rame è sensibile all’andamento della crescita economica e alla domanda industriale. Il suo prezzo tende a salire quando l’economia è in piena salute. È anche il periodo in cui i rendimenti dei titoli del Tesoro tendono a salire, con la Federal Reserve che impone misure di irrigidimento monetario per mettere un freno all’inflazione.

Negli ultimi mesi non è andata così. Il rame è rimasto costantemente nella parte alta della sua fascia di prezzo a un anno (sopra l’85%), mentre il rendimento del bond di riferimento decennale americano è rimasto ancorato al 15% inferiore della sua fascia. È quanto riferisce in un report pubblicato giovedì Jason Goepfert di Sentiment Trader. La divergenza va avanti pressoché costantemente da 50 giorni. Si tratta del periodo più lungo almeno dagli Anni 90.

Un altro esempio delle distorsioni create dalle droghe monetarie

La ragione principale della disconnessione, secondo Goepfert, è la combinazione di generosissimi piani di stimolo fiscale e monetario in risposta alla pandemia di Covid-19 e la soppressione attiva e costante dei tassi d’interesse da parte della Fed. “C’è una divergenza insolita” tra il metallo chiamato “oro rosso” e i tassi d’interesse e secondo Goepfert è “spinta in parte dall’eccesso di liquidità nel mercato e dai tassi tenuti bassi con la forza”.

Se alla crescita annuale della massa monetaria si sottrae la crescita del prodotto interno lordo statunitense, si ottiene un risultato record di eccesso di liquidità nel sistema. In poche parole c’è troppo denaro a disposizione per troppo pochi beni.

Solitamente è una buona cosa per l’economia e il mercato azionario, poiché gli investitori devono mettere i soldi in eccesso da qualche parte. Dagli Anni 60, quando l’eccesso di liquidità ha raggiunto un picco triennale, l’indice S&P 500 è cresciuto di prezzo quasi il 70% delle volte, con un guadagno mediano del 7,5% per l’anno successivo e del 14% per i due anni successivi.

Il rally di Borsa attuale potrebbe aver già raggiunto il suo apice

Ma tale crescita è stata trainata per lo più da utili aziendali più consistenti e non da valutazioni di Borsa in aumento. Il rapporto medio P/E (tra prezzo attuale di Borsa e previsioni sull’utile) delle azioni quotate sull’S&P 500 tende a diminuire negli anni successivi a un periodo di eccesso di liquidità dell’economia.

Considerata la rapida ripresa delle valutazioni dei titoli azionari, accompagnata da deboli profitti societari, questo rally di Borsa – prevede Goepfert – potrebbe avere già raggiunto il suo picco. Questo potrebbe voler dire rendimenti a lungo termine inferiori alla media per le azioni americane e globali.

Se settembre è stato sin qui un mese all’insegna della volatilità per i mercati, da questo punto di vista nei prossimi mesi non sono da mettere in conto grandi miglioramenti.

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